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La diretta non esiste più, arriverà sempre una notifica a spoilerare

Il mondo è cambiato, al di la’ del disastro Dazn. Abbiamo perduto il diritto alla sorpresa. A meno di non chiudersi in una caverna per evitare lo spoiler

La diretta non esiste più, arriverà sempre una notifica a spoilerare

Non è tanto il cortocircuito del tifoso che esulta per il rigore segnato da Insigne mentre un altro sta ancora sacramentando per il rigore sbagliato da Insigne. Né il gol di Elmas annunciato da una notifica dello smartwatch 9 minuti prima della sua trasmissione in tv, come una premonizione spuntata da un futuro non troppo lontano. Queste sono deviazioni patologiche, dovute al salto di tecnologia dal satellite di Sky allo streaming zoppicante di Dazn. E’ che la “diretta” non esiste più. Non è più possibile illudersi di seguire un evento sportivo (ma non solo) nella sua immediata riproduzione, senza farsi spoilerare – il mostro dei nostri tempi, lo spoiler – ciò che in un’altra dimensione è già stato visto, registrato, persino dibattuto. Notificato e inoltrato, soprattutto, presi come siamo dalla febbre della condivisione compulsiva. Ci sarà sempre uno con una radiolina accesa, con una connessione più performante, con un’antenna meglio posizionata, che ci negherà il diritto alla sorpresa, il fanciullesco miraggio dello stupore. Popi Bonnici – intervistato da Repubblica sulla bufera Dazn – la chiama “diretta relativa”: segmentata, differita, supposta forse, ma non più pura.

Dazn arriva – in ritardo, e vabbé – a sottolineare un fastidio che già avvertivamo. L’allergia al rumore di fondo della informazione coatta. Ma era già così, da prima, da un bel po’. Whatsapp, chat, community, app varie ed eventuali, il vicino di casa urlatore, l’unica via di scampo è barricarsi in una caverna, costruirsi una gabbia di Faraday, disconnettere tutto lo sconnettibile, evitare di rivolgere la parola anche ai familiari. Isolarsi come degli eremiti a tempo determinato, intervalli compresi. A meno di non accettare come ineluttabile lo straniamento spazio-temporale, inseguendo la bellezza dello sport in una Delorean volante, col futuro anticipato, orologi sfalsati, e un benedetto flusso canalizzatore a gestire il nostro palinsesto. Il mondo è cambiato prima che Dazn ce lo sbattesse in faccia.

La proliferazione delle piattaforme ha moltiplicato come pani e pesci le fonti d’intrattenimento ma anche la possibilità di farselo rovinare. Dice Bonnici che “le nuove generazioni andranno oltre: non vogliono più i momenti morti, non hanno tempo da perdere”. Si fanno superare dagli avvenimenti per recuperarne solo il meglio, a posteriori. In una perdurante rincorsa agli highlights, traducibile generalizzando grossolanamente in un approccio alla vita altrettanto deformato.

Per cui, mentre il Paese s’arrovella sulle rotelle che impallano Inter-Genoa (e non sulla la Dad mefitica che sconta la stessa arretratezza infrastrutturale, ad esempio) resta inteso il bisogno della stessa società di segnare una linea comune di partenza. L’idea – ormai forse un’utopia – di garantirsi un accesso alle emozioni dello sport che sia uguale per tutti, senza difetti possibilmente. Cercando di ridurre al minimo questa inedita ansia da prestazione tecnologica, alla ricerca della serenità televisiva: pago per poter guardare una partita, pago di più per gustarmela ultra-definita, e quanto pagherei per la chimera di non sapere già come andrà a finire. Come capitava ai nostri nonni, gratis.

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