Leo sta diventando se stesso, a suo agio nella propria pelle e nel proprio stile. Si sta liberando da un peso che per lui è stato più un ostacolo che un’ispirazione
Leo Messi non sta diventando Maradona, sta semplicemente diventando se stesso. Lo scrive Marcela Mora y Araujo sul Guardian. Oggi si gioca Argentina-Francia, finale del Mondiale.
“La voce unanime, dopo l’aspra battaglia nei quarti di finale contro l’Olanda, è stata che Messi si fosse davvero “maradonizzato”. In tanti, tra stampa argentina e internazionale, hanno detto che “ha trovato il suo Diego interiore” o che “è stato posseduto da Maradona”. Questa percezione è stata innescata da una serie di reazioni apparentemente fuori dal comune di Messi durante e dopo quella partita. Si è scagliato contro l’arbitro, ha perso la calma e ha insultato l’attaccante olandese Wout Weghorst durante la sua intervista post partita: “Cosa guardi stupido? Vai via”. La mia opinione è che Messi non stia diventando Maradona; quello che stiamo vedendo è Messi che diventa se stesso. Sempre più a suo agio nella propria pelle, più assertivo nella propria personalità unica, più a suo agio nel proprio stile di leadership“.
La giornalista racconta di quando intervistò Messi nel 2009. Scoprì allora che Messi “odia perdere a tutto, giochi di carte, dadi. Qualsiasi cosa”.
“Allora mi disse che per molto tempo da ragazzo non si era reso conto di quanto fosse bravo a calcio perché sospettava segretamente che i suoi fratelli maggiori e i loro compagni lo lasciassero vincere di proposito – per evitare i suoi capricci se avesse perso”.
Anche i suoi compagni di squadra, in un documentario trasmesso su Netflix, rivelano, tra le altre cose,
“una certa paura che condividono tutti di far arrabbiare Messi. Quindi le sue manifestazioni di rabbia e frustrazione non sono nuove. Il suo “sfogo” contro l’Olanda, i giocatori e l’allenatore, non solo non è alla Maradona, ma è anche molto in linea con il vero Messi“.
Il Guardian continua:
“Anche la sua scelta di insulto è teneramente infantile: “Vattene, sciocco””.
“Maradona sarebbe stato più brutale, magari inventando un nuovo insulto appositamente per Weghorst; sicuramente utilizzando imprecazioni e volgarità con più mordente. Messi conserva un’innocenza infantile nel suo uso del linguaggio, che è sempre semplice ed essenziale, e in netto contrasto con l’inventiva di Maradona”.
Come quando ha passato la palla a Molina.
“ha bisogno di operare in collaborazione con il resto della squadra. Non può farcela da solo. E questa è la principale differenza tra Messi e Maradona. Maradona, per quanto bravo giocatore di squadra, ha portato il peso per tutti. Il piano era portargli la palla e Maradona avrebbe risolto il problema. Messi non può sopportare il peso degli altri: deve far parte di un’unità più grande. Ha bisogno che Molina gli “trasmetta” dove sarà , quindi non è necessario “vedere” Molina, ma piuttosto “sapere” cosa farà il suo compagno di squadra”.
Contro la Croazia, Messi ci ha deliziati ancora una volta con questa capacità apparentemente sensoriale di anticipare dove Julián Álvarez sarebbe stato pronto a ricevere il suo passaggio per il terzo posto dell’Argentina.
Partita dopo partita, in questo Mondiale, continua il quotidiano inglese, abbiamo visto Messi crescere.
“Sta trovando conforto nell’essere quello che è in un gruppo che lo capisce, e diversamente dal più taciturno Messi del passato, che forse sentiva il bisogno di vincolare la sua vera essenza (forse perché è difficile da capire, perché si discosta abbastanza da come ci aspettiamo che siano le persone), ora è più assertivo nel mostrare il suo vero io. Bisogna resistere alla tentazione di pensare che stia diventando più simile a Maradona. Il peso e l’onere di riempire quelle scarpe è stato più un ostacolo che un’ispirazione per Messi. Questo personaggio che presenta adesso è più libero; è come la liberazione di Messi. L’inno nazionale (che è stato criticato per non aver cantato per molti anni) si apre con le parole: “Ascoltate, mortali, è il suono delle catene che si spezzano”. Messi è come un figlio che cresce sano e ora sta segnando limiti e confini, imponendo il distacco da Maradona. Con pacata maturità annuisce sempre in direzione del Grande Diego, ma allo stesso tempo ne prende le distanze. Dicendo: “Diego sta vegliando su di noi” o: “Facciamo questo per Diego”, si riferisce alla divinità del calcio argentino e allo stesso tempo lo nomina come un altro, rimanendo così molto se stesso. Chiamare Maradona è un modo per prendere le distanze da lui”.