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Spalletti: «Un allenatore dev’essere credibile. Vorrei che il Napoli avesse l’istinto del predatore»

A CasaCorriere: «È cresciuta la mentalità della squadra. Osimhen? Van Basten era più tecnico, ma Osimhen più giovane e può arrivare a quei livelli lì»

Spalletti: «Un allenatore dev’essere credibile. Vorrei che il Napoli avesse l’istinto del predatore»
Napoli 22/08/2021 - campionato di calcio serie A / Napoli-Venezia / foto Insidefoto/Image Sport nella foto: Luciano Spalletti

L’allenatore del Napoli, Luciano Spalletti, è intervenuto come ospite a CasaCorriere iniziativa del Corriere del Mezzogiorno, a Palazzo Reale, a Napoli.

“La vittoria di ieri è stata importante perché noi ci eravamo complicati un po’ la corsa alla qualificazione. Ora abbiamo rimesso a posto le cose. Trovavamo un avversario che dopo un momento di difficoltà in campionato aveva fatto risultati in Europa League e che ha cambiato allenatore prendendo un allenatore interessante. Ora ci sono queste tempistiche così ristrette per preparare le partite. I calciatori devono dimostrare di essere dei professionisti impeccabili. Noi abbiamo la fortuna, ma anche per bravura della società, di aver reclutato dei calciatori di tutta qualità, pieni di professionalità, puntualità. Ieri non siamo entrati bene in campo, l’abbiamo un po’ sporcata la partita. Avevamo qualità superiore, dunque dovevamo avere una idea precisa su cosa fare, non bisognava perdere di vista il nostro equilibrio. Invece poi abbiamo concesse un paio di possibilità e gli altri sono stati bravi a sfruttarli. A fine partita ho fatto i complimenti perché poi abbiamo messo a posto le cose. Con i cambi, mettendo in campo gli altri titolari. Con la nuova regola delle 5 sostituzioni le partite spesso vengono determinate da chi entra dopo. È una regola importante perché con le 5 sostituzioni si possono cambiare il 50% della squadra e si può ribaltare il risultato, come avvenuto ieri. Non è facile far capire che chi entra dopo non è una riserva, ma i titolari dei 30 minuti, dei 60 minuti, come dico sempre”.

E’ stato difficile far capire questo concetto ai suoi calciatori?

“Un allenatore deve essere giusto, deve evidenziare il percorso da fare, essere credibile. Bisogna infondere delle cose che si devono conoscere. Sappiamo bene quale strada indicare, dove portare la squadra. I ragazzi hanno fatto vedere che sono interessati e partecipano a questo discorso. Ho imparato tante cose perché qui ci sono calciatori del livello di Koulibaly, Insigne, Fabian, che sanno da soli come si fa. Io quando dico cose intelligenti sono cose che dicono loro. Non riesco a gioire più di tanto quando finisce la partita. Io dentro la partita guardo tutto, come ricerca, come impegno, sono proprio fatto così. Il pensiero va subito all’altra partita perché arriva sempre a distanza ravvicinata. I calciatori vanno esaltati perché il gruppo ne esce rafforzato. È cresciuta la mentalità della squadra. A me piacerebbe se i miei calciatori riuscissero ad avere l’istinto del predatore, che quando vede la preda la porta a casa. Se riuscissero ad essere un po’ predatori così, che quando vedono la partita vogliono vincerla sempre, sarebbe importante“.

A chi paragona Osimhen?

“Van Basten era più tecnico, ma Osimhen più giovane e può arrivare a quei livelli lì”.

A Roma i tifosi presenti allo stadio l’hanno insultata:

“Ho la coscienza a posto. Si può fare quello che si vuole pagando il biglietto. Io non porterei mai mio figlio a insultare un adulto o farmi sentire mentre insulto un adulto allo stadio. È da questi comportamenti che si produce la legittimità a discriminare gli altri. È chiaro che poi diventano radici più profonde, diventa più difficile. Bisogna andare nelle scuole per prepararli prima, i genitori in quel caso non sono cosi adatti a insegnare la strada ai propri figli. Ci si rimane un po’ male. È una cosa deprimente portare i figli a vedere o fare queste cose“.

Spalletti ha ripercorso le tappe della sua carriera tra Roma, Milano e Napoli, paragonando le tre esperienze.

“Inizialmente ho detto di aver completato il tour dell’anima perché dopo Roma e Milano ora sono a Napoli. Napoli e Roma un po’ si somigliano, ma io la pressione me la produco da solo perché ne ho bisogno per rendere al massimo. Me lo inietto da solo quel veleno che poi mi permette di averne di più quando me lo iniettano gli altri, così non vado in difficoltà. Roma e Napoli ti bruciano pure se non sei pronto all’amore e alla passione della città. Milano è un po’ più moderata, ma ti sorveglia inesorabilmente sulla professionalità e la qualità. Più indirettamente il peso dell’importanza del club, dell’amore dei tifosi lo percepisci ugualmente. Questa è una città gioiosa, te lo dicono subito. Io non faccio una vita mondana, resto sempre a Castel Volturno, preparo le cose per il giorno dopo. A cena fuori ogni tanto vado perché a Napoli si mangia bene. In tangenziale la mattina si trova questo traffico, con i motorini che arrivano da ogni parte, non sai dove ti arriva la sberla. Ma si percepisce quest’ingrediente del voler essere intensi in ogni cosa che si fa, del voler aiutare in ogni cosa, nel volere stare vicini alla squadra”

Le piace la mozzarella?

“Molto, pensi che mi danno dei limiti quando la mangio perché non mi fermo”.

Come sta la squadra in vista del Verona?

“Adesso tutti si aspettano quel livello lì, alto, ma ce lo aspettiamo anche noi da noi stessi. Dovremo fare una prestazione corretta, dobbiamo esigerla perché si fa una linea di demarcazione e non si torna indietro. Nella felicità di questi risultati abbiamo scoperto tante belle cose e vogliamo darvi seguito, continuità. Quando si va ad attaccare bisogna concludere l’azione, è la stessa cosa. Noi siamo una squadra che ora si conosce abbastanza bene, ma può ancora crescere. Sono fiducioso di poter fare ancora meglio”.

Le mancherà il suo comandante, Koulibaly?

Sua maestà mancherebbe a tutti. Ma abbiamo una rosa che ci permette di stare tranquilli perché ci sono calciatori capaci di affrontare ogni situazione, come accaduto ieri”.

Il Napoli darà tutto per vincere lo scudetto?

“Abbiamo una maglia importante che va riempita con cose importanti. Evidenziare quella qualità lì deve esserci sempre, non possiamo vestirci una volta in un modo e un’altra in un altro. La possibilità di star bene con noi stessi e vincere le partite ce la daremo sempre. Vogliamo andare a vincere più partite possibili, poi se ci sono squadre più forti di noi lo vedremo strada facendo. Vincere le partite dipenderà da molte cose, ma noi ci prepareremo bene”.

Sull’importanza dello sport:

“Lo sport ha sempre prodotto valori importanti con i suoi miti, i suoi successi e i suoi campioni, ha aiutato molti giovani che potevano essere emarginati a tirarsi fuori da condizioni complicate, per cui dobbiamo dargli forza. Però ora il rischio forse peggiore è di doverli tirare via da una vita non autentica, destinata ai social e ai cellulari. Bisogna rimettere i giovani su quel pullmino sul quale salivo io da ragazzo, quando uscivo da scuola per raggiungere il campo da allenamento. Quel pullmino che ti fa attraversare il campo dell’adolescenza, strade che soprattutto nelle grandi città hanno marciapiedi affollati di bancarelle e di persone che ti distraggono dalle cose importanti. Mentre se si riesce a rimanere ben saldi su quel pullmino, blindati fino alla fermata dell’età adulta, quello può essere un passaggio fondamentale per mantenere inalterata la passione per lo sport”.

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