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Capuano è un allenatore cui il destino non ha offerto l’opportunità, a differenza di Calzona per esempio

Ne ho avuto la conferma ieri sera guardando Taranto-Latina. L’ho preferita a Psg-Dortmund perché chi ama il calcio non ama solo l’eccellenza

Capuano è un allenatore cui il destino non ha offerto l’opportunità, a differenza di Calzona per esempio
AS Eupen's new head coach Eziolino Capuano takes part in a press conference of the Belgian first division football team AS Eupen, on September 7, 2010, at the Kehrweg Stadium in Eupen. AFP PHOTO / BELGA PHOTO / MICHEL KRAKOWSKI -BELGIUM OUT- MICHEL KRAKOWSKI / BELGA / AFP

Capuano è un allenatore cui il destino non ha offerto l’opportunità, a differenza di Calzona per esempio

Senza neanche chiedermi il perché, ieri sera invece di Borussia Dortmund–Psg mi sono visto il play off di Lega Pro Taranto-Latina.

Certo, a ben guardare una scelta del genere un po’ di motivazioni pure deve averle.

Ho provato, ex post, a darmele.

Un atto di resistenza personale (ai limiti del masochismo) contro il contesto che pretende di guardare soltanto un calcio di “elite”, di “eccellenza”, di giocatori stratosferici contro altri giocatori stratosferici.

Di chi il calcio lo vuole trasformare in spettacolo da Mazinga contro Goldrake, in buona sostanza, anche nel tentativo di cercare una via d’uscita al fatto che i giovani ne guarderebbero sempre di meno (perché, si dice, annoiati dal fatto che duri troppi minuti senza particolari azioni spettacolari): i classici “uomini da super lega”, insomma.

Oppure un gesto naif che accompagna il sentimento di forte passione che ho per questo sport e per i suoi contenuti, che a ben guardare sono analoghi (non identici, certo: i livelli nella vita esistono ed incidono) a prescindere dalla categoria in cui lo si pratica.

Un gesto che spesso mi serve in parte a tornare alle origini, agli albori della nascita di questa mia forte passione (il calcio praticato senza pretesa di essere modello industriale o comportamentale), in parte a disintossicarmi da chi applica anche a questo sport le categorie di pensiero tipiche del mondo moderno: “eccellenza” (appunto), organizzazione, business …. oppure concetti come “professionismo” applicato esclusivamente alla sempre maggiore e crescente richiesta di soldi, a giustificarla sempre e comunque, come se la parola “professionista” stesse a significare esclusivamente il fatto di poter pretendere maggiori compensi, piuttosto che un qualsiasi lavoro eseguito da chi ha particolari abilità per farlo.

Oppure, ancora, il fascino che ho per le categorie calcistiche inferiori, quelle in cui si ragiona da professionista, e cioè si hanno idee calcistiche o di “giocate” da professionista (appunto, proprie della persona con grandi abilità al riguardo) che tuttavia sono spesso accompagnate da errori di esecuzione da dilettanti.

Oppure, ancora, la grande stima che ho per l’allenatore del Taranto, Ezio Capuano (da leggere qui e qui), e per quello che rappresenta: uno dei tanti, tantissimi uomini che avrebbero conoscenze, potenzialità e professionalità tali da poter loro consentire di allenare (e bene) in categorie superiori ma che, tuttavia, un’occasione del genere non ce l’hanno mai avuta.

Perché solo chi, come me e pochi altri, segue il calcio con tale passione, curiosità e conoscenza da portarlo a guardare (con la stessa voracità utilizzata per guardare partite di categorie e competizioni superiori) le partite delle cosiddette serie minori sa e può sapere non solo quanto sia bravo Capuano, ma anche quanti sportivi e uomini di calcio ci siano, “disseminati” qua e là per il “territorio calcistico” di queste serie, che potrebbero insegnare il mestiere a tutti quelli che invece stanno sotto i riflettori quotidianamente.

Il Taranto di Capuano gioca in base agli avversari, li studia

Il Taranto, come ogni squadra di Capuano, è squadra che gioca ma che non “forza” le giocate, perché è allenata da un allenatore che non vive di principi, di dogmi immutabili sempre tesi a vincere la resistenza opposta dalla situazione sfavorevole per l’esecuzione di una determinata azione pre-codificata.

Non la fa, se non c’è l’occasione favorevole per farla: ed è per questo che per esempio subisce pochi gol, perché ha grande rispetto per gli avversari, e sta in campo anche e soprattutto in relazione alle caratteristiche di questi ed ai momenti contingenti della partita.

Ieri sera, per esempio, si era consapevoli del fatto che il Latina ha un regista molto bravo per la categoria, che si abbassa molto per la costruzione dal basso e lo fa ad arte.

Ecco, questo Capuano lo sapeva, ma sapeva anche che (visto che si poteva difendere lo 0 a 0, risultato che per regolamento avrebbe premiato il Taranto) era inutile “uscire alti” ad impedire questo tipo di costruzione, perché quel regista avrebbe trovato, anche grazie all’uso di un “rinterzo”, il modo di saltare linee di pressione così da mettere in superiorità numerica i suoi compagni 20/30 metri più avanti.

Era inutile rischiare di sbilanciarsi subito, insomma, ci sarebbe stato il tempo per farlo.

Ecco, allora, che la pressione ha iniziato ad essere portata lì avanti, da parte dei giocatori del Taranto, solo a partita in corso, una volta fiutato che la stanchezza dell’avversario gli avrebbe fatto perdere palloni importanti nei primi loro 30 metri: è così è stato, tanto è vero che le maggiori occasioni da gol, nate anche in questo modo, il Taranto le ha avute nell’ultima mezz’ora.

Tutto studiato e preparato.

Per non parlare dell’organizzazione difensiva (“difendente”, come la chiama il Mister) del Taranto, perfetta in tutte le sue declinazioni.

Dalla corsa (sincronica e perfetta) a ritroso dei “difendenti” che vanno a coprire gli spazi per non dare linee di passaggio agli avversari, ai modi con cui il braccetto della difesa a 3 ed il “quinto” si scambiano la marcatura del portatore di palla lanciato nello spazio dal compagno; dal modo in cui in una frazione di secondo si passa, in fase difensiva (palla agli avversari), da 3 a 5 al modo impeccabile con cui gli stessi difendenti scalano quando c’è da farlo; dai modi di costruire l’azione con palla al terzo uomo  chiamato ad aggredire lo spazio, al modo in cui si usa la sponda del primo saltatore per mandare in porta i centrocampisti o gli stessi “quinti” che si lanciano come frecce verso l’area avversaria.

C’era tutto il massimo del professionismo (qui sto usando il termine per identificare ogni più alta forma di abilità nel preparare ed organizzare la partita) ieri sera in campo a Taranto, e di questo il merito è di un allenatore che si differenzia da Calzona solo per non avere mai avuto la possibilità di allenare ai livelli di questo.

Ripeto, non mi interessano le ragioni per cui ciò non accade, mi interessa di più (ai limiti della curiosità morbosa) come il caso, da intendersi come mancata fortuna di avercela un’occasione del genere, influenzi la vita, professionale e non, delle persone.

L’unica cosa a fare, molto più spesso di quanto si pensi, la differenza, in un’esistenza in cui invece pensiamo di essere padroni.

Il resto, e con questo anche l’interesse esclusivo per le partite di presunta “eccellenza”, sono per me chiacchiere da eletti, inconsapevoli che il calcio stanno contribuendo a distruggerlo proprio quelli che ragionano così.

Beati loro.

Io ancora mi godo il calcio che non ha alcun’altra pretesa se non quella di essere semplicemente calcio.

E mi godo Eziolino Capuano, in nome di tutti quelli le cui potenzialità vengono ancora ignorate da gente che di simili potenzialità non ne ha nemmeno l’ombra.

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