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Krol:«Quando Juliano mi portò a Napoli, capii subito che aveva la testa dura»

A Radio Kiss Kiss: «All’epoca l’Italia non era aperta tanto agli stranieri, ma Antonio mi diceva sempre che io ero il suo primo acquisto. Per me fu un grande onore giocare per lui ed avere la sua amicizia »

Krol:«Quando Juliano mi portò a Napoli, capii subito che aveva la testa dura»

Krol:«Quando Juliano mi portò a Napoli, capii subito che aveva la testa dura»

Ruud Krol, ex calciatore del Napoli, è intervenuto ai microfoni di Radio Kiss Kiss, parlando della scomparsa di Antonio Juliano, ex calciatore e dirigente sportivo, che ha legato la sua carriera al Napoli.

«Condoglianze alla famiglia di Juliano, è un momento molto duro ma la vita è così. Antonio è stato un grande avversario ed un grande direttore sportivo, è un giorno triste. Quando Juliano mi portò a Napoli capii subito che aveva la testa dura. All’epoca l’Italia non era aperta tanto agli stranieri, ma Antonio mi diceva sempre che io ero il suo primo acquisto. Venne a Vancouver all’aeroporto e mi convinse ad accettare il Napoli, e per me fu un grande onore giocare per lui ed avere la sua amicizia. Per me resterà sempre un grandissimo amico ed una grandissima persona»

Anche l’ex presidente del Napoli Corrado Ferlaino ricorda la scomparsa di Juliano:

Al Tg Regione Campania ha detto:

«Era un giocatore molto attaccato al Napoli, ha dato l’anima. Come dirigente, io mi fidavo molto di lui; siccome stavo sottraendo troppo tempo al mio lavoro, ho pregato Juliano di fare le mie veci».

IL RICORDO DELL’EX CAPITANO DEL NAPOLI QUANDO FECE 70 ANNI:

Ecco la storia di un napoletano nato due volte. In piena guerra. Fra la fine del 1942 e l’inizio del 1943. Tempi confusi, tempi di orrori. Il 4 dicembre 1942 Napoli subì il primo di cento devastanti bombardamenti. Alle 16,45 gli aerei americani sbucarono da Capri e rovesciarono sulla città il loro carico di bombe. I morti furono 359, i feriti più di trecento. Due tram furono colpiti in pieno. Nel porto saltò in aria l’incrociatore “Muzio Attendolo”.Fra lo strepito delle sirene e le corse nei rifugi antiaerei, grotte e cavità, non si viveva più. Tutto divenne assurdo, precario, difficile, mostruoso. Totonno Juliano è cresciuto nel rispetto delle regole e degli affetti che sono stati il patrimonio umano e civile delle famiglie napoletane del ceto umile nel dopoguerra. Legami solidi e concreti che, in quegli anni difficili, hanno prodotto una generazione di napoletani esemplari. Alla base del successo di calciatore di Juliano c’è questo retroterra che ne illumina, e ne ha esaltato, il carattere e la fortuna. Anche nel mondo fatuo e stralunato del calcio, Juliano è rimasto fedele alle sue origini solide diventando prima di tutto un campione di serietà e dedizione. Un napoletano atipico, lo descrisse Antonio Ghirelli, perché contraddiceva lo stereotipo del napoletano chiassoso, ruffiano, facilone e sentimentale.

Col Napoli vinse la Coppa Italia del 1976. “All’Olimpico di Roma battemmo in finale il Verona allenato da Valcareggi. Vincemmo nell’ultimo quarto d’ora dopo avere dominato. Sugli spalti fu un trionfo di bandiere azzurre. Ricordo l’Autostrada del Sole al ritorno. Noi sul pullman della società e centinaia di auto di tifosi che ci scortavano. L’ingresso in via Marina, dove c’era una gran folla di tifosi che ci aspettava, fu un autentico trionfo”. Ricorda ancora: “Gli anni più belli del Napoli furono quelli con Vinicio allenatore. Andammo a sfidare la Juventus per lo scudetto. Ferlaino aveva ceduto Zoff e Altafini al club bianconero. Ci castigarono proprio loro due. Fu l’occasione in cui avrei potuto segnare due gol e sarebbe stato scudetto. Battei Zoff con un tiro di esterno destro da fuori area che finì nell’angolino. Pareggiammo così il gol di Causio. Poi un tiro all’incrocio dei pali ancora da fuori area che Dino volò a parare. Altafini a due minuti dalla fine ci condannò”.

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