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Altro che pappone, il problema di De Laurentiis è che non sa vendere

Dalla squadra dei 91 punti ha ricavato appena cento milioni. I giocatori li ha persi a zero o in saldi. Di lui un procuratore dice: «Il suo problema è che nelle trattative vuole stravincere»

Altro che pappone, il problema di De Laurentiis è che non sa vendere
Il presidente del Napoli Aurelio De Laurentiis

La vittoria del Real Madrid non ha solo riacceso i fari su Ancelotti ma anche su quella frase evidentemente comica di De Laurentiis su Benzema, frase che suonava più o meno così: “non lo prendo perché è vecchio”. Come se, in caso di parole diverse, Benzema sarebbe venuto a Napoli. Il solito sfogatoio ci consente però di dimostrare che la gestione di De Laurentiis va criticata (in alcuni casi con giusta ferocia, come per l’esonero di Ancelotti) ma per motivi diametralmente opposti a quelli sostenuti dagli urlatori social. Aurelio De Laurentiis è l’esatto contrario di quel che i suoi detrattori sostengono. Da un decennio buono lo chiamano pappone perché lucrerebbe sulla passione altrui. Ovviamente se il povero Adl dovesse vivere del merchandising e dei biglietti venduti, ovvero della passione dei tifosi del Napoli, condurrebbe un’esistenza ben più modesta. Ma oltre a questo, la vera incapacità della sua gestione, una incapacità che potremmo definire cronica, è proprio quella che riguarda la capacità di vendere i propri calciatori.

Aurelio De Laurentiis non sa vendere. Questo è il suo problema. E questo lo ha condannato a rimanere due anni consecutivi fuori dalla Champions. Basta analizzare cosa ne è stato del Napoli di Sarri, della squadra dei 91 punti diventati leggendari. La formazione la conosciamo a memoria, tanto giocavano sempre gli stessi: Reina Hysaj Albiol Koulibaly Ghoulam Allan Hamsik Jorginho Callejon Mertens Insigne. Aggiungiamo Zielinski, Milik e Higuain. Ecco Gonzalo, quello sì che fu un affare, una sorta di pacco di lusso fatto ad Agnelli per 90 milioni. Con i napoletani che facevano le barricate (ma sulla competenza calcistica della piazza ci siamo dilungati a sufficienza in questi anni).

Dalla squadra dei 91 punti De Laurentiis ha ricavato un solo affare: Jorginho. Venduto benissimo al Chelsea: circa 55 milioni di euro e con parte di quei soldi venne acquistato Fabian Ruiz su suggerimento degli Ancelotti. Fabian, è importante ribadirlo, è uno dei giocatori che oggi ha più mercato. Perché Ancelotti non era certo dissociato, era venuto non perché si aspettava Modric e Benzema, ma proprio per fare questo lavoro: avere una squadra sempre competitiva con giovani forti ma non ancora esplosi definitivamente.

La grande occasione sprecata da De Laurentiis è stata proprio questa. A parametro zero ha perso Reina, Albiol, Hysaj, Callejon, Insigne, sta per perdere Mertens, e va aggiunto Ghoulam. Da Insigne e Mertens, se avesse avuto coraggio, avrebbe potuto guadagnare qualcosa (anche più di qualcosa se li avesse venduti al momento giusto). Hamsik è andato via per 15 milioni. La gestione di Milik è stata a dir poco autolesionistica. Le questioni di principio hanno avuto il sopravvento sul business, errore che uno come Commisso non avrebbe mai commesso. E quindi il polacco è stato venduto al Marsiglia per circa 12 milioni di euro: una miseria.

Per non parlare dei due casi più eclatanti: Allan e Koulibaly. Nella sessione di gennaio del primo anno di Ancelotti, arrivò un’offerta faraonica del Psg per il centrocampista brasiliano. I qatarini erano rimasti impressionati dal doppio confronto in cui il Napoli li aveva messi sotto con due pareggi molto sudati per loro. Una cifra dai 60 ai 70 milioni più un contratto di sponsorizzazione di Qatar Airways per il club. Ancelotti da mo che aveva dato l’ok. A quella cifra non vendere è quasi un attentato all’intelligenza, oltre che al buon senso. Forse qui c’entra quel che di De Laurentiis dice un procuratore importante: “Il suo problema è che vuole stravincere, sempre. Così, però, finisci spesso con nulla in mano”. E infatti, a furia di tirare, la corda si spezzò. E Allan venne venduto diciotto mesi più tardi a un terzo della somma che sarebbe stata incassata.

Lo stesso discorso vale per Koulibaly. Il no a un’offerta monstre tra gli 80 e i 90 milioni, nella speranza di poter ottenere di più. A Napoli si chiama angiarusia. È finita che è scoppiata la pandemia e Kalidou è rimasto a libro paga invece che su una voce di bilancio alla voce uscita. Alla voce entrata, invece, i nomi non sono affatto pochi, andiamo a memoria: Verdi, Politano, Manolas, Lozano, Osimhen e tutti quelli degli ultimi diciotto mesi. L’elenco sarebbe discretamente lungo.

Ricapitolando, di quel Napoli dei 91 punti, De Laurentiis ha venduto bene solo Jorginho. A prezzo di saldi Milik e Allan, quel che ha potuto da Hamsik. E basta. In totale circa cento milioni, qualcosina in più. È questa la grande occasione sprecata da De Laurentiis. Un presidente con altro senso per gli affari in uscita, e con un allenatore come Ancelotti che non sarebbe stato certo lì a piangere per le partenze dei calciatori, avrebbe potuto costruito la squadra di un nuovo ciclo. Si può sempre fare, ma bisogna imparare a vendere al momento giusto. Come fu per Higuain. Benedetta quella clausola rescissoria.

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