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Il Girona e i conflitti d’interesse: il fratello di Guardiola è presidente del cda e il City ha il 48% del club

Pere Guardiola (il fratello) alla Gazzetta: «nessun problema se andiamo in Champions, ci sarà solo qualche aggiustamento da fare»

Il Girona e i conflitti d’interesse: il fratello di Guardiola è presidente del cda e il City ha il 48% del club
Manchester City Spanish head coach Josep Guardiola (L) sits next to his son Marcus Guardiola (C), as he listens to his brother Pere Guardiola (R), before addressed students during the conference ìDialoghi sul talento con Pep Guardiolaî (Talent Dialogues with Pep Guardiola) in the ìPalazzetto dello Sportî in Cuneo, Northwestern Italy on October 9, 2023. (Photo by Marco BERTORELLO / AFP)

Pere Guardiola, fratello di Pep, oggi presidente del consiglio d’amministrazione del Girona, capolista della Liga. Ha parlato alla Gazzetta.

«L’idea era quella di prendere un club e gestirlo secondo la nostra filosofia. Al Girona c’era Quique Carcel, che era ed è ancora il d.s. del club, grande amico. È stato lui a segnalarmi le potenzialità del club e a indicarmi che la società viveva un momento difficile, tra problemi legali e stipendi non pagati. Abbiamo iniziato ad acquistare delle azioni e nel 2017 siamo entrati in maniera definitiva».

«Il Girona è stato il primo e a lungo anche l’unico dei club controllati dal gruppo a restare in multiproprietà. Oggi il CFG ha il 48%, Marcelo Claure il 35%, io il 16%».

Il CFG ha 13 squadre?

«Tutto è partito col NY City, per il marchio e per una questione d’immagine oltre che di calcio, poi Melbourne e Yokohama, quindi Montevideo per controllare il mercato sudamericano, e poi l’espansione in Europa, anche in Italia con il Palermo».

Come sono organizzati il club?

«Ogni club è organizzato e lavora in maniera individuale, non si può applicare il modello di una franchigia a una squadra di calcio. Però c’è una sinergia che porta alla condivisione di dati e informazioni sui giocatori. I direttori generali e i direttori sportivi devono avere il dna del club e sentirne il feeling. Non si producono gemelli in provetta, e da 2.000 chilometri di distanza non si può dire chi deve giocare o cosa si deve fare. La quotidianità deriva solo dal lavoro in situ, però sì che c’è un senso di squadra: i direttori sportivi si trovano a Manchester 3-4 volte l’anno, i direttori generali hanno una call settimanale per condividere la strategia di ogni club, e la cosa funziona molto bene. Poi ognuno deve gestire i suoi problemi, che sono molto diversi: a Palermo hanno 30.000 tifosi ogni settimana e una pressione gigante che fa bene e male. Qui a Girona è un’altra storia. Se si parla anche di stile calcistico? Diciamo che c’è un’idea di base comune che riguarda anche il modello di gioco, si prova a seguire la casa madre perché è un esempio brillante, il City ha appena vinto il Triplete… Però ripeto, nessun diktat. Ogni squadra ha le sue esigenze, la sua storia e un allenatore diverso»

Che obiettivi ha il Girona?

«Il primo era salvarsi e ci mancano 10 punti. A occhio dovremmo farli. Poi punteremo superare i punti fatti l’anno scorso. Terzo obiettivo l’Europa, e così via, fino al massimo. Diciamo che ci mettiamo degli obiettivi nuovi man mano che ne conquistiamo uno. Senza pensarci, e continuando a goderci il momento».

Si parla di Leicester?

«E va bene, basta non montarsi la testa e mantenere alta la concentrazione. Martedì abbiamo condiviso un video del discorso fatto da Michel nello spogliatoio il lunedì. Il Mister ha detto due cose: che stiamo dove stiamo per meriti nostri, per lavoro e non per fortuna, e che bisogna pensare all’allenamento quotidiano, e a nient’altro. È così. Però ripeto, bisogna anche godersi il momento, perché non sappiamo quanto durerà».

Se arrivate in Champions ci saranno problemi con la comproprietà del City?

«Non credo, le regole della Uefa sono chiare, bisogna fare qualche aggiustamento ma non ci sarà nessun problema»

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