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Bere il tè caldo mentre tutt’attorno impazzisce: è Carlo Ancelotti, è il manifesto dell’uomo cool

Calmi, era solo il gol del 5-4 al Tottenham. Uno così cosa diamine ci faceva a Napoli? In una città che oggi allo charme preferisce il veleno

Bere il tè caldo mentre tutt’attorno impazzisce: è Carlo Ancelotti, è il manifesto dell’uomo cool

Ti convinci che un’alzata di quel sopracciglio, sempre così alto, in verticale come un apostrofo, possa influire sul livello delle maree. Il rischio, alla terza visione dell’ipnotico filmato in cui c’è Ancelotti che sorseggia un tè mentre tutto il mondo gli deflagra attorno, è l’assuefazione: restare incantati, ad osservare due o tre dimensioni parallele che si intersecano con timing diversi. E dirsi che tutto sommato è accettabile. Ci può stare. Matrix esiste, i proiettili si possono scansare al rallentatore. E le strade, con i palazzi interi, possono impennarsi all’improvviso come in Inception. C’è uno stacco netto, tra il contesto – il gol decisivo del 5-4, segnato ai supplementari da uno che è entrato pochi minuti prima – e la reazione dell’uomo. Che stringe il suo beverone, soffia a smorzarne il bollore, e sorseggia. La definizione per immagini di “coolness”.

Poi tutto il castello di esagerazioni retoriche che proietti su quella scena crolla. Perché il fatto è che Carlo Ancelotti aveva freddo. Tutto qua. Un freddo boia come solo l’umidità invernale inglese sa regalare. Hai il tè in mano. Non c’è un motivo al mondo per perdere la calma: ok, abbiamo segnato, magari vinciamo, sempre che la Var non annulli per un fuorigioco, eh. Intanto beviamo, che sarà mai. La nonchalance. Il temperamento di un killer di Tarantino. Quieto.

Tocca mandare in stampa una nuova edizione dell’autobiografia, “Il leader calmo”. In Rizzoli si sono già attivati, questa è la nuova copertina.

Altrettanto, indossiamo per un attimo i panni di Duncan Ferguson. Il quale, poveretto, è fatto di carne e sangue e anima come tutti i mortali. Prova persino delle emozioni, di tanto in tanto. Quando Calvert-Lewin ha segnato il gol del 3-3 col quale l’Everton ha rimontato il Manchester United una settimana fa, a tempo scaduto, Duncan s’è fatto prendere dal momento e voleva abbracciare Ancelotti. Era fuori di sé dalla gioia, Duncan. Abbiamo un paio di foto a riguardo:

Ferguson Ancelotti

“Vabbé, ma stai calmo”

Ferguson c’è ricascato, contro il Tottenham. Ha gioito. Mentre il boss annuiva, soffiava sul tè e beveva. Faceva freddo. Poi dopo, quando i giornalisti gli hanno chiesto spiegazioni sulla compostezza di Ancelotti, lui ha riso, quasi isterico: “Eh, quando uno ha già visto tutto, è così”.

Che è esattamente il sottotesto di quei fotogrammi: la tranquillità dell’esperienza. La pace dei sensi. L’eleganza della non-ostentazione. Così drammaticamente british da chiederci, noi, cosa diamine ci facesse uno così a Napoli. La risposta è che Ancelotti non è emotivamente anestetizzato, tutt’altro. Non lo era da giocatore, men che meno da allenatore. Anzi, Napoli la sentiva aderente per molti dettagli che da queste parti abbiamo colpevolmente snobbato, preferendo tutta la grammatica del veleno che già sappiamo (e che una volta tanto vorremmo rimuovere dal discorso. Rimuovere e basta). Ancelotti aveva scelto Napoli. Non era un ripiego per lui.

Ancelotti è, semplicemente, “cool”. Che in inglese ha molti sinonimi apparenti – calmness, self-control, composure – ma nessuno che trasmetta il riflesso in più, lo charme, la classe. Puoi odiarlo, certo. Puoi rinfacciargli ogni sorta di nefandezza. Ma non puoi non ammettere che è così. È charme. È elegante. Poi, non lo tolleri proprio perché è così? Amen. Ma è così.

E uno così – indipendentemente da risultati, classifiche, trofei, curricula – finisce a paginate intere sul Wall Street Journal, mentre altrove s’arrovellano ancora su stralunate maldicenze di paese: il pensionato che doveva sistemare il figlio. Manco gli impiegati delle Poste. Ma pensa tu.

Alla quarta visione, poi, abbiamo staccato. Perché c’era da ragionare su una frase che nel frattempo rimbalzava da Bergamo: “Un’altra squadra ne avrebbe presi 5 dall’Atalanta”. Ci siamo fatti un tè, bollente. E ce lo siamo versati in faccia. Non siamo cool abbastanza.

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