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La Champions non è un nemico di classe, è l’élite del calcio

Una risposta a quelli che “De Laurentiis preferisce la Champions perché lì si fanno i soldi”. Ci sono i soldi perché giocano i migliori.

La Champions non è un nemico di classe, è l’élite del calcio

Il nemico ideologico

A Napoli esiste una sorta di dark web meno nascosto, una setta con numerose sedi sociali, per cui la Champions League sembra quasi una sorta di nemico da combattere. Un nemico ovviamente ideologico, che si oppone alla nobiltà del campionato e dell’agognato sogno-scudetto. Ce ne siamo accorti in maniera concreta e compiuta un anno fa, quando per Napoli-Feyenoord e (soprattutto) Napoli-Shakhtar Donetsk c’erano pochissimi spettatori al San Paolo. Anzi, le 10mila presenze del match contro gli ucraini rappresentano il record negativo della stagione 2017/2018, meno anche di Napoli-RB Lipsia.

Uno dei punti programmatici di questo sentimento anti-Champions riguarda l’idea della manifestazione come unica aspirazione (economica) della proprietà De Laurentiis. Tradotto in termini pratici: “a De Laurentiis interessa solo la Champions perché lì si fanno i soldi”. È una visione ammantata di realtà, perché i premi messi in palio dall’Uefa sono estremamente sostanziosi rispetto a quelli derivanti dagli impegni domestici, soprattutto in proporzione al numero di partite da giocare. Allo stesso modo, però, è una questione di prestigio, di presenza, di diffusione internazionale del marchio-Napoli. Parliamo appena appena della più importante manifestazione calcistica mondiale per club, il vero Mondiale per club.

Che, come tutto, ha anche un aspetto economico (vivaddio). Senza Champions (intesa come istituzione sportiva ed economica) il Napoli non può crescere. Dal miglioramento dei risultati europei, passa la crescita del fatturato che poi è la crescita della squadra. Ma il punto principale non è neanche questo: non è possibile pensare che un Napoli-Chievo sia o possa essere più importante di Napoli-Stella Rossa. Figurarsi di Napoli-Liverpool. È una posizione di retroguardia che, nel 2018, non ha senso.

Meglio la stagione del Napoli o della Roma?

Anche per questo, ci sentiamo più vicini alla (non) scelta di Ancelotti rispetto all’importanza da dare ai due tornei. Anzi, se proprio ci dovessero mettere alle strette, non avremmo dubbi sul fatto che sì, la Champions è più importante del campionato – anche se proprio noi abbiamo scritto un commento duro sull’impressione che il Napoli 2018/2019 possa aver dato, anche inconsciamente, priorità al cammino europeo.

L’anno scorso Sarri operò in maniera diversa, secondo lui decise di andare incontro ai «desideri del pubblico». Una strategia rispettabile e da rispettare. Solo che però ha finito per essere contro-temporale, anti-economica per la sua stessa società, purtroppo (o per fortuna) le esigenze dei tifosi e quelle di chi fa business col calcio non sempre combaciano. Ognuno può giudicare come vuole l’esito della scorsa stagione, ma resta il semplice dato che la vittoria effimera della Roma contro il Barcellona e quella altrettanto effimera del Napoli contro la Juventus abbiano portato molti più soldi (e prestigio internazionale) ai giallorossi. È un fatto, si legge nei bilanci e nel ranking Uefa. Del resto, ogni scelta ha i suoi pro e i suoi contro, a priori e a cose fatte. È opinabile che il secondo posto del Napoli valga più della semifinale Champions della Roma: a Napoli la pensano così, noi del Napolista decisamente no.

La nostra bolla autoreferenziale

Il Napoli ha il compito/dovere di dare il massimo in tutte le competizioni, in tutte le partite. È la condanna delle grandi squadre. Pensare alla Champions come a un qualcosa di superfluo rispetto al campionato, come una pratica del piacere di tipo puramente economico perché non si può vincere è la rappresentazione plastica di una mentalità indietro di vent’anni (per dirla con le parole di Mario Sconcerti). Mentalità che si esprime compiutamente solo nel trofeo alzato e non nel percorso di crescita, nella coppa in bacheca o non nel fatto che un cammino europeo ricco di soddisfazioni possa portare di più, alla squadra. In termini economici e di esperienza.

Che poi c’è una sottile contraddizione di fondo, dando per buono il filo del ragionamento della maggioranza dei tifosi: se neanche il campionato si può vincere – per complottismi vari, o per “colpa” della Juventus -, perché dare priorità a quello piuttosto che a un trofeo in cui la competizione sembra più leale? Non possiamo continuare a vivere nella nostra bolla autoreferenziale. La Champions non è una macchina da soldi, è l’appuntamento esclusivo cui tutti desiderano essere invitati. È la manifestazione che stabilisce la gerarchia calcistica. Ed è per questo che è la più ricca. Perché giocano i migliori. Finché non lo capiremo, saremo sempre vent’anni indietro.

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