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Sarri, tre anni bellissimi: i meriti di un grande innovatore

Finisce il rapporto tra Sarri e il Napoli, dopo tre campionati in crescita costante. Un lavoro tecnico moderno e di grande impatto ha permesso al club di raggiungere traguardi importanti.

Sarri, tre anni bellissimi: i meriti di un grande innovatore
Sarri / Foto Matteo Ciambelli

Il campo

L’arrivo di Ancelotti al Napoli certifica la fine del triennio di Maurizio Sarri. Un momento di grande significato, perché sancisce il termine di un progetto assolutamente nuovo per la Serie A, soprattutto per contenuti tattici. I tantissimi meriti del tecnico toscano fanno riferimento soprattutto all’innovazione importata nel calcio italiano. Che mai, dai tempi di Sacchi ad oggi, aveva dovuto far fronte a una interpretazione del gioco così lontana dai valori di riferimento del movimento.

Alcuni hanno descritto il sistema tattico del Napoli con l’etichetta suggestiva del “Tiqui-Taca vertical“, ma è una definizione banalizzante. Perché il vero modello di riferimento di Sarri è quello del gioco di posizione, ovvero un insieme di principi basati sullo spostamento codificato degli uomini in base a quello del pallone. Un concetto avanzato, sviluppatosi in oasi come la Spagna e la Germania, e che non era ancora stato sperimentato in Italia, soprattutto a certe latitudini di classifica. Benitez, per esempio, aveva iniziato un cammino di conversione ma l’aveva impostato secondo un’ideologia di gestione e controllo dei ritmi. Sarri, invece, ha imposto toni più alti, velocità più elevate, una maggiore aggressività. Quindi, necessariamente, un impatto spettacolare diverso.

Gli esiti sono stati fantastici, grazie all’osmosi continua tra il talento dei calciatori e la loro perfetta aderenza al sistema. Si pensi alla maturazione di Jorginho, Insigne, Allan; all’esplosione di Mertens; alla crescita di Koulibaly in chiave difensiva, perché il gioco di posizione non si limita solo ai “triangoli di costruzione” o al “possesso palla”, ma è anche un codice di contenimento, di pressing sul portatore, di compressione degli spazi in fase passiva. Che Kalidou, per dire, ha saputo decriptare in maniera perfetta, fino a diventare uno dei migliori calciatori del mondo.

Valorizzazione

L’altro grande merito di Sarri è la crescita del patrimonio tecnico del Napoli, proprio grazie a questo valore di campo. L’esaltazione delle doti dei singoli grazie al sistema ha portato a un aumento del valore, ma anche della percezione rispetto a certi calciatori. Come abbiamo detto prima, si è trattata di un’osmosi continua, perfetta. Che ha permesso ad una squadra da zona Champions, o comunque con un valore potenziale tra gli 80 e gli 85 punti, di andare quasi sempre in overperforming. Fino ad arrivare ai 91 punti, al meccanismo quasi perfetto di questa stagione, in cui due partite a nervi scoperti hanno fatto la differenza con la Juventus. Una Juventus da 95 punti, battuta a casa sua dopo una partita da zero occasioni concesse.

Certo, in ogni modello tattico-gestionale esiste un dark side, anche perché in caso contrario tutti giocherebbero allo stesso modo: il calcio di Sarri presuppone un certo livello di apprendimento degli schemi, è esclusivo e non inclusivo rispetto a calciatori con caratteristiche diverse; presuppone un lavoro su un gruppo ristretto di titolari e quindi penalizza il turn over scientifico, una rotazione ampia. Uno dei terreni di scontro con De Laurentiis, che ha finito anche per avviluppare su sé stesso il mercato del Napoli, altro tema caro al presidente.

Conclusioni

Insomma, il Napoli ha ricevuto molto da Maurizio Sarri, professionista e allenatore. È stato un perfetto continuatore del percorso iniziato da Benitez, ha saputo perfezionare il telaio lasciato dal tecnico spagnolo, lavorando sui dettagli e sulla mentalità del gioco. In un campionato più equilibrato, con valori (tecnici e ambientali) meno ampi tra la prima in classifica e le altre, avrebbe probabilmente conquistato lo scudetto. E lo avrebbe meritato pienamente, come premio ad un lavoro splendido, come coronamento di un percorso di calcio e di vita che ha appassionato tutti.

Non ce l’ha fatta, Sarri, e ora saluta. De Laurentiis ha deciso di congedarlo con parole dolci, di ringraziamento e riconoscenza. In poche parole, il presidente ha detto tutto quello che c’era da dire. Sarri è stato un innovatore tattico, un gran lavoratore di campo. Il suo Napoli resterà nella storia, per numeri e impatto spettacolare. Per una crescita innegabile, che ha portato a un passo dallo scudetto. Ora inizia una nuova era.

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