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I primi due scudetti del Napoli: in mostra ad Alfedena le foto delle feste e di un’altra epoca

Dal 29 luglio, in occasione del ritiro a Castel di Sangro: con foto, tra gli altri, di Mario Siano, Press Photo, Gianni Fiorito, Mario Laporta, Lanzetta, Toty Ruggieri

I primi due scudetti del Napoli: in mostra ad Alfedena le foto delle feste e di un’altra epoca

È in programma ad Alfedena, piccolo borgo abruzzese e porta meridionale del Parco Nazionale d’Abruzzo, a due passi dal ritiro estivo della SSC Calcio Napoli, la mostra fotografica “Num’mbort addò si stato”, organizzata da Sali d’Argento con il Comune di Alfedena. Nei suggestivi fondaci di Palazzo De Amicis, dal 29 luglio al 3 settembre 2023, con una installazione site specific, prende vita una retrospettiva con la quale il curatore Gaetano Di Filippo intende offrire un omaggio alla memoria dei festeggiamenti per i primi due scudetti della squadra di calcio del Napoli, attraverso lo sguardo di alcuni importanti fotografi napoletani.

La stagione calcistica 2022 – 23 ha riportato a Napoli il titolo di Campione d’Italia, per merito di una squadra fenomenale che ha lasciato indietro tutte le concorrenti con un distacco che l’ha collocata su un piano notevolmente superiore. E così, con qualche impasse momentanea e con largo anticipo sulla fine del campionato, si sono preparati i lunghi e densi festeggiamenti che hanno accompagnato la squadra campione nel ventre della città, accolta nel modo in cui solo Napoli e i napoletani sono forse capaci di fare.

Nel corso dei notiziari che riferivano della partecipazione popolare, ciò che colpiva profondamente l’ immaginazione è stata la partecipazione dei giovani napoletani, non solo quelli che abitano la città ma anche e soprattutto quelli costretti ad andarsene e a emigrare, che sono tornati da ogni parte del mondo con intensa passione e che lo hanno voluto fare ad ogni costo anche perché non avevano memoria – perché troppo giovani o non ancora venuti al mondo – di ciò che era accaduto nel 1987 e nel 1990, per di più con un protagonista d’eccezione come Diego Armando Maradona, icona assoluta del calcio del XX secolo.

E dunque ecco il motivo di questa ricerca tra le immagini di quegli anni: ritrovare la memoria dei fatti e delle emozioni di quei momenti, di quei primi due scudetti che portavano a Napoli una gioia popolare nuova e mai provata prima e che per un momento, breve e intenso, fecero dimenticare alla città i suoi aspetti più problematici e dolorosi, in un’Italia che usciva da almeno due decenni critici e fortemente drammatici – a Napoli in particolare – dal punto di vista sociale, politico, del lavoro, della criminalità organizzata e delle sue connessioni.

Attraverso gli occhi dei fotografi napoletani, vale a dire gli archivi delle agenzie FotoSud, di cui facevano parte Mario Siano, Giacomo Di Laurenzio, Antonio Troncone e Guglielmo Esposito, PhotoSud, e Press Photo dove operavano Gaetano Castanò, Franco Castanò e Franco Esse e dei fotografi Mario Laporta – al quale va il merito e il ringraziamento per aver aderito immediatamente al progetto, diventandone parte attiva – Gianni Fiorito, Oreste Lanzetta e Toty Ruggieri, abbiamo tutti noi, spettatori postumi, la possibilità di ritrovare la nostra memoria di quei giorni e di connettere i racconti di chi c’era al linguaggio preciso dell’immagine fotografica di cronaca e del fotogiornalismo, un linguaggio forte – allora ancora estraneo ai ritmi forzati dell’informazione contemporanea – che rende immagini nitide e profonde, fuori dallo streaming forsennato al quale oggi siamo tutti più o meno passivamente abituati.

Coltivare la memoria è una delle funzioni fondamentali della fotografia, in particolare di quella definita, a torto o a ragione, fotografia umanista, che ci parla, nel modo che la contraddistingue, della relazione che l’essere umano intrattiene con il proprio tempo e con il mondo che lo circonda, attraverso la potenza di immagini che vanno oltre la semplice documentazione dei fatti e che legano al proprio vissuto chi le osserva o lo rimandano alla stessa emozione dell’evento, nonostante l’impossibilità di esserci stato. Ed è soprattutto a chi non c’era che questa mostra è dedicata, perché possa vivere attraverso queste fotografie ciò che non ha potuto osservare direttamente e che fa comunque indissolubilmente parte del suo retroterra sociale, culturale e identitario.

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