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Schwazer si confessa: “Ero un tossico. Ragionavo da tossico. O meglio, sragionavo”

Il marciatore racconta se stesso e la sua vita nell’autobiografia “Dopo il traguardo”: “Quando ho toccato il fondo, mi sono chiesto come mi fossi cacciato in quella situazione”

Schwazer si confessa: “Ero un tossico. Ragionavo da tossico. O meglio, sragionavo”
archivio Image / Sport / Alex Schwazer / foto Imago/Image

È in questi giorni in libreria “Dopo il traguardo”, l’autobiografia di Alex Schwazer edita da Feltrinelli. Nelle pagine del libro, riporta la Gazzetta dello Sport, il marciatore si confessa:

“Ero un tossico, andavo in Turchia per doparmi. Innsbruck-Vienna, Vienna-Antalya. A Carolina Kostner e ai miei genitori ho detto che sarei andato a Roma, alla Fidal. Ho tenuto il cellulare acceso anche di notte, per evitare che partisse il messaggio della compagnia telefonica turca. Ragionavo già da tossico. O meglio, sragionavo. Ed ero pronto a mentire, perché doparsi vuol dire anche mentire”.

Nove mesi dopo l’archiviazione del procedimento penale per doping, nato dall’accusa alla vigilia dei Giochi di Rio 2016, e 6 mesi dopo il no del Tas di Losanna che gli ha precluso Tokyo 2020, Schwazer si racconta in maniera cruda e senza auto assolversi, perché ora sa di aver sbagliato

“Quando ho toccato il fondo, mi sono chiesto come mi fossi cacciato in quella situazione. Quel giorno ha segnato la rinascita dell’uomo che avevo dentro e che da tanto tempo non trovava spazio per uscire. Quel giorno ho capito di essere in un labirinto immenso e apparentemente senza via d’uscita, nel quale brancolavo da anni. Un labirinto nel quale avevo perso tutto. La persona che ero, la mia fidanzata, la credibilità, la dignità. Solo ora ne sono uscito. Sono sopravvissuto a un’imboscata, una macchinazione subdola e crudele che in altri momenti mi avrebbe annientato. Ancora oggi, a distanza di cinque anni, non so come ho fatto a mantenere l’equilibrio. Questa è la storia che voglio raccontare”

 

 

 

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