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Ancelotti ha accettato il Napoli perché il Napoli è forte

La scelta di Ancelotti è sempre più chiara: il tecnico emiliano ha fiducia nella rosa azzurra, anche alla luce del calciomercato che si sta profilando.

Ancelotti ha accettato il Napoli perché il Napoli è forte

Una base solidissima

Abbiamo scritto spesso, in questi giorni, del calciomercato del Napoli. Analisi, giudizi iniziali rispetto a quanto successo, a quanto potrebbe succedere, ai nomi che circolano in entrata e in uscita. Abbiamo anche espresso qualche perplessità, per esempio sul fatto che al momento sembra mancare l’imprinting di Ancelotti – inteso come “richiamo” per calciatori forti ed affermati – sulle trattative ventilate dai media. Insomma, ci siamo interrogati e abbiamo provato a rispondere su quello che succederà domani, provando a interpretare le nostre percezioni dell’oggi. È il bello del calciomercato.

C’è un altro punto, però, che non vorremmo passasse inosservato. Anzi, che dovrebbe (almeno per noi) rappresentare la base di ogni ragionamento. La verità è che Ancelotti ha accettato il Napoli perché il Napoli è forte. Come da titolo.

Per dirla brutalmente: uno dei migliori allenatori del mondo ha accettato di venire a prendere sei milioni di ingaggio a Napoli perché, innanzitutto, crede nelle potenzialità di questa squadra. Crede nella base solidissima ereditata dal triennio di Sarri e dal biennio di Benitez. Crede nei calciatori che ci sono, nella possibilità di rispettare gli obiettivi del club. Ovvero: rimanere ad altissimi livelli in Italia (sopra gli 80 punti, con sguardo sempre vigile alla Juventus); e cercare di massimizzare le esperienze nelle competizioni europee.

Nessuna rivoluzione

Il ragionamento sul matrimonio Ancelotti-Napoli deve partire da qui. E dall’immediata conseguenza rispetto a questo concetto: non c’è bisogno di alcuna rivoluzione di mercato. Né tantomeno Ancelotti l’ha chiesta a De Laurentiis, o viceversa. Per capire cosa intendiamo, riportiamo parte di un pezzo scritto da Alfonso Fasano, firma del Napolista, su Rivista Undici:

Il cambio della guida tecnica ha un preciso indirizzo politico: riattivare la dinamicità dei trasferimenti in uscita, in modo da avviare una nuova fase di crescita corporativa del fatturato e dell’organico. Ancelotti, evidentemente, deve aver accettato l’eventualità di una o due cessioni a fronte di concrete rassicurazioni sull’arrivo di calciatori di alto livello, magari stimolati ad accettare le offerte del Napoli anche grazie alla sua intercessione.

Questa frase esplica il concetto di questo nostro articolo: due-tre cessioni non snaturerebbero – in senso di svalutazione qualitativa – la rosa azzurra. Che, a scanso di equivoci, è la seconda per valore economico in Serie A (434 milioni, fonte Transfermarkt), 12esima per valore nell’ultima Champions. L’eventuale staffetta Jorginho-Fabian Ruiz, giusto per individuare una possibilità segnalata negli ultimi giorni, è rappresentativa di questa gestione del mercato.

Il Napoli cambierebbe senza cambiare politica, restando all’interno della sua dimensione, accettata da Ancelotti perché la stoffa iniziale è pregiata. E pensare anche a un upgrade degli obiettivi di mercato (per dire, un David Luiz in difesa o un’occasione-Rabiot a centrocampo, giusto per fare due nomi di altissimo livello), è possibile proprio grazie al tecnico di Reggiolo. Che, finora, non ha ancora palesato questo suo impatto sulle trattative in entrata. Ma ha ancora tutto il tempo per riuscirci.

Il Napoli è un club protagonista

La sorpresa iniziale per il trasferimento di Ancelotti al Napoli resta comprensibile. Il club di De Laurentiis è finanziariamente e strutturalmente lontano dalla piazza “classica” dell’allenatore emiliano. Questo, però, non deve portare ad eccedere nell’altro senso. Il Napoli non è una comparsa nel grande calcio, è una squadra in grado di arrivare tre volte seconda negli ultimi sei campionati; di arrivare in Champions League quattro volte nelle ultime otto stagioni, con altre quattro partecipazioni all’Europa League; di toccare quota 90 punti, e di togliere l’ultimo trofeo “lungo” alla Juventus, in Italia, ormai quattro anni fa.

Insomma, parliamo di una società in via di sviluppo, che però ha una squadra molto forte. Che ha obiettivi importanti, perché ha giocatori importanti. E che ora sta provando, cinque anni dopo l’esperimento-Benitez, a imbastire un nuovo progetto fondato su un tecnico già riconoscibile nel gotha del calcio internazionale. Sentirsi dei carneadi, come Cenerentola al gran ballo, è sbagliato, perché riduttivo. Proprio l’arrivo di Ancelotti ce lo sta spiegando, in diretta, al di là di ogni ansia da calciomercato.

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