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De Laurentiis si ponga la domanda: termino la mia avventura nel calcio? (Corbo)

L’anno del disastro lascia tutte le colpe su De Laurentiis. E i danni incalcolabili solo su di lui. Non gli basta? Ha buoni utili da destinare alla famiglia

De Laurentiis si ponga la domanda: termino la mia avventura nel calcio? (Corbo)
Db Monaco di Baviera (Germania) 01/08/2017 - Audi Cup / Atletico Madrid-Napoli / foto Daniele Buffa/Image Sport nella foto: Aurelio De Laurentiis

De Laurentiis si ponga la domanda: termino la mia avventura nel calcio? Lo scrive, in maniera condivisibile, Antonio Corbo su Repubblica Napoli.

Sono tutti ai loro posti i dirigenti che hanno attivamente collaborato a distruggere in un solo anno il Napoli dello scudetto. Se finalmente si accorge che il suo Napoli è al capolinea, nel suo interesse il presidente deve rivedere con orgoglio i primi vent’anni. Deve esserne fiero. Ma con la stessa lucidità porsi il dubbio: mi fermo qui, cerco un acquirente, termino la mia avventura nel calcio? Tre miliardi di introiti, la metà da proventi tv, 1.100 milioni in acquisti, spesa corrente ma anche altri incassi da sponsor, botteghino e marketing hanno lasciato buoni utili da destinare a se stesso, alla famiglia, al cerchio magico, tra questi dicono vi sia anche un consigliere che si attribuisce la competenza di Sir Ferguson. Se invece decide di proseguire, è suo diritto. È titolare di una società privata.
Sono suoi i rischi e gli utili. Vada avanti. Scelga allenatore e manager capaci. Fuori i soliti inutili, amici familiari compresi.
L’anno del disastro lascia tutte le colpe su De Laurentiis. E i danni incalcolabili solo su di lui. Non gli basta?

L’analisi economico-finanziaria del Napoli di De Laurentiis (Napolista)

La Ssc Napoli è debole: dipende troppo dai risultati e non ha (ampi) margini di errore

È bene parlare della materia che si conosce. Invece si può chiacchierare su tutto, particolarmente al bar. Questo non è un bar. Allora parliamo un po’ dell’ Impresa Società Sportiva Calcio Napoli Spa. La SSC Napoli è una società per azioni, un’azienda. Ha un presidente, un cda e una base societaria, gli azionisti. Questo ci dicono i suoi bilanci, le Camera di Commercio e tutte le fonti ufficiali. Però, (la famosa particella sgarrupativa), è un’azienda a forte connotazione familiare. Essere una società a conduzione familiare, di per sé, non è un aspetto negativo, ma potrebbe diventarlo. In questo suo momento storico, l’essere un’azienda a puro carattere familiare per la Ssc Napoli è IL “problema”. Attenzione non è un problema personale, o di persona, e neanche è un problema nuovo per molte aziende italiane. Questo è un problema strettamente gestionale, che va affrontato con urgenza all’interno e risolto. È un caso di scuola, che si riscontra in molti settori manifatturieri o di servizi. Un problema che si evidenzia al raggiungimento di determinati obiettivi e quindi dei propri limiti strutturali.

Il processo evolutivo di un’azienza familiare di successo è abbastanza standard. Si comincia con un visionario, un imprenditore, un innovatore, direbbe Schumpeter. Si crea, un prodotto o un servizio di successo. Si raggiungono risultati positivi locali, regionali, poi nazionali e infine ci si affaccia al mercato internazionale. Ogni tipo di mercato necessita delle sue competenze, dei suoi investimenti e della sua struttura organizzativa per affrontare i nuovi contesti operativi, e una più forte concorrenza. Il garage di Enzo Ferrari nel tempo è cresciuto e si è integrato in un Gruppo, in cui non ci sono solo meccanici, o piloti. Ma di esempi se ne potrebbero fare tanti. Come al converso ci sono tanti esempi di imprese familiari che hanno collassato nella incapacità di adeguarsi alle (sue) nuove realtà operative, dopo un periodo di relativo successo.

La Ssc Napoli è a questo guado e non ha alternative: o si modifica, strutturandosi come altre realtà di storico e continuato successo nel suo settore, oppure imploderà.

Questa società ha forse raggiunto il suo punto più alto di successo economico, di RoE (Return On Equity) e IRR (Internal rate of return), ma non ha seminato ed è dipendente dal singolo successo sportivo annuale. Dopo quest’anno, non può più sbagliare. Non ha (ampi) margini di errore e questo la rende debole. Non ha un piano di successione credibile, e non ha un chiaro, quanto alternativo, progetto aziendale (al di là della massimizzazione dei dividendi nel breve termine).

Abbiamo visto e ascoltato tante analisi tattiche e tecniche.  Tutte molto valide, ma non abbiamo ravvisato alcuna analisi del contesto gestionale, e della sua evoluzione futura. Troppo sommariamente si è liquidato il punto commentando che la Ssc Napoli è un’organizzazione verticistica, ma questa è una descrizione, non è un’analisi.

Senza casa (centro sportivo), senza squadra (molti calciatori in partenza o gestiti senza logica), con una incapacità tecnica, o voluta, di fare mercato, “senza dirigenza” con poteri operativi, il bacino d’utenza, ma soprattuto la parte pensante della città, dovrebbe chiedere chiarimenti per il medio-lungo termine, ossia per i prossimi tre anni, cioè domani.
Gli indizi dicono che le idee, fin qui esternate, sono poche e confuse.
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