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La vita da romanzo di Berrettini che lotta contro le sabbie mobili su un periferico campo in Arizona

Da nobile decaduto, combatte in periferia per risalire. Gioca due volte in poche ore, come nei tornei amatoriali. E va in finale

La vita da romanzo di Berrettini che lotta contro le sabbie mobili su un periferico campo in Arizona
Italy's Matteo Berrettini waits for the rain to stop falling after it interrupted his men's singles tennis match against Italy's Lorenzo Sonego on the second day of the 2023 Wimbledon Championships at The All England Tennis Club in Wimbledon, southwest London, on July 4, 2023. Glyn KIRK / AFP

L’affascinante romanzo di Berrettini che lotta contro le sabbie mobili su un periferico campo in Arizona

È quasi impossibile rimanere indifferenti al tentativo di rinascita di Matteo Berrettini. Mentre l’Italia tennistica (oggi popolata da molti “occasionali”) aspettava che a Indian Wells spiovesse per gustarsi il big match tra Sinner e Alcaraz, quattrocento chilometri più in là, a Phoenix, su un campo con una sola telecamera, Supertennis mostrava le fatiche di Matteo Berrettini che cercava di liberarsi dalle sabbie mobili che da tempo lo hanno tirato giù, fino all’attuale numero 154 della classifica Atp. Lui che neanche tra anni fa ha giocato la finale a Wimbledon e che l’anno successivo chissà come sarebbe andata se sull’erba londinese non l’avesse fermato il Covid.

Quella di Berrettini è una vicenda da romanzo. A Indian Wells, in prima classe, anzi in classe extralusso, c’è Jannik Sinner che incanta tutti anche quando piove e tiene l’ombrello a una di quelle ragazze addette al cambio di campo. Sinner oggi è il tennis italiano e mondiale. Sì stanotte ha perso. Ma ne aveva vinte diciannove di fila. Ha vinto la Coppa Davis annullando tre match-point a Djokovic, ha riportato l’Italia a conquistare un grande slam. Non c’è bisogno di dilungarsi.

Berrettini lotta contro tennisti della seconda cerchia

Matteo invece se ne sta lì su quel campo periferico, contro avversari il cui nome è sconosciuto a chi non sia un nerd della racchetta: Cazaux, Atmane, Vukic. Tennisti della seconda cerchia, rognosi da battere, che giocano per la gloria ma anche e soprattutto per i soldi. Si guadagnano il pane sul campo da tennis. Lui sta lì a fronteggiarli perché è un nobile decaduto. Ha attraversato la gloria, la fama, ha subito mille infortuni ma soprattutto l’invidia, la pesante invidia perché ha osato innamorarsi di una donna bella e famosa. Nel suo sguardo alla cerimonia della Coppa Davis c’era tutto: l’imbarazzo di trovarsi lì sapendo di non averlo meritato. Sinner per lui ha sempre, sempre, speso parole di conforto e di amicizia. Parole dense di rispetto.

Su quel campo sperduto, Berrettini lotta senza pensare al passato e a quel che accade nel tennis che conta. Sa che c’è uno e un solo modo per rientrare, ed è quello di attraversare la cayenna e superarla. E così batte Cazaux dopo aver perso il primo set ed essersi trovato sotto 5-3 al terzo. Poi batte un altro francese, Atmane, un mancino molto insidioso, che si aggiudica il primo set. Matteo va due volte al tie-break e li vince tutti e due. La seconda 8-6. Sempre aggrappandosi al servizio. Che continua a far paura visto che, quando batte, l’avversario indietreggia al punto da scomparire dall’inquadratura.

Come nei tornei amatoriali, gioca dopo due ore

Come nei tornei amatoriali, come nei tornei Fit dove l’organizzatore ti dice: “se vinci giochi dopo un’ora, se non ti sta bene te ne vai a casa non abbiamo tempo da perdere», Berrettini va in campo due ore dopo per la semifinale. “Appena finiscono, giochi tu”. Sono lontani i tempi in cui poteva trattare e finanche decidere orari e campi di gioco. Ed eccolo lì. Entra in campo mentre Sinner e Alcaraz stanno giocando il tennis vero. Con Bill Gates in tribuna. Mica quella signora annoiata che sbadiglia e guarda il telefonino al fianco del marito.

Gioca contro Vukic. E anche qui va due volte al tie-break. E per due volte lo vince. Lasciando sempre l’avversario a due. È in finale. Se la vedrà stasera (ore 22 italiane) con Nuno Borges numero 60 al mondo.

A fine partita, nel consueto discorso di fine match, ha detto:

«Ho fatto un grande lavoro in questi sette mesi in cui non ho potuto giocare. Sono passato attraverso tanti momenti tristi e penso che è proprio questo che mi ha fatto trovare le energie oggi. Ora mi sto semplicemente godendo il fatto di stare sul campo. So che potrei giocare meglio di così, ma non importa, contava lottare e giocare per voi che siate stati incredibili fin dal primo giorno. Ora sono in finale, ma un passo alla volta, sono molto felice. Penso che la mia mentalità sia stata la chiave oggi per vincere, per superare… Scusatemi, sono così stanco Sono davvero molto felice, adesso c’è bisogno di un ultimo passo». Poi ce ne vorranno altri ma intanto Matteo ha ripreso a camminare.

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