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Sinner, il preparatore atletico: «È un atleta dotato, ma soffre molto il lavoro in palestra»

A Repubblica: «Sinner gioca benissimo a calcio ed è molto coordinato, nonostante l’altezza».

Sinner, il preparatore atletico: «È un atleta dotato, ma soffre molto il lavoro in palestra»
2021 archivio Image Sport / Sport / Tennis / Jannik Sinner / foto Imago/Image Sport

La Repubblica ha intervistato Umberto Ferrara, uno dei quattro preparatori di Jannik Sinner che si occupa dell’attività fisica. Gli è stato chiesto cosa si aspettasse dal giovane tennista quando è entrato nello staff:

«C’era Simone Vagnozzi che conoscevo bene. Jannik lo avevo visto a Bordighera, quando era arrivato da ragazzino. Io ero all’ultimo anno lì, è stato solo un incrocio. Non sapevo proprio che persona fosse. Avevo l’idea che fosse un lavoratore, mi piaceva anche che mi sembrasse un ragazzo molto serio, saggio».

Jannik ha tenuto fede alle aspettative?

«Sì. L’idea che avevo si è rivelata corretta, Jannik è esattamente quello che mostra: una persona cui piace essere un tennista. Gli piace stare in campo, mettersi a disposizione».

Dal punto di vista atletico, Sinner non si presentava già completo:

«C’era del bel materiale sui cui lavorare. Avevo di fronte un ragazzo longilineo, di circa due metri e abbastanza magro. Forse da potenziare muscolarmente».

Ha incontrato difficoltà?

«Semplicemente il fatto di essere entrato in corso d’opera. L’obiettivo immediato è stato il recupero dagli infortuni. Poi, pian piano abbiamo cominciato a lavorare tenendo presente che la stagione agonistica era in pieno svolgimento. C’è il tennista che ha bisogno di un programma basato più sulla forza, però magari finisce sovrappeso. Un punto cruciale poi è il recupero. Il tennis ci insegna che più si va avanti e più è fondamentale: recupero fisico, alimentazione, riposo supplementare».

Su cosa piace fare a Sinner in allenamento, Ferrara ha risposto:

«Giocare a tennis, soprattutto. Molto meno invece la roba mia: io sono l’antipatico del gruppo e il suo “torturatore”. La cosa bella di Jannik è che è un ragazzo molto intelligente, serio. Si rende conto che se anche la veduta dalla mia finestra non è la più bella, è però quello che gli serve e quindi alla fine, obtorto collo, lavora sodo».

Su quali sono gli esercizi che soffre di più, ha commentato:

«Forza, pesi, banalmente tutto ciò che riguarda la palestra, ma anche il lavoro in campo ad alta intensità: per lui essere in un campo da tennis e non avere una racchetta in mano è come fargli una violenza».

Ma Sinner lo avete “scannerizzato”? Ha qualcosa di innato, un Dna particolare?

«No, qui analisi non sono state fatte, lui si deve allenare da giocatore di  tennis. Geneticamente è un atleta dotato. Poi è versatile e talentuoso: gioca benissimo a calcio ed è molto coordinato, nonostante l’altezza».

Su come si prevengono gli infortuni:

«Nel tennis abbiamo movimenti davvero contro natura. Ci sono atleti che decidono di non giocare certi tornei perché hanno bisogno di recuperare, e torniamo al discorso di prima: alimentazione, sonno. E strategie come la crioterapia, vasca del ghiaccio, massaggi, osteopatia. Un aspetto cui Jannik non aveva dato importanza, e che invece adesso riveste priorità».

Cosa sacrifica Sinner?

«I dolci. Per lui, che è goloso, questo è un pochino faticoso. Meno male che è magro come un chiodo. Ma è chiaro che non siamo integralisti e ogni tanto un gelato, un dolce può starci. Bisogna anche essere elastici, il famoso sgarro ci sta e serve: bisogna gratificare anche il cervello, da cui parte tutto».

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