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In Italia c’è un’emergenza violenza sulle donne e anche lo sport non è all’altezza

Il commento di Malagò ai telecronisti sessisti, Abodi su Jankto. In Spagna Rubiales ha fatto scandalo, noi siamo fermi al rossetto sulla guancia

In Italia c’è un’emergenza violenza sulle donne e anche lo sport non è all’altezza

La violenza sulle donne, il maschilismo, il sessismo, la misoginia e la cultura dello stupro sono alcuni dei peggiori mali della nostra società contro i quali bisogna lottare ogni giorno, ogni minuto.

I dati sono terrificanti e ancor più terrificante è quello che si vede, si ascolta e si legge non appena si smette di essere indifferenti al fenomeno.

Nei primi 8 mesi del 2023 già 70 donne sono state uccise da uomini e sono definibili come vittime di femminicidio.

Negli ultimi giorni, poi, lo stupro perpetrato da 7 giovanissimi a Palermo ai danni di una diciannovenne e quello che a Caivano in provincia di Napoli ha visto due ragazzine di 13 anni violentate da un gruppo di 6 adolescenti restituiscono l’immagine di una vera e propria emergenza nazionale.

Non c’è bisogno delle mie parole per descrivere l’orrore di questi fatti, ma c’è bisogno invece di una grande presa di coscienza collettiva, in particolar modo da parte degli uomini (perché siamo noi uomini a commettere violenza, ad abusare, a stuprare le donne).

Questo è un giornale che si occupa prevalentemente di calcio e di sport e proprio da questo mondo arrivano segnali inquietanti, che sentiamo il dovere di stigmatizzare e denunciare.

Un mesetto fa durante la trasmissione su Rai Play dei mondiali di nuoto i telecronisti della Rai si sono esibiti (pensando di non essere in onda) in uno dei peggiori repertori delle battute sessiste e misogine che si possano immaginare. Il commento del Presidente del Coni dopo le polemiche è stato a dir poco imbarazzante: “tutte queste frasi sono state dette in un fuorionda, diciamo che sono stati superficiali e sfortunati”. “Purtroppo sono stati ascoltati, quindi non è certo buona pubblicità. Detto questo nella vita tutti abbiamo sbagliato, anche se è giusto che questo provvedimento sia stato preso” (la sospensione dei telecronisti, ndr).

Una figura anche peggiore, se possibile, è riuscita a farla il ministro dello Sport commentando l’arrivo in Serie A del primo giocatore dichiaratamente omosessuale.

La settimana scorsa, durante la premiazione della Nazionale di calcio femminile spagnola, che ha vinto i mondiali, il presidente della Federcalcio Spagnola Rubiales ha pensato bene di afferrare la testa della calciatrice Hermoso tra le mani e stamparle un bacio sulla bocca. Ne è derivata uno scandalo inaudito e mentre scriviamo è in corso uno scontro violento tra la politica e il sindacato delle calciatrici che chiedono le dimissioni o la sollevazione dall’incarico di Rubiales e lo stesso Rubiales che si difende con parole che sembrano estratte dal manuale dei giovani maschilisti.

Il Napolista ha cercato di fornire alla vicenda spagnola la massima copertura possibile.

Oggi, infine, Valentina De Laurentiis è stata costretta a sospendere il proprio account Twitter dopo essere stata sommersa di insulti per aver postato uno slogan femminista: “Protect your doughter Educate your son”. Lo stesso slogan riportato, in grafica diversa, nell’immagine che accompagna quest’articolo e che tradotto vuol dire che il vero problema non è proteggere le figlie, ma educare i figli. Educarli al rispetto, alla non violenza, all’empatia, ai valori di civiltà nei quali il nostro mondo e la nostra società dichiarano di riconoscersi. E non importa se gli insulti fossero per lo più “motivati” dalle vicende del calcio mercato (ma non solo). C’è una donna, Valentina De Laurentiis, che è stata aggredita a mezzo social da un branco di uomini, tanto basta per giudicare la vicenda inaccettabile, per condannarla senz’appello e per esprimere tutta la nostra solidarietà alla vittima.

Chiediamo che dal mondo dello sport, dagli atleti e dalle atlete, dal Coni e dagli organi di governo dello Sport italiano provengano gesti concreti che vadano proprio in questa direzione, quella dell’educazione e dell’informazione. Qualcosa che vada oltre il (seppur importante) simbolico segno di rossetto sulla faccia che i calciatori mostrano una volta l’anno in adesione alla campagna #UnRossoAllaViolenza.

Bisogna chiarire che se è vero che lo Sport è da sempre sinonimo di correttezza e di comunità, in questa comunità non c’è spazio per chi discrimina le donne con parole e gesti, non c’è spazio per le tifoserie violente, razziste e misogine. Non c’è e non ci può essere.

Il 1522 è il numero unico al quale rispondono operatrici specializzate le richieste di aiuto e sostegno delle vittime di violenza e stalking.
Questo è il sito di Di.Re. Donne in Rete, la Rete nazionale antiviolenza gestita da organizzazioni di donne.

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