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È nato nu criaturo tutto piedi e culo: auguri Diego

Dovevamo incontrarci per forza. Tu infelice a Barcellona, noi confusi a Napoli nella giostra di tre sindaci, e che ne sai tu di Picardi, Scotti e Mario Forte

È nato nu criaturo tutto piedi e culo: auguri Diego

Piccolo Diego, tutto piedi e culo, come dissero i medici a mamma Tota quella domenica (il giorno del tuo destino) del 30 ottobre 1960 al Policlinico di Buenos Aires, scugnizziello alla nascita, scuro e peloso che ti avremmo cantato è nato ‘nu criaturo niro niro solo se avessimo saputo che ci saremmo visti, conosciuti e amati ai tuoi ventiquattr’anni qui nel golfo di ogni attesa e resurrezione.

E, certamente, quel 30 ottobre 1960, mentre apparivano in tv i Flintstones e Mina cantava “ho salito e disceso le scale di cento palazzi, ho bussato alle porte di mille indirizzi, e niente niente niente, ma un giorno tra la folla ho visto te”, certamente quel 30 ottobre 1960 ebbe un brivido di presagio il nostro Giannino Di Marzio di Mergellina patito di pallone che ti ha scoperto e rivelato al mondo incredulo quel giorno di giugno nel 1978 a Buenos Aires dopo che il suo amico calabrese Settimio Aloisio, emigrato in Argentina, gli soffiò “vieni a vedere un fenomeno di ragazzo” e il fenomeno eri tu a diciotto anni.

E mentre tu, con mamma Tota, papà Chitoro e quattro sorelle te ne andavi bambiniello a Villa Fiorito, la tua Betlemme argentina, per crescervi tra povere case e quel primo pallone regalatoti dal cugino Alberto Zàrate detto Beto, noi in quell’ottobre del 1960 ci imbarcavamo in un campionato di perdizione e retrocessione per i veleni di Amedeo Amadei che dette via Vinicio e Pesaola, e il Comandante comprò Pivatelli, Gratton e Mihalic per vincere lo scudetto e finimmo in serie B. I nostri destini contrapposti, tu angelo del paradiso di ogni pelota, noi all’inferno.

Dovevamo incontrarci per forza. Tu infelice a Barcellona, noi confusi a Napoli nella giostra di tre sindaci, e che ne sai tu di Franco Picardi, Enzo Scotti e Mario Forte, in un’Italia tra Bettino Craxi e le Brigate rosse, in uno studio notarile di Varese Umberto Bossi dava vita alla Lega lombarda, il Pci svettava alle elezioni europee sull’onda emotiva dell’infarto fatale di Enrico Berlinguer sul palco di Piazza della frutta a Padova, un anno, il 1984, drammatico, tante incertezze, tanta paura. Noi, nel golfo, sempre più diseredati e affidati ai miracoli-non-miracoli di San Gennaro.

Eravamo persi, ecco. Quando le acrobazie finanziarie di Ferlaino e la tenacia di Antonio Juliano ti portarono in questa valle di lacrime che s’asciugò le lacrime e si aprì al sorriso e alla gioia da quel tuo primo pallone calciato verso il cielo azzurro, al San Paolo, il delirio delle 18,31 del 5 luglio 1984 che sembra ieri, ma è ormai lontanissimo.

Il resto è una storia di gol e ribellioni, magie e perdizione tante volte raccontata, inutile ripeterla. Si sa come sono andate le cose, dall’altare alla polvere, la persecuzione dei media fra ospedali e arresti, la canagliata italiana al Mondiale 1990, la canagliata degli Usa al Mondiale 1994, i tuoi trionfi e le tue morti, le tue resurrezioni perché il Barba due volte non ti ha voluto, hai ancora vita, e la vita continua. Sessanta candeline. Buon compleanno, Diego.

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