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Diritti tv della serie A: più che la mancata concorrenza, i nodi sono il conflitto d’interesse di Infront e la Legge Melandri

Diritti tv della serie A: più che la mancata concorrenza, i nodi sono il conflitto d’interesse di Infront e la Legge Melandri

Sembrava essere ormai una vicenda chiusa quella dei diritti tv della Serie A per il triennio 2015-18 ed invece, a undici mesi di distanza dalla chiusura dell’asta, la Guardia di Finanza è piombata nelle sedi della Lega Serie A, di Sky e Mediaset per effettuare una perquisizione.

Ricordiamo brevemente la vicenda, all’asta per i diritti tv furono presentate diverse offerte da Sky, Fox, Eurosport e Mediaset. Tra le varie offerte quelle di Eurosport (gruppo Discovery) risultarono al di sotto del minimo richiesto, mentre invece le altre risultavano soddisfare i minimi fissati. I pacchetti all’asta erano quello A (8 squadre tra cui Juventus, Milan, Inter e Napoli per il satellite), B (stesse squadre di A ma per il digitale terrestre) e D (le restanti dodici squadre, tra cui la Roma, in esclusiva e con libertà di trasmetterle sia sul satellite che sul digitale terrestre).

Sky presentò le offerte più alte sia per il pack A che per il pack B, avrebbe quindi avuto in mano la stragrande maggioranza dei tifosi di Serie A trasmettendo sia sul satellite che sul digitale terrestre, ed invece a Mediaset sarebbero andate le squadre del pack D (in esclusiva) ma di minor valore commerciale. Si sarebbe dunque trovata Mediaset in grossi guai, rischiando di fare la fine di Stream Tv, Gioco Calcio o Dahlia, tutte tv che si ritrovarono sull’orlo del fallimento potendo vantare solo i diritti tv delle squadre medie e piccole.

Accettando queste offerte (Sky per A e B, Mediaset per D), la Lega Serie A avrebbe incassato oltre 1,1 miliardi di euro l’anno, ma non andò così perché Mediaset aveva vincolato (sebbene nel bando non fosse prevista la possibilità di assoggettare le offerte a clausole o vincoli) la sua offerta per D all’aggiudicazione del pack A o del B, dove però le sue offerte erano inferiori a quelle di Sky.

Trattative serrate, lettere di diffida, minacce di portare tutti in tribunale produssero infine il seguente risultato: a Sky il pack A, a Mediaset il pack B e il pack D, di seguito con un accordo di sub-licenza, Sky ha avuto anche il pack D privato però dell’esclusiva di una delle 5 top squadre (che doveva essere la Roma, secondo indiscrezioni). Quindi a Sky tutta la serie A, a Mediaset solo 8 squadre (con le maggiori incluse) e alla Lega Serie A una cifra intorno ai 950 milioni di euro l’anno (un bel po’ meno di 1,1 miliardi).

Le perquisizioni di oggi sono state predisposte in base ad un’indagine della Autorità per la Concorrenza ed i Mercati (Antitrust) che sospetta che l’esito dell’asta sia stato condizionato da accordi tra le parti (Sky, Mediaset, Infront, Lega Serie A) volti a mantenere invariato l’attuale mercato impedendo di fatto anche l’eventuale ingresso di altri operatori e rendendo inefficace il regime di concorrenza. L’inchiesta sarebbe partita dalle parole pronunciate da Lotito nell’ormai celebre telefonata registrata dal DG dell’Ischia, Iodice, durante la quale il presidente della Lazio si era vantato di aver fatto trovare un accordo a Murdoch e Berlusconi, cosa che non era mai riuscita a nessuno secondo lui. Di fatto si tratta di un’affermazione un po’ forzata, perché Murdoch e Berlusconi vantano tra alti e bassi un rapporto di stima ed amicizia ormai quasi trentennale, sono stati soci in diverse imprese commerciali e ove mai fosse stato necessario dialogare tra loro non sarebbe certamente servita la mediazione di Lotito.

Naturalmente l’Antitrust deve correttamente indagare le affermazioni di Lotito per verificare l’esistenza di prove di un accordo tra le aziende. Risulta però difficile credere che l’inchiesta porti effettivamente a qualche risultato perché le due aziende, pur operando nello stesso mercato, hanno un’offerta di prodotti molto differente e target commerciali diversi con una conseguente politica di prezzi autonoma. In altri casi precedenti di ostacolo alla concorrenza (benzina, telefonia, gas, assicurazioni, servizi, etc) invece l’allineamento dei prezzi era stato un elemento cardine dell’impianto accusatorio per far scattare le multe anche salatissime alle aziende colpevoli.

Tutta la vicenda però è un utile spunto per riflettere su alcune questioni come ad esempio il ruolo di Infront che, oltre ad essere advisor per la vendita dei diritti tv del campionato, ha anche numerosi accordi con quasi tutte le società di A (a cominciare da Milan e Lazio, ma non con il Napoli, né con la Juventus) per procacciare sponsorizzazioni. È naturale che venga qualche domanda sulla capacità di Infront di influenzare poi le decisioni dei club cui porta denaro, visto che è sempre l’Assemblea di Serie A ad avere il compito di ratificare le decisioni, quali ad esempio la vendita dei diritti tv.

Non sarà certo un male fare chiarezza su quale sia stata la procedura seguita, se tutto è stato fatto secondo le regole. Inoltre è auspicabile che la vicenda fornisca spunti utili per una riforma della Legge Melandri e per la revisione della modalità di formulazione dei bandi e di vendita dei diritti. Infatti l’Italia costituisce un’eccezione, perché solo qui i diritti tv sportivi vengono venduti per piattaforme, ovvero lo stesso diritto viene venduto per satellite o digitale terrestre come se si trattasse di mercati diversi. Invece i diritti della Champions o dell’Europa League vengono venduti in un’unica asta, il vincitore sceglie poi dove e come trasmettere gli eventi, ma è il caso anche dell’Inghilterra dove la Premier è venduta nella stessa modalità “per prodotto” con pacchetti di partite non differenziati per modalità di trasmissione. È la stessa legge italiana dunque che spinge per la sussistenza di aziende che operino solo sul satellite o solo sul digitale terrestre, congelando di fatto il mercato ad una situazione statica dove la possibilità di farsi concorrenza è più teorica che reale.

A tal proposito ci si può aspettare novità visto che l’onorevole Lorenza Bonaccorsi ha annunciato proprio oggi che presenterà una proposta di riforma della Legge Melandri (2008), strumento legislativo che pur essendo piuttosto recente dovrebbe essere aggiornato anche all’evoluzione del mercato radiotelevisivo, nel quale recita un ruolo sempre più importante la distribuzione di contenuti anche via web, attraverso internet o le reti in fibra ottica attualmente in fase di realizzazione in Italia.
Andrea Iovene

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