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Massimiliano Virgilio: “C’è una Napoli che se ne frega della diatriba Sarri-Ancelotti”

De Laurentiis è più filantropo di Agnelli, perché ci vuole una gran pazienza con i tifosi, ma non deve dimenticare che il Napoli non può prescindere da Napoli, è una squadra che si identifica con la città

Massimiliano Virgilio: “C’è una Napoli che se ne frega della diatriba Sarri-Ancelotti”

Le squadre di calcio sono imprese, questo il punto sottolineato anche da Andrea Agnelli nella conferenza stampa di addio di Massimiliano Allegri, uno dei punti di forza della Juventus che, come ci ha spiegato Vincenzo Imperatore, considera i risultati calcistici secondari al ritorno economico.

Un concetto che fa rabbrividire i tifosi del Napoli che hanno più volte accusato il presidente De Laurentiis di non essere abbastanza tifoso e di gestire il Napoli proprio come un’azienda. Abbiamo chiesto un’opinione a riguardo a Massimiliano Virgilio, scrittore (nel 2017 è uscito l’Americano), giornalista (scrive per il Corriere del Mezzogiorno, il settimanale 7 ed è responsabile dell’area cultura di Fanpage.it), e sceneggiatore.

«Credo che noi viviamo nell’era del rancore in generale, il problema è che non è più la lotta di classe dei meno abbienti, ma come quella di Trump che fa la lotta di classe ai poveri, questo stravolgimento ha generato sentimento di rancore diffuso.

Prendiamo ad esempio il caso del giovane attore della “paranza dei bambini” accoltellato poco tempo fa, una delle ipotesi è che lo avessero riconosciuto e l’abbiano fatto proprio perché era famoso. Siamo all’odio sociale.

Cosa c’entra in tutto questo il calcio? Il calcio c’entra perché è un fenomeno importantissimo e risente dei fenomeni sociali. L’odio per il presidente De Laurentiis va visto in quest’ottica secondo me. De Laurentiis è vittima di questo odio sociale, perché tutti i sentono più bravi di lui e pensano che il Napoli debba investire di più. Napoli è di fatto una città dove si realizzano tante cose belle, ma ha la sua metà oscura. Persone che ogni giorno vogliono distruggere ciò che viene offerto loro, il caso dei faretti rubati al San Paolo ne è una dimostrazione. È il chiaro-scuro di Napoli».

C’è qualcosa che si può imputare al presidente?

«Certo, ha i suoi difetti. In quanto imprenditore dovrebbe fare uno sforzo per la sua fan base, ma non gli interessa o meglio non è attrezzato per farlo, perché la Società Calcio Napoli é troppo centrata sulla figura del presidente che è di fatto l’unico interlocutore anche dei tifosi. Ad avercele in Italia più imprese come la sua, ma bisogna saperle sfruttare.

Il discorso che fa sui tifosi all’estero è sacrosanto, ma non può dimenticare che il Napoli è la squadra di Napoli, qui gioca e qui ci sono le persone che invece di andare allo stadio fanno il pezzotto e che preferiscono le maglie false. Dovrebbe tirare dentro quella parte della città che se lo merita»

È un fenomeno di internazionalizzazione importante per le società calcistiche, c’è la necessità di aprirsi ai nuovi mercati per fare profitti

«Giusto, ma non capisco perché l’una debba escludere l’altra. Perché dire meglio i cinesi che i napoletani, mi sembra un disprezzo non richiesto. Per squadre come Juve e Milan il discorso è diverso, parliamo di club di caratura mondiale, non sono il Napoli. Il Napoli non può prescindere da Napoli, è una squadra che si identifica con la città.

Quello che bisogna capire qual è questa città in cui si deve identificare, certo non quella degli ultras che non ti fanno sedere allo stadio o di quelli che rubano i faretti, ma sappiamo che esiste una parte di città che si merita di essere considerata come un consumatore intelligente. E non parlo di borghesia, anzi come diceva il direttore del Corriere del Mezzogiorno, la borghesia napoletana è solo l’altra faccia della stessa medaglia degli Ultras. Parlo di un’anima popolare che ama la squadra e che se ne frega della diatriba Sarri-Ancelotti.

Quella parte silenziosa che non fa notizia, ma perché non riesca a far parlare di se’?

«A chi di noi giornalisti interessa di rivolgersi a quella parte della città? Pensiamo alla tragica questione di Genny la carogna, noi media abbiamo impiccato una città per assecondare l’idea nordista di Napoli e intanto c’era un ragazzo in ospedale che è morto. Non abbiamo fatto altro che castigarci da soli concentrandoci su Genny che rappresenta quella parte della città che non ci interessa né raccontare né avere.

Sarebbe bello ad esempio se il presidente, seguisse l’esempio del Barcellona e finanziasse un teatro in cui si racconta la storia gloriosa del Napoli, ne avrebbe anche un ritorno economico»

Sarebbe una mossa troppo da filantropo per un presidente accusato di pensare solo ai propri interessi e non alla squadra e ai tifosi

«In realtà De Laurentiis è filantropo e lo è molto più di Agnelli, perché ci vuole una gran pazienza con i tifosi del Napoli. La differenza sta nel modo di comunicare le cose. Perché alla Juve riesce sempre tutto bene? Se fosse successo a Napoli di avere comprato CR7 ed essere usciti ai quarti di finale di Champions sarebbe successa una catastrofe. Non ci si rende conto che il Napoli ha vinto contro il Liverpool ed è uscito con l’Arsenal.

La Juve riesce sempre a rilanciarsi e in questo fa la differenza l’organizzazione societaria. A volte ho l’idea che questo sia il suo massimo, che il Napoli di De Laurentiis sia arrivato, abbia raggiunto il suo culmine e non avere altri margini di crescita se non quello di vincere un trofeo. Non è un caso che abbia preso il Bari e sta facendo valutare la squadra. Questo suo limite nasce da come è configurata fin qui, il discorso sulla comunicazione è tutto. Se non lavori su alcuni settori il massimo è raggiunto. La prima evoluzione potrebbe essere sulla comunicazione e avere un rapporto con la parte sana della città».

 

 

 

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