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Edberg e quella battuta che quarant’anni fa provocò la morte di un giudice di linea durante l’UsOpen  

Su Il Giornale. Il 10 settembre 1983, il giudice Wertheim perse l’equilibrio dopo essere stato colpito dalla pallina: cadde, batté la testa e morì  

Edberg e quella battuta che quarant’anni fa provocò la morte di un giudice di linea durante l’UsOpen  
NEW YORK, NY - SEPTEMBER 08: Swedish former world #1 professional tennis player Stefan Edberg waves to the crowd on Day Twelve of the 2017 US Open at the USTA Billie Jean King National Tennis Center on September 8, 2017 in the Flushing neighborhood of the Queens borough of New York City. Elsa/Getty Images/AFP

Su Il Giornale il racconto di una morte assurda su un campo da tennis. Una morte accaduta 40 anni fa, il 10 settembre 1983, agli UsOpen juniores. Stefan Edberg, 17 anni, è in finale contro l’australiano Youl. Sta per festeggiare il suo piccolo Grande Slam. Sta dominando il match. Ma mentre si accinge a giocare l’ennesimo servizio, ecco il dramma: la pallina colpisce il giudice di linea che perde l’equilibrio, cade dal suo sgabello, batte la testa e muore. Il racconto è firmato da Marco Lombardo.

“Quella palla non era neppure così mortale, ma ci sono momenti della vita in cui essere al posto sbagliato causa una serie di coincidenze incredibili. Tali che Richard Wertheim, per gli amici Dick, resta l’unico uomo della storia ad essere stato ucciso da una pallina da tennis”.

Così decretò il processo seguito alla sua morte: una vittima della sorte.

Era sabato. In quell’edizione dello Slam americano, spiega il quotidiano,

“gli organizzatori si erano impegnati per sistemare più elegantemente i linesman a tiro di Tv: la soluzione decisa fu un seggiolino messo sopra un cubo usato come supporto, sicuramente molto trendy ma particolarmente scomodo”.

Edberg, insomma, servì uno dei suoi servizi, “effetto verso l’alto, potenza media, rimbalzo difficile da respingere”, che si diresse purtroppo contro Wertheim, colpendolo all’inguine. Qui intervenne il caso.

“Niente di grave, se non fosse che questo scatenò le coincidenze: Dick si sporse indietro per tentare di evitarla, cadde dal seggiolino, picchiò la testa, perse conoscenza. Subito soccorso, venne portato in ospedale, mentre Edberg e Youl assistevano attoniti alla scena”.

Ad Edberg dissero che era tutto a posto e la partita riprese. Poi, però, in conferenza stampa, un giornalista gli chiese cosa fosse successo e lui capì che gli avevano mentito. Soltanto cinque giorni dopo arrivò la terribile notizia.

“Richard Wertheim non aveva mai più ripreso conoscenza fino alla morte”.

Edberg era talmente disperato che pensò di ritirarsi dal tennis. Gli ci volle molto tempo per recuperare. Intanto, la moglie di Wertheim ingaggiò un legale newyorkese di grido e accusò gli organizzatori del torneo di essere responsabili della morte del marito, poiché avevano costretto i giudici di linea ad assumere una posizione scomoda per questioni estetiche.

“Chiese oltre 2 milioni di dollari di risarcimento, in primo grado gliene concessero 156mila, in appello le tolsero tutto. Un giudice di Manhattan sentenziò che stare lì a bordo campo comporta un rischio professionale e che uno insomma sa a cosa va incontro. E poi quell’uomo era già stato colpito da un infarto e da un ictus, la morte era anche conseguenza di quello. La Corte Suprema chiuse il caso: «L’impatto della palla da tennis non è stata la causa prossima della sua morte, ma l’innesco di una serie di sfortunate casualità».

L’anno dopo furono eliminati seggiolini e cubi. Edberg vinse il suo primo UsOpen nel 1991, contro Courier.

Soltanto molto tempo dopo riuscì a parlare di quanto era accaduto a Wertheim.

«Ora mi è passata, ma fu durissima: fui costretto il giorno dopo ad andare sul Campo Centrale per rispondere alle domande sull’episodio. Ero giovane, ci volle tempo per accettare che era stato solo un incidente a cancellarlo dalla testa».

Il Giornale scrive:

“Così come cancellato fu anche il nome di Richard Wertheim: se lo cercate su Wikipedia trovate un freddo ‘giudice di linea’, l’unico ad essere morto di tennis, antenato di quelli che adesso tra l’altro stanno facendo la stessa fine, sostituiti da un computer. E se fate la stessa cosa sugli annali della federazione Usa, scoprirete che di quella pallina non c’è traccia. È morta con lui”.

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