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Ponte Morandi, i familiari delle vittime: «La verità è un vulcano, temiamo che venga nascosta»

Ieri si è aperto il processo per il crollo di 4 anni fa. Egle Possetti scrive a Il Fatto: «È necessario dare rilevanza mediatica. I cittadini devono sapere»

Ponte Morandi, i familiari delle vittime: «La verità è un vulcano, temiamo che venga nascosta»

A distanza di quattro anni dal crollo del Ponte Morandi, ieri a Genova è iniziato il processo per determinare le responsabilità della tragedia che costò la vita a 43 persone. Una tragedia che, gli eventi e le notizie successive, hanno dimostrato che si sarebbe potuta evitare. Oggi il presidente del comitato vittime del viadotto, Egle Possetti, scrive una lettera a Il Fatto Quotidiano.

“La verità, come ho sempre sostenuto, è come un vulcano. Prima o poi viene fuori. Ma l’inizio di questo processo, che da un lato ci solleva, dall’altro è fonte di preoccupazione: le grandi vicende giudiziarie in Italia hanno spesso incerti. Oggi è una giornata difficile ma anche molto importante perché inizia un percorso faticoso, che speriamo possa portare alla verità e alla giustizia per le nostre famiglie L’impianto accusatorio della Procura di Genova, unito al lavoro degli inquirenti, così preciso e completo, ci ha dato la speranza in questi quattro anni di continuare la nostra vita e la nostra lotta. Perché questa non è una battaglia solo per la giustizia delle nostre vittime e di quanti hanno subito questo inferno, questa è l’unica via per risollevarci come nazione dalla melma in cui qualcuno ci ha fatto precipitare. Occorre fare giustizia, altrimenti la nostra democrazia non ha futuro. Siamo consapevoli che si cercherà di minimizzare le colpe con ogni mezzo, si cercheranno di definire favole gli eventi, i documenti, le conversazioni, le intercettazioni. Se questa fosse davvero una favola mia sorella sarebbe ancora a casa sua, insieme alla sua famiglia. Speriamo che nulla possa permettere che la verità resti celata. È necessario che sia data rilevanza mediatica a quello che emerge in sede processuale. I cittadini devono sapere, devono capire”.

 

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