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Beccalossi: «Con Califano facevamo l’alba all’Autogrill, alla sua morte lasciò un biglietto per me»

Al Corsera: «Guardavo le automobili passare. Dall’Inter scappai per conoscere Villeneuve e andare al Giro d’Italia»

Beccalossi: «Con Califano facevamo l’alba all’Autogrill, alla sua morte lasciò un biglietto per me»

Evaristo Beccalossi, ex fantastista dell’Inter tra gli anni Settanta e Ottanta, intervistato dal Corriere della Sera. Calciatore cult anche grazie al comico Paolo Rossi e alla gag sui due rigori sbagliati nella stessa partita.

«Tenevo i capelli lunghi per timidezza, quasi un modo per nascondermi».

Una fragilità da artista: fu anche quello il punto di incontro con Califano?

«Quando ci siamo conosciuti mi disse che aveva le mie foto in carcere. Veniva a trovarmi a Brescia e voleva sempre tirare mattino, ma l’unico locale aperto era l’autogrill di Dalmine, quello sopraelevato: guardavamo le macchine che passavano fino all’alba».

E i momenti di festa?

«Ogni volta, anche a distanza di pochi giorni, mi presentava una fidanzata diversa e mi diceva “Becca questa è quella giusta”. Ho saputo della sua morte da Edoardo Vianello: il Califfo aveva lasciato un biglietto in cui diceva di avvertirmi».

Ricorda ancora il primo incontro con Altobelli?

Beccalossi: «Come no? Terrificante. Era vestito da figlio dei fiori. Ma poi è stato troppo bello: vivevamo in simbiosi, mai provato uno schema, eppure ci studiavano per capire i nostri scambi».

È vero che Bersellini la tenne in ritiro, da solo?

«Io, lui e il preparatore. Uscivo in cerca di cibo, oliavo la porta della cucina, perché non cigolasse. Ma una sera mi ritrovo una torcia e una pistola puntate addosso: era il custode, ma che spavento».

Le multe fioccavano?

«Sì, ma almeno per un paio ne valeva la pena. Ho detto che avevo un dolorino e sono andato a Monza per conoscere il mio idolo Villeneuve, sono entrato nella sua Ferrari, ho pranzato con lui. I motori erano la mia passione, ho anche incontrato Enzo Ferrari: accanto a questo omone con gli occhiali scuri e un alone di carisma c’ero io, coi capelli alla Cocciante/branduardi. Mi vengono ancora i brividi».

E l’altra multa?

«Ero al Giro d’italia nell’ammiraglia che seguiva il mio amico Visentini: pioveva e dovevo controllare i numeri dei corridori, che li nascondevano».

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