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Come gioca il Torino: la forza dell’attacco e delle ripartenze, ma anche molti cali d’attenzione

Stile di gioco e meccanismi dei granata di Mihajlovic: la capacità di ribaltare l’azione è la dote migliore, grazie a ottimi attaccanti e a centrocampisti di qualità.

Come gioca il Torino: la forza dell’attacco e delle ripartenze, ma anche molti cali d’attenzione

Torino, pregi e difetti

Giornata che può dire molto sul campionato, la diciassettesima. Perché in calendario non c’è solo Juventus-Roma: di fatto, tutte le prime otto si affrontano tra di loro. Ne deriveranno, con tutta probabilità, indicazioni di classifica e non parecchio interessanti. Tra questi scontri d’alta quota, rientra a pieno titolo anche Napoli-Torino. Una gara che può dire se davvero il Napoli ha recuperato costanza di rendimento e può tentare con rinnovata fiducia l’assalto alle primissime posizioni, o, d’altro canto, se il Torino, che sta studiando da grande, è sulla strada giusta.

Parlando dei granata, per adesso, quanto emerge ci porta a dire che alla squadra di Mihajlovic manca ancora qualcosa. Ed il derby di domenica scorsa ha rappresentato un’adeguata cartina di tornasole in tal senso. Nel complesso, la prestazione offerta, al cospetto della prima della classe, è stata certamente positiva. Ma è un Toro che, per ogni pregio, ha più o meno altrettante carenze. Andiamo a vedere gli uni e le altre.

L’attacco

Non è un segreto che il Torino faccia dell’attacco la propria forza. Del resto, 32 gol (terza miglior performance del torneo insieme agli azzurri e dietro solo a Juventus e Roma) non si segnano certo per caso. Merito di un centravanti, Belotti, già a quota 11 reti e destinato a una carriera di altissimo profilo. Ma anche della grande qualità degli esterni Iago Falque (7) e Ljajic (5) e della capacità di inserimento di centrocampisti abili nella doppia fase come Benassi e Baselli (4 a testa). Le armi offensive del Toro, però, si fermano qui. A parte un’altra rete realizzata dal venezuelano Martinez. Per un totale di soltanto sei giocatori mandati a bersaglio in campionato. Notevole potenza di fuoco, ma estremamente polarizzata. Il che vuol dire che individuandone le fonti, e capendo come fermarle, di fatto si annulla la pericolosità degli uomini di Mihajlovic.

Ripartire

Come già ampiamente mostrato nelle esperienze con Sampdoria e Milan, il serbo, pur dando una manovra offensiva ben congegnata alle sue squadre, non ama che le stesse tengano particolarmente a lungo il pallone. Il possesso medio dei granata, infatti, in campionato si attesta su un modesto 49,8% (solo undicesimo dato del torneo). Alternando in maniera piuttosto equa pressing alto e abbassamento della linea difensiva, l’idea è di ribaltare in maniera il più possibile immediata il fronte. La prima opzione è cercare direttamente Belotti, che al di là dei gol fa un lavoro di raccordo e di sponda con il resto della squadra encomiabile: contro la Juve, se pure parliamo di un dato non macroscopico di 21 passaggi effettuati, il fatto che ne abbia sbagliato uno solo è notevolissimo.

Altre opzioni sono il lancio verso gli esterni offensivi o lo scarico sui terzini per risalire velocemente il campo. La cosa, nel complesso, riesce anche abbastanza bene, visto che il Torino, per tiri effettuati (15,4 a gara), è la quinta miglior squadra in serie A.

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Campetto posizionale medio del Torino nel derby della Mole. Linea difensiva, in particolare i terzini, piuttosto alta, ma, dall’altro lato, profondità data dagli attaccanti poco marcata.

Le fasce

Il coinvolgimento degli esterni risulta piuttosto marcato: 54 palloni toccati da Iago Falque, 63 da Ljajic. Ovvio, data la loro proprietà tecnica nell’uno contro uno che ne fa clienti scomodissimi e che va assolutamente limitata. In particolare il serbo (a proposito, dopo Belotti è quello che calcia più in porta: 2,8 volte a partita) è protagonista di una situazione tattica esplicata dal campetto sopra esposto, e che dovrebbe esserci piuttosto familiare:

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Il numero 10 del Toro in diversi momenti taglia dentro il campo per prendersi il pallone e agevolare la manovra. In questo caso c’è già la traccia per lo scarico su Zappacosta, già salito nella posizione opportuna.

Meno protagoniste e votate a un lavoro più oscuro, in apparenza, le mezzali. Sorprendono, in particolare, le appena 36 palle toccate da Baselli. Un dato che potrebbe sembrare quello di un calciatore, specie parlando di un centrocampista, fuori dal gioco. Ma in realtà il ruolo che gli ha assegnato Mihajlovic è proprio quello. Un giocatore “ombra”, che magari resta sotto le foglie ma esce al momento opportuno. Non è un caso che le principali ripartenze granata siano state originate grazie al suo lavoro di anticipo a centrocampo (3 palle intercettate). Il gol granata nasce inoltre da una sua sovrapposizione interna, che sfocia poi nel terzo assist di stagione. Belotti, naturalmente, fa il resto.

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Il giro palla juventino dal basso è troppo disinvolto e Chiellini cerca una linea di passaggio davvero troppo scontata in verticale. Baselli legge con grande anticipo e compie forse il miglior break della sua partita. Da qui si origina un tre contro due sfruttato poi malamente.

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Baselli corre parallelamente a Zappacosta e avanza per riceverne il passaggio. Agevolato dal fatto che Chiellini resta troppo piatto sulla discesa del terzino, Sturaro è lento nel raddoppio e Marchisio quasi non si cura dell’inserimento del suo omologo granata. Rugani è lontano ma non può andare a stringere dovendo guardare a vista Ljajic che arrivava da dietro. Su Belotti, si troverà Lichtsteiner. Un classico mismatch: il finale lo conoscete.

Attenzione e distanze

Sono piuttosto sorprendenti, tuttavia, per una squadra che fa dell’essere corta e dell’essere attenta alle linee di passaggio (un lavoro tra l’altro svolto egregiamente contro la Juve, limitata al 78% di passaggi riusciti quando di solito supera l’85%) per poi distendersi sul campo, i notevoli cali di attenzione (l’errore di posizionamento di tutta la linea difensiva sul 2-1 di Higuain è da matita blu) e le distanze non ottimali tra i reparti. Uno dei vulnus principali riguarda la posizione dei laterali di difesa. Il loro contributo in fase di spinta è piuttosto accentuato, sia da parte di Barreca, che, soprattutto, da parte di Zappacosta.

Il 42% degli attacchi complessivi granata vengono infatti portati sulla destra e il terzino ex Atalanta nel derby è stato addirittura il giocatore che ha toccato più palloni (83). Il meccanismo predisposto in fase di scompenso è quello della scalata in ripiegamento della mezzala di riferimento, ma anche quello dell’uscita del centrale difensivo più vicino. Da questo punto di vista, non impeccabile, tutt’altro, Castan, che specie in avvio di gara con la Juventus è andato fuori tempo in più di un’occasione e solo l’imprecisione bianconera sottoporta non ha tradotto quegli errori in gol. Ma anche quando ci sono stati raddoppi tempestivi, sono stati tutt’altro che efficaci:

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Sulla discesa di Alex Sandro va a raddoppiare addirittura Iago Falque, ma Zappacosta resta troppo lontano dall’uomo e non legge assolutamente il taglio alle sue spalle di Sturaro. Lo legge Rossettini, ma è decisamente in ritardo per la scalata. Manca totalmente, invece, la copertura preventiva di una delle due mezzali.

Il lavoro di filtro del centrocampo, inoltre, non sempre è svolto in maniera ottimale. E sì che il contributo dinamico in fase passiva di Valdifiori, ciò che gli si rimproverava al Napoli, non sta mancando affatto, anzi. 2,6 tackles (quarto di squadra) e 1,3 palle intercettate a partita, meglio anche di Baselli e Benassi in questo fondamentale. E’ più un problema di distanze, come dicevamo. Come il Napoli, il Toro soffre decisamente i cambi di campo, facendo molta fatica ad assorbirli. Ci sono inoltre momenti in cui la seconda linea granata tarda decisamente troppo a collassare sulla retroguardia, permettendo a chi attacca di trovare spazi interessantissimi tra le linee.

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Assolutamente inspiegabile come qui nessuno del terzetto dei centrocampisti del Torino faccia anche solo un accenno ad accorciare verso la difesa. Higuain si trova nello spazio intermedio totalmente libero. E’ vero che Rossettini troverebbe l’anticipo ed è poi sfortunato nel rimpallo, ma manca, anche qui, una copertura preventiva di qualsiasi genere.

Non è casuale, non può esserlo, che i granata siano una delle squadre che subisce più tiri verso la porta. Verso i pali difesi da Hart arrivano mediamente 14,6 conclusioni: peggio hanno fatto solo Palermo, Crotone, Empoli e Cagliari. Anche perché, e questo è un altro punto su cui il Napoli potrà fare forza, quando i granata recuperano palla in posizione molto vicina alla propria area palesano non poche difficoltà nella costruzione dal basso, soffrendo se attaccati immediatamente. Il contro recupero palla immediato, insomma, non è utopia.

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La Juventus porta un ottimo esempio di pressing offensivo armonico, nemmeno troppo esasperato. Qui l’errore è di Baselli. Allargandosi voleva liberare spazio per lo scarico di Castan, che però aveva già perso tempo di suo facendosi attaccare da Khedira. In questo modo, Baselli ha attirato in zona palla anche Marchisio. Non c’è praticamente più possibilità di giocare il pallone, che infatti di lì a poco finisce in fallo laterale.

Conclusioni

Il Torino è un’ottima squadra dalla cintola in su ma con alcuni difetti di crescita che possono essere adeguatamente sfruttati. Oltre a una linea difensiva che concede molto, come abbiamo visto (e i 22 gol subiti lo testimoniano). Giocando come di consueto, arrivare alla conclusione e al gol non dovrebbe rappresentare un grosso problema. Ma servirà attenzione su entrambi i lati del campo. I tre centrocampisti di Mihajlovic, per qualità, possono giocarsela a viso aperto contro quelli di Sarri. E guai a lasciare troppo campo dietro di loro. La stessa Juventus ha restato di restarci secca sulle ripartenze mortifere del trio d’attacco granata, prima che Mihajlovic, tentando di vincerla a tutti i costi, venisse ricambiato con la stessa moneta.

 

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