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Al Pompeii Theatrum Mundi Medea e la forza del potere femminile

Stasera, 2 luglio, alle ore 21, la replica al Teatro Grande di Pompei. Per una serata memorabile

Al Pompeii Theatrum Mundi Medea e la forza del potere femminile
Ph. Ballarino

A Pompei mancava da anni una compagnia del livello della prima serata della “Medea”, nella produzione dell’Istituto italiano del dramma antico. Si inizia con il fantastico prologo delle voci bianche – musiche originali della compositrice romana, la fuoriclasse Silvia Colasanti – del Teatro dell’Opera di Roma – diretti da Giuseppe Sabbatini e Carlo Donadio-, e quando l’ancestrale Medea (la mattatrice attrice milanese Laura Marinoni) entra sul proscenio della cavea è ben chiaro al pubblico della sesta edizione della sesta edizione del Pompeii Theatrum Mundi – produzione Teatro Stabile partenopeo – che sarà una serata memorabile.

Dalla Colchide, questa figlia del Sole e della Terra, per la la passione “che è la causa di ogni grande sciagura della storia” ha sposato uno straniero, Giasone (Alessandro Averone), ed è giunta – dopo l’uccisione di Peleo – a Corinto, dopo avere varcato le rocce gemelle. Qui come è noto – bella la traduzione euripidea, classica, di Massimo Fusillo; regia asciutta di Federico Tiezzi  – Giasone abbandona il tetto coniugale e vuole convolare a nuove nozze con la figlia del re del luogo Creonte (Roberto Latini).

Nel perfetto giuoco del coro delle donne di Corinto con il contrappunto riassuntivo della nutrice (Debora Zuin) si accende la disputa secolare tra donna tradita ed il marito calcolatore ed infedele fino all’extrema ratio dell’uccisione dei figli della coppia. Degno di nota il monologo del nunzio (Sandra Toffolatti) che raccontando della morte della figlia e del padre Creonte s’innalza agli applausi dell’attento pubblico. Eppoi – “dopo quest’orrore che altro orrore?” -la resa dei conti tra il marito e la moglie (“io sono una donna”).

Medea simbolo della prima migrante della storia, che mette l’uno contro l’altra la barbara e la legge greca? Forse, ma un po’ troppo forzato come significato. A nostro parere Euripide ha voluto raccontarci la forza del potere femminile come selvaggia nemesi dei patti sponsali non rispettati nel letto. I figli? Pagano perché simbolo di questo patto.

Medea è il trionfo della letteralità di vita che uccide qualsiasi altro assunto.

Un plauso finale va alla funzionale scenografia (Marco Rossi), ai costumi policromi (Giovanna Buzzi), alle luci ombrose (Gianni Pollini). Ed ancora: il direttore di scena (Nanni Ragusa). Ma dovremmo citare tutti: Francesca Della Monica (direttrice del coro), l’arrangiatore suoni e voci (Ernani Maletta).

Non ci stupiremo un giorno di sapere che un componente del coro di stasera è divenuto primo attore. Stasera 2 luglio – ore 21 – replica al Teatro Grande di Pompei.

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