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Il culto inedito di Sant’Aurelio (già martire)

L’estate della conversione: lunghe file per lo Steccolecco, prezzo maggiorato per le maglie con la sua firma, il papponismo è clandestino. La strana aria da Rocky 3

Il culto inedito di Sant’Aurelio (già martire)
foto Ssc Napoli

Aurelio De Laurentiis ha impiegato un anno e qualche giorno per percorrere un centinaio di metri. Quelli che a Dimaro separano l’Hotel Rosatti, che ospita il Napoli durante il ritiro trentino, dalla nuova area di raduno per i tifosi azzurri. Quest’anno la tradizionale piazzetta era troppo piccola per contenere le festanti masse scudettate e così il comune ha ritagliato un altro punto di ritrovo più grande, verso il campo di allenamento di Carciato.

Il Presidente, dicevamo. La solenne Epifania Aureliana ha squarciato le tenebre di Dimaro nella tarda serata di sabato scorso, il giorno 22 luglio. L’Imperatore non più Pappone è salito sul palco tenendo per le “orecchie”, lui e il figliolo Edo, la coppa del tricolore. E nel suo intervento ha ricordato le peripezie del luglio di un anno fa, quando venne “misconosciuto” in casa propria. Costretto cioè a nascondersi al Rosatti per evitare le contestazioni dopo aver bonificato lo spogliatoio dai senatori ormai anziani del sarrismo, Insigne e Mertens soprattutto. Bonifica che noi del Napolista aspettavamo come una benedizione da almeno un biennio. Ecco: la sera di sabato scorso quando l’Imperatore Aurelio si è messo a sproloquiare contro i media e contro quelli che non si vogliono abbassare lo stipendio (il Bambolo assassino e messicano), il gruppo che il 16 luglio del 2022 alzò il primo cartello con la scritta “A16”, esplicito invito all’allora Pappone a riparare nella Bari filiale, stavolta è rimasto zitto. Né applausi, né urla, né frasi smozzicate. Tutti zitti a braccia conserte.

È l’effetto più visibile e clamoroso del terzismo (dal terzo scudetto, of course) che ha trasfigurato il popolo e le élite sovraniste dell’anti-aurelismo in una folla responsabile che non perde occasione, sia sugli spalti del campo di allenamento sia all’ora dell’aperitivo, di parlare come un qualunque peone moderato del Parlamento: “Bisogna aspettare, bisogna avere fiducia nel presidente”. Proprio così. Testuale. Roba da far ritenere esaurita la natura iniziale del Napolista.

Ma la brama di amore che l’Imperatore reclama in questo insolito anno zero a Dimaro da campioni d’Italia si manifesta nello store allestito dalla figlia Valentina. C’è la coppa dello scudetto. E poi c’è l’ostensione della Sindone azzurra al modico prezzo di 175 euro. È l’unica maglietta autografata in vendita. Quella, appunto, con la santa firma del Presidente. Senza, la maglietta costerebbe “solo” 130 euro. Ma nella zona del campo, l’ex Pappone monetizza ovunque. Dimaro fa rima con denaro. La fila per comprare lo Steccolecco, il gelato presidenziale dagli oltre dieci gusti, è sempre lunga.

Il culto inedito di Sant’Aurelio, già martire l’anno scorso, si inserisce a Dimaro nel clima laicamente liturgico di una festa perpetua destinata a durare almeno fino all’inizio della nuova stagione. L’euforia ha fatto raddoppiare, se non triplicare in certi giorni, il numero dei tifosi-turisti. Il campo di allenamento parla chiaro. In passato la tribuna poteva ospitare 600 persone, ora la capienza è di 1.700 circa e sabato mattina era sold out con almeno duemila persone rimaste fuori. È il popolo Adl, non più A16, che ancora si gode lo scudetto e quest’estate non ha pensieri critici. Anzi. Kim va via? “Sarò con te, tu non devi mollare, eccetera eccetera”. Osimhen va al Psg? “Sarò con te, tu non devi mollare, eccetera eccetera”. Certo, qualche nota stonata si coglie sempre ma è una goccia stitica in un oceano di fiducia smisurata.

Sabato notte, per esempio, a presentazione finita, una sobria famigliola in tenuta calcistica era accampata su un marciapiede davanti al Rosatti, il quartier generale del presidente e della squadra. Seduti a gambe incrociate centellinavano il classico frittatone di pasta. Un bivacco forzato. La loro auto era bloccata da una comune berlina di una nota casa tedesca. A un certo punto, il capofamiglia si è alzato, in preda a un sospetto. Traduciamo direttamente dalla lingua napoletana: “E se questa è la macchina del presidente? Pezzente com’è non mi meraviglierebbe se questa fosse la sua auto”. Poi è arrivata una donna dalla pizzeria vicina, ha chiesto scusa e il sospetto è svanito. Epperò il tic anti-papponista alligna ancora, in maniera clandestina.

Altro esempio. Talmente spiazzato da questa euforia infinita, un autorevole tifoso ha vergato quest’inno paradossale sulle note di “Sarò con te”: “Sarò con te, tu non devi cambiare/ abbiamo un sogno nel cuore/ Aurelio torna Pappone, alè alè, alè alè”.

Ma forse il paradosso più significativo, emblema della fatidica unicità partenopea, è in un altro sentimento percepito a Dimaro, laddove il tifoso spiega che si sente appagato, annuncia che fino al maggio 2024 saremo campioni d’Italia e che sotto sotto organizzare un’altra festa sarebbe uno stress troppo grande. Incredibile, eh!

Del resto il Napoli di Garcia è l’enigma dell’estate, un giallo senza soluzione al momento, e in cui l’indiziato maggiore è proprio lui: l’Appagamento, con l’iniziale maiuscola. Appagamento che solo la fiducia nel presidente può arrestare. Nella piazzetta di Dimaro quest’anno radio e tv locali hanno allestito uno studio a cielo aperto in cui il mainstream dominante reca questa dicitura: “Non disturbate il guidatore”. Un circo festante a tutto tondo. Questa euforia trentina evoca lo Stallone di Rocky 3, quando Balboa si allena circondato da telecamere e fan e perde il titolo. Non aveva più gli occhi della tigre. Eppure l’unica speranza la danno proprio i giocatori: nelle partitelle del metodo Garcia sono famelici, s’incazzano ed esultano quando vincono. In fondo, in campo ci andranno loro. Solo loro.

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