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Il coach di Jacobs: «Quando corre sa utilizzare il sentimento più potente, l’amore»

Paolo Camossi a Specchio: «Ha un carattere incredibile. Un difetto? Nella vita è sempre in ritardo, in pista mai. Ed è troppo buono».

Il coach di Jacobs: «Quando corre sa utilizzare il sentimento più potente, l’amore»
Tokyo (Giappone) 06/08/2021 - Atletica Leggera staffetta 4x100 mt / Olimpiadi Tokyo 2020 / foto Imago/Image Sport nella foto: Marcell Jacobs

Il coach di Marcell Jacobs, Paolo Camossi, ha rilasciato un’intervista a Specchio. Camossi è un ex triplista, campione
del mondo indoor nel 2001.

La prima volta che ha visto Jacobs?

«A Gorizia, nel 2012, ho lavorato con lui una settimana. Aveva i capelli da Napo Orso Capo, tutto dinoccolato, con una tuta fuori taglia. Era appena entrato in Polizia. Abbiamo giocato a baseball».

La prima volta che lo ha allenato sul serio?

«Ottobre 2015. Ho visto una forza della natura. Il mio ex allenatore mi mise subito pressione “Paolo, attento, hai un diamante fra le mani”».

Che cosa ha di speciale Jacobs?

«Il carattere. La capacità di mettersi in gioco e un livello di concentrazione impressionante».

Jacobs, dice, gareggia con il sorriso.

«Lui sa utilizzare il sentimento più potente, l’amore. Io guardavo l’avversario e, mi vergogno a dirlo, cercavo di umiliarlo. Ricordo una prova di Marcell a Glasgow con salti bellissimi e nulli, l’allora presidente della Fidal, Giomi, mi consolò così, “dovresti trasmettergli un po’ della carica agonistica che avevi tu”. Ho pensato “Speriamo di no”».

L’atletica azzurra è un sistema o un insieme di singoli?

«A oggi un insieme di singoli, ma il one man show non esiste più. Marcell ha una squadra e fa gruppo. La competizione di oggi ci chiede di allargare l’orizzonte. In Italia forse siamo ancora troppo edonisti, tutti vogliono apparire, ma solo chi gareggia ha l’occhio di bue addosso. Se si accetta questa logica si può collaborare di più».

Un difetto Jacobs ce l’ha?

«Nella vita è sempre in ritardo, in pista mai. Ed è troppo buono. A volte è un difetto. Lui è così buono che rischia di perdere la barra della sua barca».

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