Descritta come una società allo sbando e derisa, il Napoli ha dato una prova di chirurgica di programmazione e ha rispettato gli obiettivi.
Tutto comincia la sera di Napoli-Frosinone, la partita del record di Gonzalo Higuain. Aurelio De Laurentiis fa il suo ingresso in sala stampa, annuncia l’acquisto di Tonelli e poi anticipa il mercato del Napoli dicendo più o meno così: “Avrai una rosa completa, a Mauri’ e po’ so’ cazzi tua, li dovrai far giocare”. Una battuta rivelatrice di quel che sarebbe accaduto nei successivi mesi, o comunque di quali fossero i piani del Napoli, e che sottolineava il punto di attrito dei mesi precedenti: Sarri aveva riesumato il concetto di titolarissimi e creato una voragine di minuti tra gli undici quasi sempre in formazione e il resto della truppa, Mertens e Gabbiadini compresi, per non parlare di Grassi (mai impiegato) e altri. Maurizio Sarri, però, aveva l’alibi: la rosa è corta e laddove non è corta per me è inadeguata. Un concetto condiviso da gran parte dell’ambiente napoletano che ha girato in gramaglie per mesi per il mancato arrivo di Soriano (una delle pagine più tristi e ridicole della tifoseria napoletana) e si è sfogata col mercato di gennaio considerato il vero responsabile del mancato scudetto.
È poi cominciato il calciomercato. Che a Napoli ha subito, come al solito, una narrazione singolare. A Napoli sostenere la propria squadra, quindi la società e tutto quel che riguarda il Napoli, è considerato un disonore. O una prova di asservimento. E quindi ecco divulgare – e deriderne – di una lunga teoria di rifiuti che evidenziavano ancora una volta l’approssimazione societaria. In questo va riconosciuto che buona parte della responsabilità va ascritta a Silvio Berlusconi e al suo declino politico. Per quasi vent’anni, Berlusconi è riuscito a fare da parafulmine per l’Italia, ha fornito un senso alle giornate di gran parte degli italiani che avevano trovato il loro sfogatoio. Non c’è campagna per la fertilità che tenga, Renzi resta sideralmente lontano da quelle vette. E a Napoli la bamboletta voodoo ha successivamente assunto le sembianze di Aurelio De Laurentiis. Una vera e propria ossessione che ha assunto e assume toni tra il ridicolo e l’assurdo.
Nel mezzo c’è stata questa narrazione disastrosa che ha raggiunto il suo acme con la cessione di Gonzalo Higuain alla Juventus per novanta – dico NOVANTA – milioni di euro. E mentre lo psicodramma, gli striscioni, gli sfoghi privati procedevano, il Calcio Napoli ha portato avanti un calciomercato che rispondeva alle linee guida presentate nel post Napoli-Frosinone: calciatori in grado di rendere la rosa del Napoli omogenea a un livello medio-alto. Per la prima volta, probabilmente nella storia, il Napoli ha sei centrocampisti che possono giocare titolari: i tre dello scorso anno, più Rog, Zielinski e Diawara che hanno rispettivamente 21, 22 e 19 anni e sono nazionale croato, polacco o hanno alle spalle una stagione da titolare in serie A.
In difesa, a causa delle condizioni fisiche di Tonelli (che di fatto è infortunato o comunque non a disposizione quasi dal primo giorno di ritiro e su cui ormai girano le voci più disparate), il Napoli ha acquistato un altro centrale che all’occorrenza può giocare anche a destra. Non un giocatore qualsiasi, bensì un giocatore fortemente voluto da Sarri (come Zielinski del resto) e inseguito da due anni: Maksimovic che di anni ne ha 24.
Nel frattempo, nonostante a Napoli i procuratori facessero a botte per partecipare a trasmissioni radiofoniche e lanciare le loro accuse nei confronti della società – a un certo punto una radio si è trasformata in ufficio per ottenere aumenti di stipendio – la società non ha venduto nessuno. Doveva partire Koulibaly e non è partito, nonostante il Chelsea avesse offerto almeno 55 milioni di euro (a proposito, i Blues hanno rincorso un centrale per tutta l’estate e alla fine hanno pagato 40 milioni di euro il cavallo di ritorno David Luiz); doveva partire Albiol e non è partito; doveva partire Gabbiadini (ci torneremo) e non è partito; scalciava Insigne e nulla fin qui è accaduto. E forse dimentichiamo qualcuno.
Mentre il Napoli ha tenuto dieci titolarissimi su undici – l’unico che è andato via, lo ha fatto perché la Juventus ha sborsato novanta milioni -, ha trovato anche il tempo di acquistare un calciatore come Giaccherini che è stato considerato uno dei migliori agli Europei, nonché il centravanti dell’Ajax Milik (22 anni, nazionale polacco) che era venuto a Napoli già a luglio tra la sorpresa generale, segno che è stato un acquisto meditato.
Questa la realtà, differente – molto differente – la narrazione. Al termine di mesi descritti a maniera dir poco approssimativa, il Napoli ha chiuso il calciomercato con quella che possiamo definire la rosa più omogenea della serie A. Non la più forte, ma certamente la più omogenea. Con due calciatori per ogni ruolo. Al punto che la Gazzetta dello Sport piazza nel pagellone di fine mercato il Napoli subito dietro alla Juventus assegnando alla società di De Laurentiis un felliniano otto e mezzo.
Il Napoli ha speso oltre cento milioni. Alcuni acquisti – ed è una novità – sono avvenuti con la formula del prestito con obbligo di riscatto su richiesta delle società che hanno venduto i calciatori (Dinamo Zagabria e Torino). Ma il Napoli non ha un prestito che sia uno. Il Napoli ha la forza economica di comprare cash e anche di pagare qualcosa in più visto. In gergo commerciale, il Napoli ha i soldi a terra. E è un punto di forza non da poco.
Cosa è mancato? È mancato, anche per problemi di rosa, un secondo portiere che fosse affidabile già in partenza. Il Napoli ha tre buoni portieri: Reina, titolare, più Rafael e Sepe (non è chiaro chi sia il secondo). Tutti potrebbero rivelarsi ottimi portieri ma tutti – compreso Pepe – potrebbero rivelarsi non sempre affidabili. L’altra nota dolente è il centravanti. Il Napoli è arrivato per sottrazione alla decisione di confermare Gabbiadini. Ha dato l’impressione – chissà quanto fosse vero – di cercare a lungo Icardi, ha accarezzato il sogno Cavani, ha poi alimentato una girandola di attaccanti che ha compreso persino Bony e alla fine si è tenuto Gabbiadini. Una scelta persino condivisibile nel merito ma non nel metodo.
In conclusione – quel che andava scritto sulla diversità del Napoli di De Laurentiis rispetto all’immobilismo napoletano la ha fatto magistralmente ieri Raniero Virgilio – il Napoli ha portato avanti l’idea di calciomercato che aveva in testa da maggio. Aveva un progetto e lo ha realizzato. Ha dato a Sarri una rosa in grado di competere in tutte e tre le competizioni. Il resto, il rumore di fondo, è l’atavico male di Napoli. Bisogna conviverci, non c’è altra soluzione. E portare pazienza. Chissà cosa e dove sarebbero Napoli e il Napoli se davvero realizzassimo lo spallaaspalla. Meglio non pensarci.