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Quando gli avversari tolgono profondità a Osimhen

Lo ha fatto l’Az, lo ha ripetuto il Sassuolo. Il Napoli ieri ha sprecato tanto ma si è sentito (di nuovo) il profumo poco invitante del ristagno

Quando gli avversari tolgono profondità a Osimhen

Il Sassuolo è una squadra unica

Per il Napoli di Gattuso, la sconfitta contro il Sassuolo è stata meritata, netta, eppure casuale. Come ha scritto Massimiliano Gallo sul Napolista subito dopo la partita, la sensazione è che la squadra di De Zerbi abbia tenuto una lezione di calcio al San Paolo. Tutto vero, tutto condivisibile: per l’intero arco della gara, i neroverdi hanno comandato e gestito il gioco attraverso il possesso, hanno limitato il Napoli e non hanno mai rinunciato ad attaccare. Nonostante la vittoria nella sfida tattica, però, i numeri non mostrano un netto dominio. Solo nel possesso palla, infatti, il Sassuolo è risultato essere superiore al Napoli (43%-57%). Tutti gli altri indicatori sono a favore degli uomini di Gattuso: tiri complessivi (22-8) e in porta (6-4); tiri dall’interno dell’area (14-4) e occasioni da gol costruite su azione manovrata (10-6).

Ecco perché abbiamo parlato di risultato meritato, netto eppure casuale. Il Sassuolo aveva caratteristiche tecnico-tattiche ideali per inaridire il gioco del Napoli, e l’ha dimostrato. Ci è riuscito ma non del tutto, ci è riuscito al punto da dare la sensazione di aver meritato pienamente la fortuna – perché la squadra di De Zerbi ha avuto bisogno anche di fortuna, per vincere – di due gol arrivati in maniera estemporanea. Allo stesso modo, però, un approccio come quello dei neroverdi cammina su un filo molto sottile, tra ambizione e rischio. Se il Napoli fosse riuscito a sfruttare solo una delle (molte) occasioni costruite e/o capitate sui piedi dei suoi attaccanti, prima o dopo il rigore trasformato da Locatelli, staremmo parlando della stessa partita con un risultato diverso. Forse anche molto diverso.

Il calcio non si fa con i se e con i ma, certo. Questa rubrica meno che mai: in questo spazio, da sempre, proviamo infatti a razionalizzare il gioco e i risultati. Resta che però il Sassuolo è una squadra unica nel panorama italiano. Perché è tutto: è una squadra dall’approccio idealista ma anche molto camaleontica. Non rinuncia mai a giocare, anche con assenze dal peso specifico enorme. Ha vinto in maniera netta contro il Napoli, ma ha anche rischiato di perdere. Proviamo a capire perché.

La difesa a tre di De Zerbi

De Zerbi lo ha spiegato nelle interviste del postpartita: «Ho cambiato modulo e abbassato i miei giocatori sul campo per non concedere spazio a Osimhen». Come si vede fin dai primi minuti di partita, infatti, il Sassuolo si è presentato al San Paolo con un modulo liquido: 3-2-4-1 in fase di costruzione che diventava 4-5-1 in fase difensiva. Gli uomini-chiave di questo scivolamento (solo apparentemente innaturale) sono stati Ayhan e Rogério: il turco si è mosso da braccetto di destra della difesa e tre e poi è scivolato nel ruolo di laterale destro in fase passiva; il brasiliano ex Barcellona, invece, ha operato da quarto di centrocampo e da terzino sinistro, dietro a Boga, in fase di non possesso.

Nel frame in alto, la difesa a tre del Sassuolo in fase di costruzione; sopra, il 4-5-1 difensivo della squadra di De Zerbi (qui Locatelli esce in pressing su Manolas).

Come detto (da De Zerbi), si è trattata di una scelta per non lasciare spazio a Osimhen. Soprattutto in transizione negativa, ovvero nel momento in cui il Sassuolo avrebbe perso il pallone in fase di costruzione – un rischio frequente, considerando la tendenza a esasperare il possesso fin dalla propria area di rigore. In realtà, si è trattata di una scelta duplice, fatta anche perché il Sassuolo non si snaturasse troppo. Da sempre, De Zerbi ama e fa praticare il gioco di posizione in fase offensiva, un approccio che punta a disarticolare il sistema difensivo avversario attraverso un particolare tipo di possesso palla: quello che punta a far progredire la manovra trovando uomini liberi dietro le linee di pressione avversaria.

Con tre difensori e il doble pivote (composto da Locatelli e Maxime Lopez) il Sassuolo ha quasi sempre trovato il modo per provare a mandare a vuoto il primo pressing del Napoli con passaggi dietro le linee nemiche. Anche Consigli è stato molto utilizzato per la prima distribuzione: 62 tocchi e 38 passaggi per il portiere neroverde, contro i 24 tocchi e 18 passaggi di Ospina – un altro estremo difensore mentalmente abituato a giocare molto con i piedi.

Dati tratti dal sito della Lega Calcio

In fase difensiva, le scelte di De Zerbi sono state simili a quelle fatte dall’allenatore dell’AZ Alkmaar, la squadra che ha messo più in difficoltà il Napoli finora. Come si vede dagli screen appena sopra – ma anche dai frame che abbiamo riportato in alto – il Sassuolo ha tenuto la squadra bassa (ma non troppo) e i reparti compatti. Ma non ha schiacciato la linea difensiva nella propria area di rigore. In questo modo, ha tolto effettivamente a Osimhen (e a Lozano) la possibilità di ricevere il pallone in spazi ampi, aperti.

L’altra chiave tattica del Sassuolo visto a Napoli ha riguardato il pressing: De Zerbi ha scelto di non aggredire i portatori di palla del Napoli fin dalla primissima costruzione, non a caso il pallone è stato giocato agevolmente dai due centrali di Gattuso ma soprattutto da Fabián Ruiz (76 passaggi totali con il 93% di accuratezza). Solo dopo che la palla arrivava allo spagnolo, partivano i meccanismi per la riconquista e/o per il contenimento: gli spazi centrali venivano completamente intasati, così il Napoli è stato costretto a giocare sulle fasce – infatti dalle corsie è nato il 73% delle azioni costruite dagli uomini di Gattuso). Non a caso, al 90esimo minuto, i cross tentati dagli azzurri sono stati 32. Solo 5 di questi hanno prodotto una conclusione tentata verso la porta.

Due frame praticamente consecutivi: il pallone viene trasmesso a Fabián Ruiz, e solo a quel punto i giocatori del Sassuolo alzano il pressing, proprio su di lui; lo spagnolo restituisce palla ai centrali, e così l’unica soluzione è provare a passare dalle fasce. Lozano affronta il suo avversario diretto, Hysaj si sovrappone, ma non ci sono grandi soluzioni. Il pallone finirà di nuovo a Fabián Ruiz, e poi di nuovo ai centrali difensivi.

Cosa è mancato al Napoli

Nonostante questa (oggettiva) superiorità tattica della squadra di De Zerbi, il Napoli è riuscito a soffrire poco. E ha anche creato alcune occasioni da gol molto nitide. Lo abbiamo visto con i numeri che abbiamo già snocciolato nei paragrafi precedenti. Queste azioni pericolose non sono state (solo) frutto del caso, ma della (alta) qualità della rosa a disposizione di Gattuso. E del modo in cui il tecnico calabrese ha deciso di far giocare la sua squadra.

Spieghiamo meglio: il Napoli verticale che si è imposto e si sta imponendo in questa prima parte di stagione è stata ed è una squadra destinata a soffrire il gioco strutturato del Sassuolo; del resto Gattuso ha creato uno schieramento che tende ad allungarsi sul campo, era inevitabile che una buona difesa alta e orientata sul pallone avrebbe disinnescato la velocità di Osimhen e Lozano, mentre il possesso sofisticato degli uomini di De Zerbi avrebbe fatto girare a vuoto il pressing. Se l’Atalanta, due settimane fa, era stata uno sparring partner perfetto per il nuovo gioco del Napoli, il Sassuolo poteva essere la sua kryptonite. Ed è andata esattamente così.

Due occasioni costruite dal Napoli. Soprattutto la seconda è interessante, perché nasce da una fase di pressing organico concepita benissimo nonostante le ampie distanze tra i reparti

Come si vede in questi due video, però, il Napoli è riuscito a creare alcune palle gol sfruttando le caratteristiche dei suoi migliori giocatori. Non abbiamo selezionato le (ottime) chance capitate a Osimhen – e sbagliate dall’attaccante nigeriano – dopo l’errore in appoggio di Consigli e la rimessa laterale sbagliata di Muldur: non l’abbiamo fatto, appunto, perché quelle sono state occasioni estemporanee, nate da errori tecnici e non di concetto della squadra di De Zerbi. Queste che abbiamo appena visto, invece, si originano da un grande anticipo di Koulibaly e da una palla imbucata bene verso Di Lorenzo e poi girata subito verso la seconda punta (Mertens).

Quindi, cosa è mancato al Napoli? La capacità di capitalizzare queste (e altre) occasioni da gol, innanzitutto. E poi sono mancate una o più variabili che potessero dare maggior sicurezza alla squadra nella gestione della partita. Per quanto riguarda questo punto, intendiamo giocatori diversi che avrebbero potuto determinare dinamiche tattiche diverse. Con una squadra tesa a un gioco verticale, e che non decide di chiudersi in difesa per cancellare tutti gli spazi agli avversari, sarebbe servito un maggiore controllo del pallone. Del resto, se non puoi contenere il Sassuolo quando tiene il pallone, hai due soluzioni: restare corto, e tenere il possesso; oppure restare lungo sul campo, a patto però di essere letale in fase offensiva e sempre efficace in difesa.

Dove sta andando il Napoli

Gattuso è alle prese con un gioco non facile: quello del bilancino tattico. Il Napoli è una squadra che chiede di giocare in profondità, date le grandi – e peculiari – doti dei suoi attaccanti. Soffre troppo però – perché, ripetiamo, non ha ancora messo a punto soluzioni alternative – se questa profondità viene a mancare. E se gli avversari riescono a tenere un ritmo e un’attenzione difensiva costanti lungo l’intera partita. Anche a Benevento, nel primo tempo, gli azzurri sembrarono spuntati, privi di idee, di sbocchi offensivi. La squadra di Inzaghi, però, spese tantissimo in fase di pressing e si abbassò troppo nella ripresa. L’AZ Alkmaar e Sassuolo, invece, hanno accorciato il campo senza essere troppo aggressivi: gli olandesi rimanevano semplicemente compatti, i ragazzi di De Zerbi si sono riposati col pallone tra i piedi e così hanno tolto brio e sicurezze e tempo al gioco del Napoli.

Cosa vuol dire, per il Sassuolo, riposare con la palla tra i piedi: in alto c’è la mappa dei 563 passaggi finiti nei primi due terzi di campo; sotto, gli 88 che invece hanno terminato la loro corsa nell’ultimo terzo di campo. Il rapporto è di un un passaggio in attacco ogni 6.

Dopo la partita di San Sebastián contro la Real Sociedad, non a caso, Gattuso aveva detto di voler vedere un Napoli maggiormente in grado di controllare le partite attraverso il possesso. Nel processo di costruzione della sua (nuova) squadra, questo aspetto è stato finora trascurato. E si è visto chiaramente contro il Sassuolo. Il lavoro in allenamento deve aver privilegiato altri aspetti, legati a un gioco più diretto, più verticale, e quindi più elementare. Quest’ultimo aggettivo non è da leggere in senso dispregiativo, non descrive un calcio ontologicamente meno nobile. Al tempo stesso, però, è inevitabile che una squadra tesa a ragionare in verticale, che ha come prima opzione il passaggio nello spazio per Osimhen, giochi una fase di possesso più rapida e meno sofisticata rispetto a quella del Sassuolo. E quindi finisca per soffrire squadre come il Sassuolo.

Conclusioni

Ripartiamo e chiudiamo ripetendo un concetto già utilizzato all’inizio di questa analisi: il Sassuolo è unico. Soprattutto in Serie A. Non ci sono (ancora?) altre squadre che praticano un calcio così ricercato, e che hanno giocatori di uguale qualità. Il Napoli poteva venire comunque a capo di questo rebus. E l’ha dimostrato. Del resto alla squadra di Gattuso è già successo di vincere le partite perdendo la sfida tattica. Quindi non c’è da allarmarsi troppo: se il progetto insisterà nella (sola) ricerca di un gioco rapido e verticale, non ci saranno tanti altri avversari come il Sassuolo, quindi il Napoli farà molti punti.

Le prospettive cambiano – e non di poco – se il Napoli ha obiettivi (tattici e di classifica) più ambiziosi. Gli azzurri si sono dimostrati fragili contro squadre che giocano in un certo modo, che sanno togliere profondità a Osimhen (e Lozano) per più di 45 minuti. Perciò ora Gattuso non deve commettere l’errore di impantanarsi: se il suo obiettivo è avere una squadra multiforme, che possa vincere molte partite e minimizzare i rischi che derivano da una sconfitta tattica, deve inventare e/o costruire un’alternativa al gioco verticale, all’idea di squadra spezzata in due che passa (principalmente) dal lancio per Osimhen e dalla costruzione sulle fasce laterali.

Questa variabile potrebbe essere il ritorno al 4-3-3/4-5-1 con tanti giocatori abili nel palleggio; potrebbe essere – perché no? – un 4-2-3-1/4-4-2 che non difende in avanti ma resta compatto dietro, come quello visto a San Sebastián. Al di là dei moduli, comunque, Gattuso ha da fare un ulteriore passo nel campo (minato, questo va detto) dell’imprevedibilità. Del resto ha dimostrato di essere un tecnico elastico e non ideologizzato, di poter spaziare molto, di saper ascoltare i messaggi che arrivano dai suoi giocatori. Ecco, contro il Sassuolo si è sentito (di nuovo) il profumo poco invitante del ristagno. Una fragranza che questo Napoli ibrido e fortissimo, di qualità ma non-identitario, così culturalmente lontano da squadre come il Sassuolo, non può proprio indossare.

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