È l’evidenza di una incomunicabilità tra club e tecnico. In quattro non giocano. Zielinski è il sostituto in tre ruoli. Mario Rui gioca solo per l’infortunio di Ghoulam
Una scelta
Lo sapete come la pensiamo. Non crediamo al fatto che il calciomercato del Napoli sia condotto senza l’intervento di Maurizio Sarri. È uno scenario talmente inverosimile che non può essere contemplato, secondo nessun punto di vista. Non è un caso che, con Sarri e per Sarri, il Napoli abbia confermato praticamente tutti i suoi effettivi. E non è un caso, per esempio, che si sia scelto Mario Rui come sostituto di Strinic, nello slot di vice-Ghoulam. Era e resta un’operazione dettata da una necessità (il croato voleva andar via perché giocava poco, lo ha ripetuto in mille interviste) e gestita secondo l’idea dell’aderenza al sistema di gioco. Un esempio di crossover tra potenzialità economiche del club (possibilità di investire per i cartellini e di non sovraccaricare il monte ingaggi), esigenze del tecnico e dimensione assoluta dei soggetti coinvolti.
La rosa del Napoli è quindi una scelta, un insieme di scelte che hanno portato a determinati comportamenti tecnico/economici. La conferma dei migliori calciatori dietro rinnovo, quindi la scelta di spendere i soldi nel mercato interno; la costruzione di una rete di alternative uomo su uomo parametrata sulle possibilità economiche; una squadra giovane, orientata al talento, che possa fungere da serbatoio tecnico per oggi e da salvadanaio economico per domani. Ricordiamo, per fare un esempio, che la Roma ha fatto mercato grazie alle cessioni di Salah, Rudiger, Paredes. Il Napoli ha scelto di non cedere nessuno: idea per noi non lungimirante.
Del resto, praticamente tutti i club del mondo operano in questo modo: acquisti e cessioni commisurati alle proprie possibilità. Il Real Madrid è più forte della Juventus perché Zidane ha Kovacic laddove Allegri ha Bentancur, il Barcellona è più forte dell’Inter perché Valverde ha Paco Alcacer dove Spalletti ha Eder, il Manchester City è migliore della Roma perché Guardiola ha Gundogan dove Di Francesco ha Gonalons. Insomma, questo è un concetto che potrebbe/dovrebbe essere chiaro, tanto è semplice e banale. Va altresì ricordato che il Real Madrid, sabato scorso, nel 5-0 al Siviglia ha schierato terzino Hakimi che è un prodotto del vivaio e ha 19 anni, e difensore centrale Vallejo di 20 anni mandato a farsi le ossa a Francoforte.
Cortocircuito
Il Napoli, per volontà CONDIVISA (ci sta un maiuscoletto boldato) da tutti, ha quindi scelto di impostare un organico con 22 calciatori. Alcune “alternative” sono al livello dei titolari, o quasi (Allan/Zielinski/Rog, Jorginho/Diawara, Mertens/Milik); altre, invece, pagano un gap elevato: è il discorso di Sarri con Messi/Denis Suarez, al Napoli avviene soprattutto per Insigne/Ounas/Giaccherini. Si tratta dei due giocatori evidentemente bocciati dal tecnico. Poi ci sarebbe Ghoulam/Mario Rui, ma il portoghese come abbiamo scritto è stato voluto dal tecnico. E poi c’è il caso Maksimovic costato tanti soldi e di fatto considerato il quarto difensore centrale della rosa. Eppure la gestione della rosa impone qualche domanda, come abbiamo scritto qui.
Partendo da questo punto, ci sono delle cose che proprio non riusciamo a spiegarci, allora. C’è il discorso di Sarri sul «vincere le partite», sul «calciatore che vale 100 e quello che vale 80»; e poi c’è il metodo-Allegri (o Di Francesco), che sfrutta l’intero spettro di calciatori a disposizione col rischio di esporsi a partite negative. L’idea, in prospettiva, è quella di preservare i migliori calciatori per quanto possibile, in modo da arrivare “freschi” a fine anno.
Ripetiamo: Sarri ha una visione sua, ed è dal suo punto di vista comprensibile. Eppure, è proprio qui avviene il cortocircuito: le assenze hanno tolto al tecnico del Napoli la possibilità di ruotare lì dove era possibile. Milik è l’assenza più pesante, in questo senso, ma non va dimenticato che in sei giornate di Serie A il polacco aveva totalizzato novanta minuti giocati con una sola presenza da titolare. E il resto della truppa? Perché acquistare o fare acquistare certi calciatori se poi non si ha il “coraggio” di schierarli?
Pochi calciatori
Il senso del nostro discorso è semplice. A voler essere generosi, possiamo considerare Diawara e Zielinski inseriti a pieno titolo nelle rotazioni. In realtà, non è così. Diawara sta giocando molto poco in campionato: con 382 minuti, è il 15esimo calciatore più utilizzato da Sarri in campionato. Per dare un’idea, ha giocato meno di Bentancur (408 minuti in campionato). Jorginho in campionato ha giocato 1133 minuti. Zielinski è comunque il dodicesimo uomo più utilizzato della rosa, per distacco. Per Zielinski vale un altro ragionamento. Quante caselle occupa da dodicesimo? Chi è il sostituto di Allan? Zielinski. Chi è il sostituto di Hamsik? Zielinski. Chi è il sostituto di Insigne? Zielinski.
Chiriches è il difensore centrale numero tre della rosa, e ogni tanto viene utilizzato. Non altrettanto si può dire di Rog, Maksimovic, Ounas, Giaccherini. Di fatto, tutti bocciati. Mario Rui non lo è più, solo perché si è infortunato Ghoulam.
La critica mossa al club è che la rosa sia corta, ma non trova fondamento. Anche l’accezione di “corta in qualità” non trova definizione nel reale, perché queste sono le alternative possibili da un punto di vista economico. Il problema è che sono state fatte delle scelte evidentemente non comprese, nonostante fossero condivise. Semplicemente: se il Napoli ha la necessità economica di acquistare giovani calciatori come alternative ai titolari, deve assicurarsi che il suo tecnico sia in grado di valorizzarle. Rog, appunto: in partite come quella contro il Benevento, contro il Cagliari, il Sassuolo, il Feyenoord, avrebbe potuto giocare? Da titolare, intendiamo.
È lo stesso discorso per Maksimovic. Per Ounas, a nostro avviso, il discorso può essere diverso: è ancora effettivamente acerbo, e quindi non rientra compiutamente in questo discorso. Ma, ci chiediamo, con Vrsaljko per Mario Rui, ieri, il Napoli avrebbe vinto la partita? Ovviamente è una domanda retorica, perché no, non è così. Non può esserlo, soprattutto nell’ottica di un sistema strutturato come quello di Sarri.
Attribuzioni
Il sistema di turn over di Sarri non è calibrato sulla rosa del Napoli. È un dato di fatto e le incongruenze vanno sottolineate. Incongruenze reali, che esistono, e non trovano verifica nella realtà delle critiche rivolte durante questa guerra fredda continua con i sarriti che si appigliano a una rosa corta che non esiste. Il nocciolo del discorso è tutto lì, tra gestione dei calciatori in rosa e valutazione qualitativa di questi stessi calciatori. Il Napoli si è spinto fin dove gli è stato possibile, Sarri ha un suo modo di vedere le cose di campo. Si tratta di entità separate che sembrano non comunicare, e che portano a generare equivoci interni. Equivoci che si percepiscono all’esterno, con tutto il loro impatto. E per noi che la società e l’allenatore siano entità separate è grave.
Il punto è proprio questo. E torniamo all’inizio. Non ci spieghiamo come questa scelta possa stata essere condivisa, se ci sono tante ritrosie da una parte e possibilità ben definite dall’altra. Il punto è tutto qui, e si esprime nella gestione di alcuni calciatori che non vengono valorizzati, nello scenario economico di un club che non ha la possibilità economica di versare gli stessi stipendi a “titolari” e “riserve”. Il campo ne sta iniziando a risentire, il discorso e la critica diventano centrali, per spiegare questo calo. Mentale o fisico che sia.