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I teorici del calcio non hanno capito che il risultato conta più di tutto (Zazzaroni)

Criticano Allegri ma neanche David Copperfield avrebbe vinto lo scudetto con Gatti, Weah, Kostic, Locatelli, Iling-Junior e Alex Sandro

I teorici del calcio non hanno capito che il risultato conta più di tutto (Zazzaroni)
Db Milano 22/10/2023 - campionato di calcio serie A / Milan-Juventus / foto Daniele Buffa/Image Sport nella foto: Rafael Leao-Timothy Weah

Il direttore del Corriere dello Sport, Ivan Zazzaroni, nel suo editoriale scrive di Juve-Milan. La Juventus ha offerto una prestazione migliore rispetto alle ultime uscite, questa volta però non ha strappato i tre punti come la suo solito. Il direttore ribadisce che il destino dei due allenatori è uguale: saranno esonerati per motivi diametralmente opposti, uno perché gioca male anche se porta i risultati, l’altro perché non porta i risultati pur giocando bene. Alla fine, quindi ciò che conta è sempre e solo il risultato.

L’editoriale di Zazzaroni dopo Juve-Milan: «Il risultato è vita»

Scrive Zazzaroni:

Martedì la Juve ha giocato piuttosto male, ma con una rete casuale all’83’ ha tolto la finale di coppa Italia alla Lazio. Ieri ha messo sotto il Milan ma non ha trovato il gol e adesso rischia addirittura il terzo posto: sente il fiato del Bologna di Thiago Motta. Tra un paio d’ore qualcuno si ricorderà della prestazione della squadra di Allegri? Ho i miei dubbi. […]

Juve-Milan è stata la partita-sintesi dei nostri paradossi e pregiudizi culturali: si sono affrontati due grandi professionisti travolti dallo stesso destino pur se per motivi diametralmente opposti. Alla fine Allegri pagherà l’ordinarietà di questa Juve, non i risultati (lo scudetto con Gatti, Weah, Kostic, Locatelli, Iling-Junior e Alex Sandro non sarebbe riuscito nemmeno a David Copperfield); Pioli perderà il posto per i risultati, non per il gioco che è stato a lungo tra i più brillanti del campionato. […]

Questo può significare soltanto due cose: che i dirigenti di Juve e Milan non sono tra i più competenti calcisticamente e quindi condizionabili anche dai malumori dei tifosi, ma non voglio pensare che sia così. Oppure che, al di là delle pressioni di piazza, social, opinionisti e antipatizzanti, viviamo in un Paese per certi versi – calcistici – confuso, tant’è che non abbiamo ancora capito che il risultato è più di tutto. E allora si fottano i teorici del calcio propositivo che non considerano il valore dei giocatori, i quali non si rendono conto che se l’Europa ci premia con cinque o sei posti in Champions è soltanto per l’abilità non solo tattica dei nostri maestri più collaudati e vincenti. Più passano gli anni e più la penso come Cucci, Adalberto Bortolotti, Mura e l’indimenticabile Sconcerti (loro, sì, veri). Specie in una fase del nostro calcio in cui il risultato è vita“.

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