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Labriola: «Impenno con la bici, sono tatuato, mia madre era centralinista. Ora sono l’ad di Tim»

Intervistona a Repubblica: «A otto anni avevo le chiavi di casa e cucinavo. Le persone non si valutano per come sono, ma per i risultati che portano»

Labriola: «Impenno con la bici, sono tatuato, mia madre era centralinista. Ora sono l’ad di Tim»

L’amministratore delegato di Tim, Pietro Labriola, 54 anni, ha rilasciato un’intervista a d Lui che oggi è su La Repubblica. Ne viene fuori il ritratto di un uomo particolarissimo, molto diverso dai soliti manager d’azienda che siamo abituati a conoscere.

«Gli amici del calcio mi chiamavano “polmone umano”, per la mia capacità di andare avanti e indietro per il campo per 90 minuti. A Rio de Janeiro, quando ero amministratore delegato di Tim Brasile, correvo la domenica sull’Avenida Oceanica, nei momenti migliori facevo 10 chilometri in 46 minuti, quei poveretti della scorta impazzivano a starmi dietro. Sono un agonista e a farmi superare non ci sto».

Corre ancora.

«Tre volte la settimana, vado in palestra e poi nuoto. Per fare il mio lavoro 14 ore al giorno ci vuole il fisico. Devi buttare fuori lo stress».

Appassionato di motociclismo e di calcio. Tifa Inter.

«La moto è meglio che non la compri, mi schianterei. Faccio le impennate pure con la mountain bike, figuriamoci. La mia più grande gioia sportiva è stata quando la Bari, squadra della mia città, arrivò in serie A».

Abituato ad essere indipendente sin da piccolo, perché la madre era centralinista in Telecom.

«Sì, rispondeva al servizio 1012. La vedevo molto poco, faceva orari che non combaciavano con le esigenze della scuola. Turni a Natale e Capodanno. A otto anni avevo le chiavi di casa. Passavo a prendere mio fratello, di tre anni più piccolo, e mi mettevo a cucinare».

Come è stato trasferirsi da Bari a Milano?

«In metropolitana mi sentivo l’unico a colori in un mondo in bianco e nero. Ma sapevo che se fossi rimasto a Bari oltre i 35 anni, poi sarebbe stato impossibile muovermi e mi sarei adagiato come molti. Non faceva per me».

Tante le idee che Tim deve a lui. Ad esempio Alice adsl.

«L’idea di un nome femminile la ebbe Maurizio Costanzo. Avevamo fatto una ricerca sui 10 nomi di bambina che gli italiani stavano dando di più alle loro figlie. Poi inventai Aladino, il telefono che fa il telefonino e Rosso Alice, che lanciava in diretta le partite di Serie A».

Ora cerca di sponsorizzare il Jova Beach Party.

«Jovanotti è trasversale e intergenerazionale. Esattamente quello che cerchiamo noi, dovendo intercettare dagli adolescenti agli anziani. Sono così anche i Måneskin, che mia madre adora. Credo molto nel coinvolgimento dei giovani. Per questo ho deciso che sarà un sondaggio tra i figli dei dipendenti Tim a indicarci quali tariffe e servizi pensare per loro».

E racconta la sua prima riunione in Tim.

«Entrai nella stanza e per cinque minuti restammo in silenzio. Allora domandai: “Chi aspettiamo?”. Mi risposero: “Il Dottor Labriola”. “Sono io”. Avevo 33 anni, pieno di grinta e ambizione. I tatuaggi li ho fatti dopo, come opere d’arte sulla mia pelle. Il peccato di gioventù è stato l’orecchino a 16 anni. È vero che l’idea di una persona te la fai dall’apparenza nei primi due minuti di conversazione, ma a me è sempre piaciuto marcare la differenza. Dobbiamo valutare le persone non per il loro modo di essere, ma per i risultati che portano».

 

 

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