Il Napoli non è una squadra di prospettiva. È una squadra che si è rafforzata sul mercato. E che non a caso ha vinto il girone di Champions League.
Qualificazione non casuale
Nello sport sono le singole gare che segnano una stagione e talvolta fanno la storia. Il primo è il caso del Napoli che con la vittoria a Lisbona e il primo posto nel girone ha raggiunto il primo e più importante obiettivo della stagione. Ha rispettato l’essere testa di serie del girone, anzi è andato oltre. Ha vinto il girone e lo ha fatto vincendo sul campo dei più forti: il Benfica. La qualificazione agli ottavi di finale di Champions significa che la stagione del Napoli è ampiamente positiva. Il Napoli ha confermato che il posizionamento nel ranking Uefa non è frutto del caso. Ricordiamo che due anni fa questa squadra ha disputato la semifinale di Europa League.
Come cambia il giudizio sul Napoli tra la città e il resto del mondo
C’è un abisso tra la reale forza del Napoli, la considerazione di cui questa squadra gode in Europa e nel resto d’Italia, e la percezione che invece ha nella sua città. Sembra che si parli di due squadre e di due società diverse. L’attitudine al lamento, una inclinazione che incredibilmente permea mediaticamente una intera popolazione – quando invece non è affatto così, ma conta chi grida di più – fa sì che all’indomani della qualificazione agli ottavi di Champions League l’argomento sia il calciomercato, il centravanti.
È una squadra forte, non di prospettiva
Non c’è il godimento del risultato. Né una sacrosanta autocritica per le critiche a una campagna acquisti che ha decisamente rafforzato il Napoli. Non è una squadra di prospettiva quella che ha vinto il girone di Champions, si è imposta sul campo del Benfica. È di prospettiva come lo sono grandi squadre d’Europa, dall’Arsenal al Dortmund, persino al Psg. Il Napoli ha vinto il girone di Champions senza il vecchio numero nove (sembrava che senza Higuain non si potesse più giocare a calcio). E senza il nuovo 99, Milik, che è fuori per un infortunio da quasi due mesi.
Il nuovo rapporto tra Sarri e De Laurentiis
Dopo l’1-1 col Sassuolo, la massa acritica si era ovviamente scagliata contro De Laurentiis. “Il Napoli non vince perché non ha il centravanti”. Poi si gioca contro Inter e Benfica. E sempre senza centravanti – perché Gabbiadini è considerato non si sa cosa – si vincono due partite consecutive. Lo stesso Napoli di prima. Lo stesso per modo di dire. Perché nello sport quel che conta è la testa. E, come vi avevamo scritto, qualcosa è cambiato. Sarri ha modificato atteggiamento. Non incarna più il leader dell’opposizione, ruolo tanto caro alla massa acritica. Ma fa il condottiero. Ruolo che ha svolto egregiamente alla vigilia di Benfica-Napoli. Una vigilia lontana anni luce da quella di Juventus-Napoli del 14 febbraio. Dedicato a chi dice che la testa non conta. La testa è tutto. Nello sport, come nella vita.
Il silenzio del presidente dopo la vittoria
E atteggiamento ha cambiato anche De Laurentiis. In altri tempi, diciamo anche sempre, dopo una vittoria come quella di ieri, il presidente si sarebbe catapultato davanti alle telecamere a rivendicare i propri meriti. Non lo ha fatto. Ha giustamente lasciato la ribalta ai protagonisti. Al suo allenatore. E ai calciatori. A quella rosa che lui ha ulteriormente potenziato quest’estate. Perché, diciamolo, senza Diawara e con Jorginho sarebbe stata un’altra Champions. Zielinski ha giocato una partita sontuosa contro l’Inter. Ora anche Rog sta mostrando sprazzi del suo repertorio. Di Milik sappiamo tutti. Restano Maksimovic (qualcosa si è intravisto), Giaccherini e Tonelli. I sette tasselli di una signora campagna acquisti. Compresa e riconosciuta da tutti, tranne che a Napoli.
I nuovi Sarri e De Laurentiis hanno cambiato il Napoli. Gabbiadini in campo, perché è un patrimonio della società. Rog in campo per due partite consecutive. Sarri che non parla come se guidasse una banda di giovanotti ma una squadra forte e anche esperta. De Laurentiis che non si prende la scena come fece a Doha quando provò a strappare la coppa dalle mani di Hamsik. Il Napoli ha preso consapevolezza della propria forza. E gli effetti si sono visti.
Si può anche perdere
Poi si può anche perdere. Nello sport si perde. L’importante è non sbracare nei momenti negativi. E i primi a non sbracare devono essere i responsabili. Il presidente non deve attaccare l’allenatore. E l’allenatore non deve strizzare l’occhio alla parte deteriore del tifo napoletano, alludendo a una rosa poco competitiva. Sarri non frigge il pesce con l’acqua. Lo frigge con olio extravergine d’oliva premitura a freddo e un’orchestra di violini che allieta gli ulivi. Un olio all’altezza dello chef. Entrambi fortemente competitivi. Un grande cuoco (non diciamo chef stellato, considerata la sua probabile predilezione per la cucina popolare). Che utilizza un olio pregiato.
Il Napoli è forte. La società è forte. L’allenatore è forte. Un allenatore che sul campo è la più importante novità espressa dal calcio italiano negli ultimi anni. Capace di dare spettacolo col suo Napoli in uno dei campi più difficili d’Europa. Se Sarri decidesse di mettersi in discussione nel comportamento fuori dal campo, per lui potrebbero schiudersi porte al momento impensabili.
Adesso si apre un’altra fase della stagione del Napoli. Quella che vedrà gli azzurri impegnati soprattutto in campionato. Almeno fino a febbraio. L’obiettivo è arrivare tra le prime tre. Ove si aprisse uno spiraglio, provare anche a sognare. L’importante è non ricadere negli stessi errori alla prima incertezza. Abbandoniamo la retorica della sofferenza. L’invito al tavolo dei grandi ce lo siamo conquistato. Cerchiamo di avere tutti un comportamento all’altezza della forza del Napoli.