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Dopo dieci anni, il Napoli gioca al meglio coppe e campionato

L’effetto nostalgia non fa comprendere quanto è forte il Napoli di De Laurentiis. Questo Psg e questo Liverpool sono più forti di “quel” Real Madrid

Dopo dieci anni, il Napoli gioca al meglio coppe e campionato

“Tre fronti non sono sostenibili”

“Tre competizioni non sono sostenibili”. “Non c’è nulla da fare, la Champions toglie energie al campionato e viceversa”.

Quante volte abbiamo sentito queste frasi, fino a convincercene?

Nel frattempo guardavamo con ammirazione ed invidia le altre squadre europee capaci di sostenere tutte le competizioni della stagione fino in fondo. Pensando che la differenza fosse tutta nella irraggiungibile qualità dei giocatori e nell’ampiezza della rosa dei top club.

E non si trattava solo del Napoli. Tutte le squadre italiane soffrivano di questo complesso. Scegliere la competizione a cui dedicare la gran parte delle energie è stata una prassi per tanti allenatori. Anche il miglior Antonio Conte decise nel 2014 di dedicare gli sforzi maggiori al campionato (vinto alla fine dalla sua Juventus con distacchi abissali), buttando via una finale di Europa League da giocare in casa. Finale che avrebbe probabilmente portato in casa bianconera un trofeo europeo mancante dal 1996.

I precedenti: da Mazzarri a Sarri, passando per Benitez

Figuriamoci il Napoli. Negli ultimi anni abbiamo vissuto con estremo fastidio il doppio scenario. Ci eravamo convinti che le energie andassero riservate ad una sola competizione alla volta, a discapito delle altre.

Il Napoli di Mazzarri perse tantissimi punti nella sua migliore stagione di Champions (2011-12), arrivando sì agli ottavi, ma finendo quinto in campionato con appena 61 punti.

Altrettanto fece il Napoli di Benitez, finendo a 24 punti dalla Juve dei record e perdendo 11 punti nelle gare di campionato giocate a cavallo delle partite dello sfortunatissimo girone di Champions del 2013-14.

Le cose andarono ancora peggio nella stagione 2014-15, quella della semifinale di Europa League. I punti persi in concomitanza delle partite europee furono ben 28, contrassegnando un campionato quasi alla deriva e finito a soli 63 punti. In quella stagione i punti lasciati per strada pesarono tantissimo nella mancata qualificazione alla Champions League, certificata dalla sciagurata sconfitta nello scontro diretto casalingo contro la Lazio. Infatti la Roma finì seconda (e qualificata direttamente ai gironi di Champions) con appena 7 punti in più degli azzurri.

Sarri, nel solco della tradizione di molti allenatori italiani, operò nel suo triennio una scelta quasi scientifica della competizione a cui dare importanza volta per volta. Perdendo punti (13) in campionato quando la Champions costituiva la priorità (2016-17), e abbandonando in maniera prematura Europa League e Coppa Italia quando il campionato richiedeva il massimo sforzo. Strategia culminata nell’abbandono deliberato dell’Europa League a febbraio 2018, per meglio concentrarsi sul campionato che pareva essere a portata di mano.

Una questione di mentalità

Oggi scopriamo invece che è possibile non scegliere. O meglio, che è possibile scegliere di giocare al meglio tutte le partite. E non è solo una questione di rosa ampia, o di carenza di top players. È probabilmente solo un problema di mentalità.

Il turnover finora sembra ben riuscire perché, come ha già spiegato più volte Ancelotti, i calciatori sono validi. E sono tutti sulla corda e pronti a giocare. E non avrebbe senso limitarsi ad utilizzarne appieno solo una parte. Anche se lo stesso Ancelotti mette comunque in campo i calciatori che lui ritiene in quel momento più affidabili.

A Napoli ci stiamo accorgendo forse solo ora del valore enorme di molti giocatori azzurri, abituati come siamo a sottovalutare quanto abbiamo in casa da anni, arrivando a dubitare, fino a insultarli, di alcuni calciatori al loro arrivo in squadra. O peggio ancora, a denigrare alcuni calciatori dopo una prestazione negativa.

Questo Napoli si candida a essere il migliore di sempre

La logica del bicchiere mezzo vuoto non sempre ci fa godere quanto di buono sta facendo questo Napoli da ormai otto stagioni.

Il confronto tra epoche diverse è sempre complicatissimo, ma le prestazioni europee di questo ultimo Napoli sembrano essere in assoluto le migliori di sempre.

Eppure c’è ancora chi ricorda la serata del 30 settembre 1987 contro il Real Madrid come la migliore prestazione in Coppa dei Campioni nella storia del Napoli. Basterebbe mettere da parte la nostalgia per capire che quel Real (eliminato poi in semifinale e in uno dei suoi momenti più bassi in Coppa dei Campioni) era forse potenzialmente meno forte di Liverpool e PSG attuali.

Squadre dell’attuale gotha europeo, ricche di calciatori con altissime valutazioni di mercato, ma che in tre partite non sono riuscite a battere il Napoli.

Potenza della nostalgia che ci fa ricordare il passato come l’età dell’oro e non ci fa rendere conto che forse l’età dell’oro ce l’abbiamo sotto gli occhi.

Quando questo Napoli conquisterà il primo trofeo importante (prima o poi succederà), il passato resterà un ricordo, dolce, ma pur sempre lontano.

Il Napoli di Vinicio, il Napoli di Krol, persino il Napoli di Maradona resteranno comunque nella storia.

Ma il Napoli di questo decennio si sta seriamente candidando ad essere il migliore di sempre.

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