De Laurentiis e Sarri hanno eliminato battute e frecciate. Squadra concentrata, in campo Rog e Giaccherini. E l’allenatore in sala stampa è stato diverso.
Confronti, non battute
Arriva il momento in cui in un gruppo di lavoro, colui il quale ha più responsabilità deve farsi sentire. Generalmente è il responsabile della baracca. L’imprenditore. L’amministratore delegato. Il direttore. Dipende. Di certo, il responsabile non può continuare con i giochetti e le frecciatine, come se non fosse lui il numero uno. È quel che è accaduto ad Aurelio De Laurentiis che, oltre alla frase rilasciata agli incontri di Cinema di Sorrento («Aspetto con interesse l’esordio di Rog»), ha anche compreso che non era era più il tempo di giocare di sponda. Anche perché la creatura si stava ammalando.
Non è un caso quel che è accaduto ieri sera al San Paolo. Né in campo né fuori. Dove davanti alle telecamere e in conferenza stampa abbiamo notato un Maurizio Sarri diverso. In conferenza ha pesato le risposte. Non si e, come spesso gli è accaduto, rifugiato in battute che da toscano gli riescono anche bene.
Sarri ha pesato le parole
Raramente lo abbiamo visto così serio come quando ha parlato di Benfica-Napoli. Ha pesato le parole. Non ne ha detta una superflua. Ha descritto perfettamente che cosa sarà quella partita. «Una partita decisiva che avrà conseguenze in positivo e in negativo, come del resto accade quando si gioca una partita decisiva». Insomma lo sport. E non può essere un caso che ieri sera Sarri ha fatto giocare oltre trenta minuti a Giaccherini e ha fatto esordire il croato Rog (la certificazione dell’armistizio). Dal primo minuto ha schierato Diawara e Zielinski, peraltro protagonisti di ottime partite.
Il Napoli ha una rosa fortemente competitiva
Il Napoli, per la prima volta quest’anno tra campo e fuori campo, ha dato la sensazione di remare nella stessa direzione. Nessuna frecciata. Nessuna allusione. Hanno giocato calciatori importanti della campagna acquisti del Napoli. E hanno dimostrato che quest’estate il Napoli società non ha affatto scherzato. Ha messo su una rosa importante e fortemente competitiva. Lo scorso anno la mediana del Napoli andò in affanno; in questa stagione un protagonista come Allan può rimanere fuori perché c’è un sostituto quantomeno alla sua altezza. Dell’attacco nemmeno parliamo: il Napoli ha segnato appena un gol in meno rispetto allo scorso anno.
La forza della campagna acquisti
L’ultimo quarto d’ora lo abbiamo giocato con Zielinski, Diawara, Rog e Giaccherini. Ed è stato emozionante ascoltare in conferenza stampa Sarri elogiare il croato, ricordare a tutti chi è Reina, parlare di Hamsik come di un fuoriclasse, non rifugiarsi in qualche frecciata quando gli hanno fatto notare che questo Napoli ha tre punti in meno rispetto a quello dei miracoli dello scorso anno. Ha parlato da capo. Da leader. Senza rifugiarsi in alibi buoni per i populisti. Questo chiedevamo noi del Napolista. Che si remasse nella stessa direzione. Che De Laurentiis facesse il presidente e Sarri l’allenatore. Entrambi del Napoli. Non sono stati casuali né l’esordio di Rog né i trenta minuti di Giaccherini. E non dovrebbero nemmeno sorprendere.
Il ruolo e le responsabilità del datore di lavoro
Il Napoli – al di là della partita venuta e bene e della presunta arrendevolezza dell’Inter – è una squadra davvero forte se chiude gli spifferi e diventa un blocco compatto. Senza frecciate. Senza allusioni. Senza battutine. De Laurentiis è il datore di lavoro di Maurizio Sarri e Sarri è l’allenatore di una squadra che grazie a lui (non solo a lui, ma Sarri ha meriti innegabili) lo scorso anno è arrivata seconda e quest’anno ha ancora tante possibilità di disputare un’ottima stagione. Poi, nello sport, si può perdere vincere e pareggiare. Non è questo l’aspetto importante. Si può anche uscire dalla Champions League a Lisbona (ma con la testa vista in campo contro l’Inter, ci sentiamo meno smarriti). L’importante è restare uniti.
La subcultura del papponismo
Sarri deve rendere conto a De Laurentiis e non alla subcultura del papponismo ahinoi così diffusa a Napoli. Così come De Laurentiis deve essere rispettoso del lavoro e delle indicazioni di Sarri. Quando i due si parlano per il bene del Napoli, gli effetti si vedono. Il capo indica la direzione e il responsabile deve decidere se vuole seguirla oppure no. Una terza via non è ammessa, non a questi livelli.
Mantenere alta la concentrazione
Il Napoli ha giocato una buona partita. Ha segnato due gol dopo cinque minuti. Non ne ha preso alcuno. Sarri è stato bravo nel post-partita a non lasciarsi andare. «Saranno le prossime partite a dirci se abbiamo avuto culo o se è cambiato qualcosa nella testa». Perché non si esce come ha fatto Reina se non sei concentrato. Perché non segni due gol in due tiri se non entri in campo determinato. Il punto, non da poco, è lavorare su questa determinazione. Quel che determina la differenza tra una grande squadra e un’altra, così come tra un campione e un buon atleta, è la capacità di restare concentrati a lungo. È la forza mentale che fa la differenza. Ed è su quella che bisogna lavorare. A lungo. Da De Laurentiis in giù. Perché De Laurentiis è naturalmente il principale artefice di questo Napoli ma ne è anche il principale responsabile.
Col proprio allenatore non si procede a frecciate e battutine. Ci si parla. Ci si confronta. Anche a muso duro, se del caso. Serve a ricordarsi perché si sta insieme. E gli effetti si vedono.