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Viva la sincerità, De Laurentiis ha ammesso che a Napoli comandano i tifosi

Ha confessato a Dazn l’impronta populistica della sua gestione. Un solo appunto: Ancelotti è stato fortunato, non sfortunato, a essere esonerato

Viva la sincerità, De Laurentiis ha ammesso che a Napoli comandano i tifosi
Napoli 22/04/2019 - campionato di calcio serie A / Napoli-Atalanta / foto Insidefoto/Image Sport nella foto: striscione tifosi Atalanta

Non possiamo non elogiare Aurelio De Laurentiis che ha ammesso ufficialmente, oltre ad averlo certificato con i fatti, che la sua è una presidenza di impronta populistica. Che il parere dei tifosi è decisivo nella conduzione dell’azienda Calcio Napoli. Come conferma, del resto, la visita dell’altro giorno a casa Mertens. A questo punto, aggiungiamo, il presidente potrebbe aprire all’azionariato popolare.

Nelle anticipazioni dell’intervista a Dazn, parla di Carlo Ancelotti e le poche parole spiegano meglio di un trattato di psicologia.

“Ancelotti è un fuoriclasse che ha avuto solo la sfortuna di non essere simpatico ai tifosi napoletani. Non ha avuto la furbizia di rendersi tale e non è stato visto come “uno dei nostri” dalle curve”.

Glissiamo sul termine sfortuna, visto che mentre lui con la squadra degli ammutinati era all’Hotel Serapide, lo sfortunato era a Manchester sulla panchina del Real Madrid a disputare una semifinale di Champions League e domani potrebbe vincere la Liga ed essere il primo tecnico a conquistare i cinque campionati più importanti d’Europa. Diciamo che la sera dell’esonero l’angelo custode di Ancelotti svolse un intenso e proficuo lavoro di lobbing.

De Laurentiis ha candidamente ammesso che lui gli umori della piazza li asseconda eccome. Non ci sfugge che gli fa comodo dire questo, altrimenti avrebbe dovuto dire: «Ho fatto la più grande cazzata da quando sono presidente del Napoli». Ha ammesso che in città i tifosi bisogna ingraziarseli, farli fessi e contenti. Come accaduto con un allenatore che oggi non se la passa benissimo a Roma. Essere seri qui non paga.

Niente di nuovo sul fronte occidentale. Aggiungiamo un’osservazione. Per quanto Gattuso possa aver detto no a Ibrahimovic, e lo ha detto per motivi ambientali, di spogliatoio, di gestione del gruppo e di Ibra (come il Napolista raccontò in solitaria all’epoca dei fatti), ma un presidente che prende Ibrahimovic non cambia certo idea per un allenatore. Non vorremmo star qui a far paragoni blasfemi, ricordando quando Arrigo Sacchi disse a Silvio Berlusconi: «O me o Van Basten» e Silvione col suo sorriso magnetico accompagnò alla porta l’Arrigo ossia l’uomo che aveva creato il grande Milan.

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