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Michele Placido: «Ci provai in ascensore con Ornella Muti, mi diede uno schiaffone»

Al Fatto per i 50 anni di “Romanzo popolare”: «Erano tutti innamorati di lei, anche Tognazzi e Jannacci. Monicelli mi fece il provino perché ero poliziotto»

Michele Placido: «Ci provai in ascensore con Ornella Muti, mi diede uno schiaffone»

Michele Placido intervistato dal Fatto quotidiano (le interviste di Alessandro Ferrucci) per i cinquant’anni del film “Romanzo popolare”.

Michele Placido, oggi sarebbe possibile girarlo?

«Cambiamo leggermente prospettiva: quelle pellicole non si girano più».

Non c’è Monicelli.

Michele Placido: «E insieme a lui un grande gruppo di sceneggiatori come Suso Cecchi D’amico, Age e Scarpelli; con loro anche i film apparentemente meno impegnati erano dentro la vita, sapevano raccontare i personaggi, anche con le loro contraddizioni, senza aver paura di mettere in luce gli aspetti drammatici».

“Romanzo popolare è lo specchio della Milano di quell’epoca, con il confronto tra meridionali immigrati e milanesi, senza una lotta di classe ideologizzata ma solo una fotografia straordinaria dei comportamenti del poliziotto o dell’operaio. E come sfondo la città pronta al boom economico; quel tipo di commedia non esiste più, oggi assistiamo solo a delle commediole”.

«In quel film hanno partecipato professionisti incredibili, e penso pure a Jannacci che ha firmato le musiche.

Vincenzina e la fabbrica.

Michele Placido: «(La sussurra) Ornella Muti nei panni di Vincenzina che aspetta il marito fuori da quella fabbrica, è un’immagine irreale per la realtà odierna. Oggi per fortuna le donne lavorano; (resta zitto) in Romanzo popolare i dialoghi sono fondamentali, tanto che fu organizzata una seduta con lo stesso Jannacci accompagnato da Beppe Viola (storico giornalista e scrittore) per preparaci al dialetto milanese che Mario aveva in testa».

«La cifra fu il provino: avevo davanti i migliori attori della mia generazione, quelli indicati come future certezze».

Invece?

«Mi presento e Mario immediatamente mi ferma: “Non voglio un provino sulla parte, piuttosto raccontami la tua storia: è vero che sei stato poliziotto?”. “Eh…”»

Solo “eh…”?

«All’inizio sì, perché credevo fosse un modo per mettermi in difficoltà».

Nel film ci sono scene di sesso forti…

«In questo modo gli sceneggiatori hanno dato la cifra della passione tra due ragazzi; (pausa, cambia tono, sorride mentre scandisce) Ornella lo sa, ma a forza di girare certe situazioni…»

Non era del tutto indifferente.

«Noooo, e poi Ugo mi spingeva e suggeriva: “La devi corteggiare, ci devi saper fare”; Ornella era di una bellezza rara».

E…

«Dopo un mesetto mi sono accorto che lei mi guardava con grande simpatia, e un giorno, mentre eravamo in ascensore, da soli, ho provato ad avvicinarmi, ad abbracciarla e lei mi ha mollato uno schiaffone sul viso accompagnato da un “come ti permetti!”».

Dolore.

«Poi ci siamo riappacificati, ma poteva succedere con una ragazza bella come lei; (pausa) sempre nel 1974 ho girato Mio Dio, come sono caduta in basso! insieme a Laura Antonelli».

Altra bellissima.

«Appunto, ma Laura era più fredda, mentre Ornella… Era diversa, sul set erano tutti innamorati, tutti a farle la corte, compreso Carlo Vanzina, al tempo aiuto regista, che le mandava le rose, mentre Tognazzi usava me come termometro per capire se cedeva».

Negli Stati Uniti, per certe scene, c’è l’obbligo dell’intimacy coordinator per decidere ogni dettaglio.

«Oggi quel tipo di scena non potremmo girarla, non ci sarebbe quel tipo di ardore, nonostante la presenza di macchinisti, elettricisti e altre maestranze».

E Jannacci?

«Anche lui preso, per questo Vincenzina e la fabbrica è una canzone così carica di sentimento; era impossibile resistere a Ornella, così ragazzina e allo stesso tempo così donna; dolce e decisa. Io dopo quella pizza non ci ho più provato».

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