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Nella tesi di Pirlo il portiere deve “trovare il passaggio filtrante”. Povero Szczęsny

Sul sito di Sky la versione integrale: il tecnico della Juve descrive il suo calcio, con esterni larghissimi, rombo a centrocampo e un centravanti con le caratteristiche di Dzeko

“Il calcio che vorrei”, o “Il mio calcio” come da titolo sbagliato in copertina. La tesi di 30 pagine che Andrea Pirlo ha discusso a Coverciano per laurearsi allenatore di Serie A già in servizio effettivo sulla panchina della Juve è un feticcio, perché nessuno ha ancora un’idea precisa di come giocherà con lui (che ha un soprannome impegnativo, il Maestro) l’ex squadra di Sarri. Spulciarla, allora, è esercizio istruttivo.

La pubblica in versione integrale Sky Sport. Tanto per cominciare i credit: Pirlo nel prefigurare un calcio “propositivo, di possesso e di attacco” dice di ispirarsi al “Barcellona di Cruijff e poi quello di Guardiola, all’Ajax di Van Gaal, al Milan di Ancelotti, fino alla Juventus di Conte“. Sarebbe stato dirompente – di questi tempi, poi – se avesse teorizzato un calcio d’attesa, magari scrivendo “contropiede” senza timore d’esser bocciato. Ma, insomma, entrando nel vivo, si capisce di più.

“Vorrei giocare un calcio totale e collettivo, con 11 giocatori attivi in fase offensiva e difensiva. Manipolando spazi e tempi, abbiamo l’ambizione di comandare il gioco in ambedue le fasi”

I ruoli fissi non ci sono più. Si ragiona per funzioni. Scopriamo dunque che per Pirlo un portiere, si suppone oltre a parare, deve badare alla “difesa dello spazio in avanti”, deve saper “condurre palla, trovare un passaggio filtrante, scegliere la soluzione più efficace”. Il portere… il passaggio filtrante…

A centrocampo serve la tecnica e “una buona dose di mobilità”, ma soprattutto “una predisposizione mentale alla riaggressione in caso di perdita del pallone”. Accertato che “la palla è sempre più veloce dell’uomo” serve un “movimento continuo e dinamico della stessa”. Pirlo descrive una specie di tiqui taca con inserti verticali: “Trasmissione palla secca e forte” e “sviluppo offensivo a due velocità, dietro d’attesa e di preparazione, davanti veloce e diretto verso la porta“. Con uno schema a forma di rombo: “creazione del rombo di palleggio attorno al portatore palla, creazione ed occupazione degli spazi liberi, riconoscimento dei codici di gioco”. E ancora “il rispetto delle posizioni: bisogna aspettare che la palla arrivi dal giocatore e non il contrario”.

E poi c’è l’attacco. Nella tesi Pirlo mette nero su bianco l’identikit della spalla ideale di Ronaldo (e Dybala), che ora è facilmente identificabile con Dzeko (non con Milik):

“In un calcio d’attacco con tanti giocatori offensivi è necessario che l’attaccante sia capace di dialogare con tecnica e intelligenza con i propri compagni per favorire gli inserimenti degli stessi”.
Lo schema prevede tre punte con due larghissime “per stressare la linea difensiva avversaria” con cambi di gioco alla cieca: “palleggiamo a destra per attaccare a sinistra”. E una punta centrale. Oppure il tandem con il classico elastico, che lui chiama “il gioco dei contrari (una viene l’altra va, una corta e una lunga)”: “un 3-2-5 o un 2-3-5 in fase offensiva”.
Per la cronaca, Pirlo si è laureato con 107/110. Solo Thiago Motta ha fatto meglio nella stessa sessione, con 108.
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