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Benevento-Napoli, ossia vincere le partite sporche

Gattuso può attuare variazioni tattiche pur senza modificare alcuni principi di gioco. Ha i giocatori per farlo, e sta maturando la sensibilità e l’elasticità tattica necessarie

Benevento-Napoli, ossia vincere le partite sporche

Non è stata una vittoria tattica

Quando si cerca di definire in maniera compiuta il concetto di “grande squadra”, uno degli aspetti più interessanti riguarda la gestione e la capacità di vincere le cosiddette partite sporche. Ovvero, la buona maggioranza di quelle che pure il Barcellona di Guardiola, il Liverpool di Klopp, il Bayern di Flick, la Juventus di Allegri, hanno giocato nelle loro annate migliori. Non è sempre possibile vincere la partita tattica, perciò è una buona notizia quando una squadra riesce a portare a casa i tre punti quando il suo dominio non è stato netto, schiacciante; quando le sue qualità sono venute fuori a sprazzi; quando gli avversari sono riusciti a inibire il loro sistema, anche solo in parte.

Ecco, tutto questo è successo al Napoli di Gattuso contro il Benevento: il 2-1 finale maturato allo stadio “Ciro Vigorito” è un risultato dai significati e dai contenuti molto diversi rispetto alle ultime gare di campionato. E dà anche un ottimo segnale tre giorni dopo la sconfitta in Europa League contro l’AZ Alkmaar. Perché in alcuni momenti della partita, soprattutto nel primo tempo, è andata in scena una gara simile a quella di giovedì 22 ottobre. Il Benevento, infatti, è riuscito a opporsi al sistema offensivo costruito da Gattuso intorno a Osimhen e Mertens, a disinnescare l’idea stessa di gioco verticale che aveva permesso al Napoli di distruggere il Parma (nella ripresa), il Genoa e l’Atalanta. Vediamo come.

La difesa a tutto campo e a tutta squadra del Benevento

Al 38esimo minuto di Benevento-Napoli, la squadra di Gattuso era sotto di un gol e aveva messo insieme 3 conclusioni tentate verso la porta di Montipò. Due tiri sbilenchi di Fabián Ruiz e un colpo di testa pessimo di Hirving Lozano. Questo numero così basso va fatto risalire a una brutta prestazione collettiva e individuale. Ma anche, come detto, all’ottimo lavoro del Benevento, che ha atrofizzato il gioco del Napoli in maniera diversa rispetto all’AZ, anche perché Inzaghi ha giocatori con caratteristiche diverse rispetto a quelli che compongono la rosa della squadra olandese. Come si vede da questi frame, il primo tempo di Schiattarella e i suoi compagni è stato all’insegna della difesa a tutto campo e a tutta squadra.

I giocatori del Benevento avevano l’ordine di coprire lo spazio e anche di seguire un uomo di riferimento. Nell’immagine in alto, un trigger (il passaggio verso Di Lorenzo) attiva il pressing della squadra di Inzaghi, che forma delle coppie di giocatori anche nella metà campo del Napoli; nell’immagine sopra, invece, il Napoli ha superato questa prima linea di pressione e allora gli uomini di Inzaghi rinculano tutti nella loro metà campo, badando a occupare la propria porzione di campo senza però schiacciarsi in area di rigore. L’idea di Inzaghi, in questi momenti della partita, è stata simile a quella del suo collega olandese Slot: teniamo una squadra cortissima e i reparti compattissimi, così da togliere aria ai giocatori del Napoli e lo spazio in verticale a Osimhen.

Tutte le dinamiche di cui abbiamo parlato finora, spiegate con i dati sul baricentro delle due squadre

Come si vede da questo grafico, l’idea ha funzionato fin quando i giocatori del Benevento hanno avuto la forza di attuarla. Cioè, solo nel primo tempo. Rispetto all’AZ, come detto, il sistema di Inzaghi non era esclusivamente contenitivo, ma voleva anche limitare il Napoli fin dalla prima costruzione nella sua metà campo, attraverso un pressing selettivo. Per tutti i giocatori del Benevento, assolvere a questa richiesta ha comportato un enorme dispendio fisico e mentale. Un dispendio che poi è stato pagato nella ripresa. Complice anche il cambiamento del risultato, la squadra di Inzaghi non è più riuscita a rimanere corta e compatta. I dati della Lega Serie A sono eloquenti: il Benevento si è allungato dai 21 metri del primo tempo ai 40 del secondo.

I cambi di Gattuso (e quell di Inzaghi)

Certo, è stato anche merito del Napoli. Fin dagli ultimi minuti del primo tempo, la squadra di Gattuso è riuscita (finalmente) ad alzare il ritmo del possesso, a muovere la palla velocemente in orizzontale – l’unico asse concesso dal Benevento. E anche a tirare da fuori. Dal 38esimo al 62esimo minuto, il Napoli ha tentato 12 conclusioni verso la porta del Benevento; 4 di queste sono entrate nello specchio della porta, più il palo di Manolas; 3 sono state scoccate da fuori area. Come dire: il (bellissimo) gol di Insigne è stato casuale come esecuzione pura, ma non casuale come giocata. Lo stesso Insigne, infatti, aveva scaldato per due volte i guanti di Montipò al termine del primo tempo, e pochi istanti prima del gol.

A quel punto, sono stati decisivi i cambi. Quelli di Gattuso, ma anche quelli di Inzaghi. Il tecnico del Benevento, annusando l’aria che tirava in campo, ha deciso di non puntare di nuovo sulle sue scelte prepartita, e quindi ha inserito un terzo difensore (Tuia) al posto di Caprari. Una decisione che ha anticipato quelle di Gattuso, ma che ha finito per spezzare in due il Benevento. Come si vede chiaramente dal video del gol realizzato da Petagna, il passaggio alla difesa a cinque voluto da Inzaghi ha reso più complicato, per i giocatori del Benevento, accorciare gli spazi del pressing. Inoltre, la presenza di Petagna ha determinato la necessità di seguire e contrastare un secondo attaccante fisico. È così che si sono aperte quelle porzioni di campo in cui Osimhen dà il meglio di sé.

Osimhen è stato decisivo nell’azione del gol di Petagna, così come la capacità/possibilità di servirlo con un pallone diretto. verticale

Con Petagna e Politano per Mertens e Lozano, il Napoli ha cambiato le caratteristiche di due giocatori del suo sistema, ma non il suo sistema. Non a caso, come detto, il gol di Petagna è arrivato al termine di un’azione un po’ casuale, ma diretta, verticale. Sfruttando la fisicità di Osimhen, un suo contrasto aereo con un difensore avversario. La prestazione negativa del centravanti nigeriano, così come quella di Lozano, si spiegano con tutto quello che è successo nel primo tempo, con la buonissima gara difensiva giocata dal Benevento. Non erano e non sono giocatori adatti per giocare in spazi stretti, congestionati. Dopo, la squadra di Inzaghi ha finito la benzina e si è allungata, ed è a quel punto che il Napoli è riuscito a trovare un gol legittimo, meritato, per la quantità di occasioni costruite (19 tiri totali, ma solo 5 nello specchio della porta di Montipò).

Lorenzo Insigne

In virtù di tutto questo, come detto in apertura, la vittoria di Benevento è una vittoria dai significati diversi rispetto a quelle ottenute contro Parma, Genoa e Atalanta. Anche perché ha mostrato come Insigne possa essere determinante anche nel (nuovo) sistema di gioco costruito da Gattuso per il Napoli. Al di là del gol, il capitano azzurro è stato il giocatore offensivo più coinvolto nella costruzione della manovra d’attacco (63 palloni giocati). Non è una novità, ma la sua regia avanzata non è stato l’unico approdo del gioco del Napoli. Anzi, i dati di Whoscored sottolineano come in realtà il Napoli abbia allestito più azioni sulla fascia destra (44%) piuttosto che su quella sinistra. Anzi, addirittura Di Lorenzo risulta essere il calciatore del Napoli con il maggior numero di palloni toccati nell’area avversaria (7). Considerando che il terzino del Napoli non ha mai tentato la conclusione in porta, è evidente che si tratti di manovre sviluppatesi dal suo lato.

Tutti i palloni giocati da Lorenzo Insigne

Cosa vuol dire tutto questo? Come si vede anche dal campetto appena in alto, Gattuso sta cercando di far rendere Insigne inserendolo nel Napoli che abbiamo visto nelle ultime partite. Non ha deciso di modellare la squadra intorno a lui. Certo, l’inserimento del capitano (al posto di Lozano a sinistra, per esempio) “costringe” il tecnico a inserire un terzino come Mário Rui, più abile nel dialogo palla a terra, nel far progredire il possesso palla. Insigne a sua volta occupa i suoi spazi storici, cerca sempre le sue giocate migliori, ma nel frattempo attorno a lui c’è una squadra che attacca in tanti modi. Che non si rifugia (solo) nel possesso sofisticato per risalire il campo, ma cerca di attuare più soluzioni. Soluzioni diversificate.

Ed è per questo che Insigne ha disputato una grande partita a Benevento. Il suo gioco è stata una risorsa, non la risorsa; la sua indubbia qualità tecnica è stata sfruttata per trovare il (fondamentale) gol del pareggio e per venir fuori negli spazi strettissimi determinati dalla difesa degli avversari. Ma il Napoli è stato anche altro, si è rivolto a lui nel momento del bisogno e l’ha trovato lì. Gattuso sta costruendo un rapporto aperto, con Insigne e con la sua squadra. Il nuovo sistema ha dei bug, ma la rosa (profondissima e di grande qualità) offre la possibilità di variare spartito per ogni partita. E più volte all’interno della stessa partita.

Conclusioni

Queste ultime frasi sono la chiave di tutto. Come avevamo scritto su queste pagine dopo la gara contro l’AZ Alkmaar, la squadra olandese «ha costretto il Napoli al possesso palla lento e senza sbocchi. A Gattuso, forse, sarebbero serviti fin dall’inizio Insigne e Mário Rui. Per provare a giocare meglio nel contesto imposto dagli avversari di giornata, in spazi stretti, intasati». A Benevento, contro una squadra che ha replicato (in parte) il sistema difensivo dell’AZ, la qualità di Insigne è stata importante. Anzi, decisiva. Ha offerto un’alternativa di (enorme) valore al gioco in verticale richiesto da questa squadra. Quel gioco che Gattuso ha (giustamente) imposto, date le grandi doti di alcuni calciatori, che però va integrato con altri meccanismi offensivi.

Sempre alla fine dell’articolo su Napoli-AZ, scrivevamo che «la squadra di Gattuso a volte avrà bisogno di tornare indietro, di esibire altre qualità, quindi altri meccanismi, per poter vincere a casa certe partite». Le partite sporche di cui sopra, appunto. E a Benevento è andata esattamente così. Questione di fortuna, certo. Ma anche (soprattutto) di qualità e profondità della rosa, in verticale (quante squadre possono contare su semi-titolari come Politano, Petagna, Lobotka, Demme e Ghoulam, ovvero solo i giocatori che sono entrati oggi?) ma anche orizzontale. Una varietà che si esprime attraverso variazioni tattiche da attuare prima e/o durante la partita, pur senza modificare alcuni principi di gioco. Un progetto ambizioso, su cui però Gattuso può lavorare: ha i giocatori per farlo, e forse sta maturando anche la sensibilità e l’elasticità tattica che occorrono.

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