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Panariello: «Per anni mi hanno nascosto di avere un fratello in collegio, credevo fosse un amichetto delle feste»

Al CorSera: «Aveva problemi di droga, lo consideravo una zavorra. Se rimaneva a casa con mio nonno avevo paura succedesse qualcosa».

Panariello: «Per anni mi hanno nascosto di avere un fratello in collegio, credevo fosse un amichetto delle feste»

Sul Corriere della Sera un’intervista a Giorgio Panariello. Dice che non gli piace rivedere quello che fa in televisione: è troppo autocritico.

«Il fatto di rivedermi — con un selfie, per un video postato sui social — per me è una novità perché io sono della vecchia scuola di pensiero (e siamo in tanti): non mi riguardo mai. So che è un male, perché quando fai una trasmissione televisiva aiuta a capire dove hai sbagliato, dove puoi migliorare; ma io non ci riesco: io non mi sopporto, sono il peggiore fan di me stesso, sono super-autocritico. Ho fatto dei film da regista che a rivederli volevo uccidermi perché ne capivo la lentezza. Il problema è che in tv o al cinema quando fai una cosa, poi rimane lì: non la puoi cambiare».

Parla del rapporto sofferto con il fratello, che per anni ha avuto problemi di droga.

«Era un ragazzino che ogni tanto veniva a casa e non sapevo chi fosse, perché nessuno voleva dirmi che avevo un fratello che avevano messo in collegio. Lo consideravo un amichetto che passava alle feste comandate. Poi crescendo mi sono fatto delle domande, veniva e spariva, finché mi dissero che era mio fratello e il rapporto cambiò anche se non capivo questa cosa di avere un fratello ogni tanto… Da ragazzino nemmeno pensavo che potesse soffrire. Lo vedevo diventare cattivo e arrabbiato, poi ho capito e ho cominciato a stare dalla sua parte, forse anche troppo in alcune occasioni. Abbiamo avuto un rapporto molto conflittuale, non riuscivo ad aiutare Franco, non riuscivo a dimostrargli che era giusto fare come facevo io e non come pensava lui: per anni l’ho considerato una zavorra perché io volevo crescere, spiccare il volo nel lavoro, ma avevo sempre questo pensiero, questo tormento, se rimaneva a casa con mio nonno. Avevo paura succedesse qualcosa, andavo via mal volentieri, lavoravo male. Quando la mia vita si è sistemata e mi sono sentito forte allora ero pronto, lui ha capito che avevo ragione. Perché non è una questione di soldi, puoi avere tutti quelli che vuoi… Dopo 30 anni si era finalmente deciso a farsi aiutare».

Racconta del cambiamento che si verifica quando si raggiunge la popolarità.

«Quando diventi famoso arrivano parenti come funghi, gente mai vista in vita mia, roba dal Medioevo: sono il prozio del duca che aveva quel feudo in cui il tuo bisnonno faceva il contadino… Ma c’è anche l’atteggiamento contrario; torni al paese e vedi nella gente la diffidenza, aspettano di vedere se ti sei montato la testa».

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