È tornata a ragionare da Atalanta d’Europa. I sogni di grandeur l’hanno portata sul ciglio del burrone. Dybala non è un grande giocatore, non vale i soldi che guadagna
Il momento in cui è cominciato il declino della Juventus, ha una fotografia ben precisa: l’acquisto di Cristiano Ronaldo. Il momento in cui Andrea Agnelli abbandona definitivamente la strada finanziariamente virtuosa – già messa a dura prova dal pacco Higuain per 90 milioni – per imboccare quella accidentata delle spese folli e non sostenibili. Una decisione che probabilmente fu presa sull’onda di due spinte: quella del progetto Superlega, che nei piani di Agnelli sarebbe nata nel giro due-tre anni; e quella dell’orgoglio ferito da due finali di Champions perdute e dall’eliminazione al Bernabeu, quella della spazzatura al posto del cuore.
Un acquisto, quello di Ronaldo, che si rivelò un totale rinnegamento della storia del club. Nei fatti, la Juventus è quasi sempre stata l’Atalanta d’Europa. Anche nei tempi migliori. Platini fu pagato poche lire. Toccò vendere Zidane per procedere agli acquisti di Nedved, Thuram e Buffon. E l’architrave delle squadre era sempre costituito dai brutti sporchi e cattivi: che fossero Furino, Bonini, Di Livio, Conte, Montero, Torricelli, anche Ravanelli, la cifra era quella.
E anche più di recente. Pogba fu un irripetibile regalo di Mino Raiola che fece lo sgarbo della vita a Ferguson. Pirlo venne preso a parametro zero grazie a un Milan in cui, in maniera fin troppo evidente, cominciavano ad avvertirsi le conseguenze del declino berlusconiano: quando era lucido, il Cavaliere diede il benservito a Sacchi per tenersi Van Basten; anni dopo, tra Allegri e Pirlo si tenne Allegri. A completare il centrocampo c’era Marchisio prodotto del vivaio.
È con la Juventus sostenibile che fu raggiunta la prima finale di Champions della presidenza Agnelli. Marotta aveva trovato la strada dei parametri zero. Calciatori altrove considerati finiti, che invece avevano ancora parecchio da dire. Come ad esempio Khedira. Sufficienti per vincere in Italia e comunque per competere in Europa.
I primi scricchiolii si ebbero con l’estate di Pjanic e Higuain. Che comunque portarono uno scudetto e una finale di Champions. Ma era cambiato lo sguardo della Juventus. Si era introdotto il germe della grandeur. La Juventus aveva finito col credere alla narrazione che in maniera fin troppo evidente pilotava. Un corto circuito egotico che ha portato a Ronaldo, agli aumenti di capitale in serie, a una situazione di bilancio che in un sistema calcistico con regole serie avrebbe comportato conseguenze durissime per il club.
La Juventus ha visto la morte con gli occhi. Si è trovata sul ciglio del burrone. Anzi oltre. Appesa a un ramo con i piedi penzolanti nel vuoto. In più, hanno voluto aggiungere scelte tecniche scellerate come gli ingaggi di Sarri prima e Pirlo poi.
Dopo essersela vista brutta, alla Juventus si sono ricordati della loro storia. Hanno capito che bisognava ripartire da una politica razionale e avveduta. Fatichiamo a comprendere le critiche di tanti giornali italiani alla decisione di rompere con Dybala. Leggiamo oggi da L’Equipe che Dybala è il calciatore che guadagna di più nel campionato italiano: un milione e 130mila euro lordi al mese. È arduo stabilire che li valga. Solo in questa stagione ha saltato tredici partite per infortunio. Lo scorso anno furono ventisei. E l’anno prima sì appena sei ma saltò il ritorno col Lione che decretò l’uscita dalla Champions.
La Juventus non ha fatto come il Napoli con Insigne, non ha partecipato al gioco del cerino. Si è assunta le proprie responsabilità. Dybala non ci interessa più. Arrivabene ha rilasciato una dichiarazione che finalmente ricorda un manager degno di questo nome:
sono state fatte considerazioni sulle presenze, sulla lunghezza del contratto e sul carattere economico.
Rapporto costi benefici. E il gioco francamente non vale la candela. Dybala sarà anche forte, non lo mettiamo in dubbio. Ma – al netto dell’incognita infortuni – non rientra nella categoria di giocatori che hanno un rendimento costante. Rientra nella categoria calciatori umorali. Quei partner che non sai mai come si svegliano. Non osiamo dire un Vignola – giocatore peraltro forte – però molto ma molto lontani da Platini. Dybala e Platini non possono stare nella stessa frase. Un Recoba un po’ più costante, a noi Dybala sembra questo.
Probabilmente sulla carriera dell’argentino ha pesato come un macigno quella serata in cui segnò una doppietta al Barcellona. Per giorni, settimane, venne alimentata una ridicola campagna su Dybala come Messi. Oggi, col senno di poi, l’argentino potrebbe fare causa a quei giornalisti. Gli hanno disegnato una realtà che non esisteva. Realtà cui ha creduto anche la Juventus, a giudicare dall’ingaggio che gli ha versato.
Ora la Juventus è rinsavita. Ha giustamente investito su Vlahovic che sarà la prossima cessione d’oro. Ha ripreso a ragionare da Atalanta d’Europa. Questa è la dimensione della Juventus. Quando si esce dalla propria dimensione, quando ci si sovrastima, finisce sempre male.