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A Tonali il Newcastle sospende lo stipendio, la Juve invece continua a pagare Fagioli

Lo ricorda la Gazzetta: è prevista dal contratto la sospensione dello stipendio, Tonali rischia anche di non poter allenarsi col Newcastle

A Tonali il Newcastle sospende lo stipendio, la Juve invece continua a pagare Fagioli
Db Cluj (Romania) 28/06/2023 - Euro 2023 / Italia-Norvegia U21 / foto Daniele Buffa/Image Sport nella foto: Sandro Tonali

A Tonali il Newcastle sospende lo stipendio, la Juve invece continua a pagare Fagioli. Lo ricorda la Gazzetta dello Sport che scrive:

Tonali ha sbagliato e pagherà, in più dovrà fare i conti con una serie di incognite legate al fatto che da quest’anno gioca in Premier League. Prima di tutto lo stipendio: al contrario di Nicolò Fagioli, a cui la Juve ha deciso di non toccare l’ingaggio durante i 7 mesi di squalifica, il centrocampista azzurro non percepirà dal Newcastle gli 8 milioni più bonus stagionali durante la squalifica, come previsto dal contratto.

In aggiunta corre anche il rischio di non potersi allenare: in Inghilterra non esiste un protocollo, c’è il precedente dell’attaccante del Brentford Ivan Toney, squalificato per 15 mesi — poi ridotti a 8 — per aver puntato su partite del suo club e anche su se stesso, che per 4 mesi non ha potuto lavorare coi compagni perché così era previsto dal dispositivo di squalifica. Dipenderà da quanto verrà stabilito in sede di patteggiamento, certo è che per Tonali sarebbe durissimo dover affrontare il periodo senza partite ufficiali anche con la prospettiva di doversi allenare in solitudine.

LE AMNESIE DI FAGIOLI CON I PM (CORRIERE DELLA SERA) 

A un certo punto, la patologia delle scommesse si scontra con la metodologia della criminalità: «Aumentando il mio debito e ricevendo pesanti minacce fisiche (tipo: “Ti spezzo le gambe”) anche durante la notte pensavo di giocare solo per tentare di recuperare il mio debito», racconta Nicolò Fagioli il 28 settembre, davanti alla Procura della Federcalcio. Insomma, minacce esplicite alla sua incolumità, roba da bische e gangster. Eppure, tre mesi prima, era il 23 giugno al quinto piano della Procura di Torino, quella frase, così ruvida e significativa, non c’è sul verbale di interrogatorio reso al pubblico ministero Manuela Pedrotta e a tre agenti della Squadra mobile.

Fagioli avrebbe potuto inconsciamente sminuire l’episodio delle minacce per aver subito l’intimidazione, appunto; oppure l’avrebbe sottolineata in sede sportiva per alleviare la propria posizione, in vista della squalifica. Agli atti non ci sono elementi e indizi, invece, della presenza di creditori appostati fuori dalla Continassa, per chiedere al giocatore il rientro dei soldi: o, almeno, nessuna segnalazione arrivò alla questura di Torino, dal servizio di vigilanza del club o dal calciatore.

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