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A lezioni private da Schwazer: “ho più di 700 richieste”

Intervista a Repubblica: “Ho ripreso ad allenarmi, magari il ricorso viene accettato. Ho pagato per le mie testimonianze sul doping. Nel frattempo, lavoro”.

Schwazer. La medaglia d’oro alle Olimpiadi di Pechino nella 50 km di marcia ora fa lezioni private a runner non tesserati. Li segue per i tornanti intorno a Racines, in Trentino, dove vive con moglie e figlia in 70 metri quadri. Alex Schwazer ha “una vita tranquilla e mi va bene così”. Ma non tanto. Perché in attesa che i tribunali confermino la sua condanna all’inferno dei dopati, o lo riabiliti sollevando un polverone giudiziario tra provette manipolate e vendette incrociate, Schwazer è tornato a marciare. In direzione Tokyo. Anche se piano, senza illusioni, quasi a tempo perso. Perché, come dice in una lunga intervista a Repubblica, le possibilità che il Tribunale federale di Losanna accetti l’istanza di sospensione della squalifica di otto anni fino al termine delle indagini sono “Poche. Negli ultimi anni ha accettato 3-4 istanze, tutte le altre le hanno respinte”.

“Nell’ordinanza di ottobre il gip cita per la prima volta l’ipotesi della manipolazione delle provette, e dice
che le famose email hackerate potrebbero essere autentiche”.

Per cui il marciatore ha ripreso a marciare.

“A forza di prendere legnate, sono diventato realista e cauto. Se accettano il ricorso, ci provo. Altrimenti vado avanti con la mia vita. Per ora l’unico annuncio da fare è che ho ripreso a marciare, ma non è che faccio l’atleta a tempo pieno. Continuo a lavorare a Racines e mi alleno nel tempo libero”.

L’’Olimpiade non è un’ossessione. Ma un po’ sì…

“Non dico che arriverò al massimo delle mie potenzialità, come nel 2016, ma neanche mi serve: mi basta raggiungere il 90 per cento per giocarmela con i migliori. Ho ancora un po’ di margine, perché a livello fisiologico so di avere un vantaggio rispetto agli altri. All’Olimpiade posso fare bene. Posso vincere una medaglia. Ma, ripeto, è presto per fare questi discorsi. Se il ricorso a Losanna va bene, bene; se va male, non succede niente. In questi tre anni sono stato fortunato: ho trovato una donna super che è diventata mia moglie, ho una figlia e un lavoro che mi piace”.

Il lavoro che gli piace è fare l’allenatore di atleti che alle Olimpiadi non ci andranno mai: amatori non tesserati, perché la squalifica non glielo consentirebbe.

“Lo faccio a titolo privato con i non tesserati. È un lavoro a tempo pieno: ho 4-5 atleti ogni giorno, sono in giro dalle 8 del mattino fino alle 6 di sera: un’ora e mezzo di allenamento a persona più gli spostamenti. E poi devo fare i programmi per tutti. Finora ho avuto più di 700 richieste di allenamento. Guadagno quello che mi serve per mantenere la mia famiglia. Né io né mia moglie, che ha uno studio di estetica, abbiamo hobby costosi, viviamo in un appartamento a Racines di 70 mq, una vacanza all’anno”.

Schwazer parla ovviamente della sua vicenda infinita, in questo giallo fatto di doping, provette manipolate, accuse e sospetti:

“L’unica ipotesi possibile è la manipolazione, vedrete. Ci hanno voluto incastrare, questa è la verità. Non credo che la Iaaf o la Wada siano responsabili della manipolazione, non erano loro a voler far fuori me e Donati. Di sicuro però non si aspettavano che questa storia andasse così avanti, né che io, Donati e il nostro avvocato Brandstätter fossimo così agguerriti. Ho testimoniato contro Fischetto che mi faceva avere lo spray per l’asma, e io non sono asmatico. Aveva un database con valori ematici che possono essere solo doping, è stato condannato in primo grado, eppure lavora ancora alla Iaaf. Lo faccio per mia figlia e per mia moglie. Mi metterebbe tristezza se mi vedessero come uno di quelli che si lascia andare, triste e scarico. Ho già perso i miei migliori anni a livello fisico perché mi sono lasciato andare. Non succederà più”.

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