
Massimo Ciavarro: «Senza la bellezza non avrei potuto fare ciò che ho fatto, ma non mi piace apparire»
A La Stampa: «Recitare mi ha sempre messo ansia. Mi sono fermato perché avevo scelto di vivere in campagna, avevo l’orto a cui pensare».
A La Stampa: «Recitare mi ha sempre messo ansia. Mi sono fermato perché avevo scelto di vivere in campagna, avevo l’orto a cui pensare».
Al CorSera: «Noi lombardi siamo poco mediterranei: non ci lamentiamo, non attendiamo che qualcuno risolva i problemi al posto nostro».
Al Corsera: «Con la Nazionale cantanti dovevamo dare un assegno da 100.000 dollari a Michael Jackson, ci fece aspettare mezza giornata, mise l'assegno in tasca e ci liquidò»
Al Corriere della Sera: «Montagne verdi è la storia della mia vita. A Milano rimasi incinta, lui era sposato. Mina mi chiamò. Dopo 43 anni, stiamo ancora insieme»
Ljuba Rizzoli a Vanity Fair: «L'Avvocato veniva a trovarmi quando mio marito non c’era: la governante gli segnalava il via libera. Non era il mio tipo, era troppo raffinato»
Il nome del musicista è associato ai diritti di alcuni brani del cantante mascherato. Un secondo indizio viene dai membri del trio Future Romance
Quattro serate per cinque spettacoli e quattro premi speciali ad altrettanti protagonisti della scena. Il nuovo direttore artistico è Antonella Morea
Al CorSera: «Da piccolo non avevo una stanza, studiavo sulle scale. Con Bisio sul set parlavo in napoletano, lui non ci capiva nulla»
Giulia Steigerwalt a La Lettura: «Era privo di tabù. La Pozzi e la Henger volevano mostrarsi libere, ma sono rimaste ingabbiate nel pregiudizio».
L'attore si racconta a Il Fatto: «Una sera, a Giacarta, la moglie di un generale mi corteggia tutto il tempo con il marito che nel frattempo raccontava della sua collezione di bestie feroci»
Al Corsera: «Con Mina giravamo in Lambretta alle tre di notte a svegliare i pescatori per farci cucinare. Era una bonazza»
Al CorSera: «Quando giro un film chiedo una stanza d’albergo con il cucinino. Non butto mai gli avanzi. Mi sento un perito elettronico mancato»
Giuseppe De Rita al CorSera: «Domandava alla moglie il permesso per giocare ai cavalli, la sua vera passione. Era un vero esperto»
A La Verità: «Ci venne l'idea mentre interpretavamo gli arbitri. Lo abbiamo fatto in modo artigianale, con un muletto che mi teneva sospeso sulla parete».
A La Repubblica: «Sono un buon attore perché non so recitare. Moretti? Ho sempre pensato: se mi chiama sono contento, se non mi chiama sono più sereno».
A La Repubblica: «Napoli la conosco bene, l’ho vista crescere, distruggersi, rinascere, ricostruirsi. Nessuno fuori da Napoli sa cosa sia lo spirito napoletano»
A Specchio: «Ho vissuto la cauta del regime comunista in Albania, non volevo emigrare in Italia, scoprire le strade illuminate e i tanti canali tv».
A Il Fatto: «Lucio Dalla ci disse: “Bravi, farete strada”. Sapevamo della sua nomea da burlone e credemmo ci prendesse per il culo. Però era serio»
Al CorSera: «Per Cecchi Gori ci sarò sempre. Sordi era di una simpatia travolgente. Sul mio fondoschiena, su un quadro, Fellini scrisse: “Ho deciso abito qui”».
Al Messaggero: «Ritenevano gli 883 espressione di un mondo poco profondo e superficiale, eppure abbiamo cantato lo spirito di quegli anni»