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Rublev: «A Madrid mi hanno fatto l’anestesia al dito del piede per permettermi di giocare»

A “Marca”: «Non riuscivo nemmeno a mettermi la scarpa. La sensazione è quella di quando di rompi un dito. Il mio corpo è imbottito di farmaci»

Rublev: «A Madrid mi hanno fatto l’anestesia al dito del piede per permettermi di giocare»

Rublev è il vincitore del torneo di Madrid, un torneo che sembra sia stato maledetto visto la quantità di ritiri per infortunio. Lo stesso Rublev non è stato benissimo, tanto che in finale si è trovato subito sotto 4-1 nel primo set.

Lo ha raccontato il tennista russo in un’intervista a “Marca“.

«È stato dopo il 4-1 che mi sono sentito un po’ meglio e ho potuto iniziare a colpire la palla».

Hai ringraziato i medici del torneo per il loro lavoro. Puoi spiegare cosa ti è successo?

«Mi hanno fatto l’anestesia al dito del piede per permettermi di giocare. Era così gonfio che non riuscivo nemmeno a mettermi la scarpa e l’infiammazione premeva sull’osso. La sensazione era la stessa di quando ti rompi un dito. Pertanto, ho giocato senza pensare».

Rublev: «Non mi sono mai sentito così male in vita mia»

Quindi anche tu sei stato malato?

«Lo sono stato e lo sono tuttora. Lunedì andrò in ospedale a Madrid per vedere cosa ho che non va. Le mie condizioni non sono migliorate da nove giorni e non è normale. Quando mi ammalo dura tre o quattro giorni, non di più. Non mi sono mai sentito così male in vita mia. Solo che non so se è mal di gola o altro. L’unica cosa che posso dire è che non riesco a deglutire perché ho la gola gonfia. Non posso mangiare. Ho vinto grazie alle iniezioni. Il mio corpo è imbottito di farmaci».

Consideri la vittoria un miracolo?

«Sì, un miracolo. Normalmente sono un ragazzo negativo, ma questa volta sono molto orgoglioso di me stesso».

Hai sottolineato dopo ogni partita quanto eri calmo. Come hai controllato il tuo carattere forte?

«Beh, perché ero malato e non avevo l’energia per fare altro che una cosa, che in questo caso era giocare a tennis. Essere malato posso dire che mi ha aiutato in qualche modo».

 

 

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