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Osimhen e Kvara: nella Serie A delle vecchie glorie, il Napoli ha due attaccanti da Premier

Nessuno ha due portenti così. Victor spesso bersagliato dai tifosi: “non sa stoppare il pallone”, “non è decisivo nei big match”

Osimhen e Kvara: nella Serie A delle vecchie glorie, il Napoli ha due attaccanti da Premier
As Napoli 29/10/2022 - campionato di calcio serie A / Napoli-Sassuolo / foto Antonello Sammarco/Image Sport nella foto: esultanza gol Victor Osimhen

«Non sa stoppare la palla». È una delle critiche più frequenti che si sentivano a Napoli su Victor Osimhen. Esatto, Osimhen. Che, per l’informazione, è uno che quest’anno, in Serie A, segna o fa segnare gol ogni 72 minuti. Per la precisione: 8 gol e 2 assist in 9 presenze. Osimhen, sì. Lo stesso che l’anno scorso – nonostante si sia letteralmente sfasciato il viso – ha siglato una rete o un passaggio vincente per ogni 100 minuti giocati. Otto dei gol della stagione passata li ha segnati di testa.

Osimhen è uno che, insomma, ha numeri che di normale hanno ben poco. A Napoli è sempre tutto un «sì, ma», pur di non riconoscere la bravura di chi è andato a prenderlo. O forse per quel disturbo evidente della personalità cui abbiamo fatto riferimento anche riguardo a Meret. Sta di fatto che tra Napoli e il nigeriano non c’è mai stata la luna di miele descritta da alcuni giornali. È stato un calciatore fortemente criticato, sin da quando prese “irresponsabilmente” il Covid in Nigeria al primo anno. Criticato perché “troppo irruento”, “troppo arruffone”, forse perché poco avvezzo al tiki taka, che da queste parti sin dai tempi di Sarri è considerato l’unico modo possibile di giocare a calcio. Se ne potrebbero trovare di ogni.

L’ultima delle favole che lo accompagnava era che fosse poco decisivo quando contava. Nelle partite importanti. Un pezzo consistente dell’opinione pubblica, prevalentemente locale, iniziò – a un certo punto di questa stagione – addirittura a pontificare su una ipotetica dannosità del suo rientro in una squadra che, con Simeone e Raspadori, aveva dimostrato di essere ugualmente devastante. E così è partito tutto un ritornello secondo cui Simeone aveva fatto gol al Milan e Raspadori all’Ajax, mentre Osimhen «i big match se li guarda».

Poi, per fortuna, come sempre, c’è il campo. Che tanto per cambiare ha detto esattamente il contrario, e cioè che il nigeriano è nel pieno di un’esplosione che potrebbe renderlo uno dei centravanti più forti d’Europa nel giro di poco, pochissimo tempo. Con la Roma e con l’Atalanta – al di là delle tre pappine al Sassuolo – è salito in cattedra, ha dimostrato che può decidere le partite da solo.

Il gol coi giallorossi non è esattamente il gol di uno che non sa colpire il pallone. È tutto il contrario: un gol alla Careca. Un destro di controbalzo che – ha ragione Mourinho – ha sbloccato una partita che poteva finire 0-0. Sì, poteva finire 0-0 perché il fatto che la Roma non abbia fatto un tiro in porta non significa nulla: il portoghese s’era prodigato nella nobile arte di misurarsi la palla e stava per riuscire nel suo intento. Osimhen ha deciso di no e s’è inventato un gol celestiale. Cosa fanno i campioni, se non questo?

E cosa fanno, i campioni, se non fanno quello che Victor ha fatto una settimana dopo contro l’Atalanta? Il Napoli perdeva, il fallo di mano l’aveva fatto lui. Poi prima è volato a un paio di metri da terra per colpire di testa un cioccolatino di Zielinski (è un gol che ci vuole un’elevazione importante per fare) e poi ha bullizzato Demiral come aveva fatto con Smalling per mettere Elmas davanti alla porta. Gioco, partita, incontro. Nel giorno in cui il Napoli deve fare a meno di Kvaratskhelia.

Già, perché se è vero che la forza del Napoli è il collettivismo di Spalletti che sta dimostrando che si può fare a meno di chiunque, è pur vero che nessun altro in Serie A ha due attaccanti come Kvaratskhelia e Osimhen. In un reparto dove nel nostro campionato anche le big si accontentano delle scartine della Premier (Origi, lo stesso Lukaku) o, al meglio, di qualche vecchia gloria a fine carriera, il Napoli ha non uno ma DUE giocatori portentosi, un classe 1998 e un classe 2001, che in Premier (nel City, nel Liverpool, nel Manchester United) potrebbero giocarci e da protagonisti. L’Inter ha Lautaro e il Milan ha Leao, vero; diciamo pure che la Juve ha Vlahovic sebbene sia un po’ in crisi e l’obbligo di ritrovare Chiesa. Nessuno, però, ad oggi, ne ha due di attaccanti capaci di fare la differenza, di invertire il corso della partita quando gli pare e piace. Quando non c’era Osimhen l’ha fatto Kvaratskhelia. Quando non c’è Kvaratskhelia, lo fa senza problemi Osimhen. Oltre al collettivo, ci sono due campioni. Ed è solo uno dei motivi per cui quest’anno – al di là della scaramanzia – può essere davvero l’anno buono.

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