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Milani, il marito di Paola Cortellesi: «L’applauso nelle sale significa che il film riaccende il senso civico»

La Verità lo intervista per il documentario su Gaber ma si parla di “C’è ancora domani”: «Ho visto il film finito, non sapevo nemmeno la storia»

Milani, il marito di Paola Cortellesi: «L’applauso nelle sale significa che il film riaccende il senso civico»
Mc Roma 18/10/2023 - Festa del Cinema di Roma / foto Mario Cartelli/Image nella foto: Paola Cortellesi-Riccardo Milani

Riccardo Milani, regista, sceneggiatore, nonché  marito di Paola Cortellesi. È intervistato da La Verità per il documentario su Gaber, al cinema il 6,7 e 8 novembre. Impossibile non chiedergli dello straordinario successo di Cortellesi con il suo esordio da regista con “C’è ancora domani” giunto a 4,4 milioni di euro di incassi (dato destinato sensibilmente a crescere).

Da lunedì il suo documentario contenderà gli spettatori a “C’è ancora domani”, il film di Paola Cortellesi in vetta al botteghino .

«Ma nooo».

Certo, non ci può essere gara … Vi aspettavate questo successo o vi ha sorpreso?

«Paola è molto stupita e io sono molto felice per lei. Per il cinema italiano è qualcosa di importante. Il valore di un film è anche l’impatto che ha sul pubblico in un preciso momento. Il fatto che alla fine della proiezione il pubblico applauda in modo spontaneo significa che il film riaccende una scintilla di senso civico, rimasta sopita in molti di noi».

Paola ha recitato in alcuni suoi film: che esperienza è dirigere la propria moglie?

«Non so cosa dire, mi piace molto come attrice perché sa essere tante cose e arrivare al cuore e alla mente delle persone».

Aveva intravisto il suo talento di regista?

«Sì, avevo intuito che è in grado di dirigere un film. E che ha la cifra per parlare a un pubblico trasversale, di bambini e adulti».

Possiamo dire che difficilmente non vi portate il lavoro a casa?

«Invece possiamo dire che molto facilmente non ce lo portiamo. Non frequentiamo feste, terrazze e salotti. Andiamo alle anteprime solo degli amici e a teatro paghiamo il biglietto».

Le avrà chiesto consigli per la regia.

«Zero, non ho voluto sapere nulla. Quando abbiamo fatto film insieme, ha visto sul set come lavoravo, stop. Così avrà fatto anche con gli altri registi con cui ha lavorato».

Non le ha chiesto «faccio così o colà»?

«Non sapevo nemmeno la storia, salvo che era in costume. Ho visto il film finito».

Stento a crederlo. Il suo successo di questo film dà ragione a Pierfrancesco Favino quando dice che dobbiamo credere di più nelle storie italiane interpretate da italiani?

«Ho sempre pensato che dall’estero arrivano grandi film, ma anche film brutti e sopravvalutati. La scelta degli attori dipende dai produttori e dai registi. Pierfrancesco ha fatto bene a porre un problema d’identità, invitando ad avere maggiore attenzione per la nostra creatività».

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