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È facile giudicare Gabri Veiga con gli occhi del mondo di Kroos

Bayern e Real erano il calcio. Oggi non è più così, nessuno sa cos’accadrà. Sono stati proprio i capitalisti del pallone a capirlo provando la fuga della Superlega

È facile giudicare Gabri Veiga con gli occhi del mondo di Kroos
Brazilian forward Neymar arrives to Riyadh on August 18, 2023 after signing for Al-Hilal on a two-year contract. (Photo by AFP)

«Embarassing» ha commentato Toni Kroos sui social a proposito della scelta (pressoché definitiva) di Gabri Veiga di andare a giocare in Arabia Saudita e quindi di lasciare l’Europa che fosse il Celta o il Napoli. Toni Kroos è un grandissimo calciatore, ha 33 anni, e nella sua carriera fatta eccezione per una stagione col Leverkusn ha giocato in due soli club: Bayern e Real Madrid. A 21 anni, nel 2011, si trasferì al Bayern. Allora la prospettiva era diversa. Allora il grande calcio era indiscutibilmente l’Europa e, dettaglio non trascurabile, nei grandi club si intascavano gli stipendi più alti. Tra carriera professionale e busta paga c’era una corrispondenza. Si procedeva nella stessa direzione. Questo era ed è il mondo di Toni Kroos.

Nel 2023, appena dodici anni dopo, lo scenario è completamente diverso. E fa ancora più impressione constatare che lo stravolgimento è avvenuto in pochi mesi. Cominciato in sordina con quel trasferimento di Cristiano Ronaldo che oggi sembra preistoria e che invece è avvenuto appena otto mesi fa. Sembrava un’altra epoca e il passaggio di CR7 venne giudicato come la classica mossa della vecchia gloria che va a raccattare le ultime vagonate di milioni di dollari. Certamente era ed è anche questo – come avvenne per Pelè e Beckenbauer con i Cosmos ad esempio – ma abbiamo poi scoperto che c’è tanto tanto altro. E comunque fin qui sono a Ronaldo, Benzema, Neymar, forse Salah. Non malissimo.

Tralasciamo in questa sede l’aspetto geopolitico che Houellebecq ha perfettamente tratteggiato in “Sottomissione” (aspetto fondamentale che ebbe il primo segnale evidente con la premiazione di Messi col bisht ai Mondiali in Qatar).

L’estate 2023 è un terremoto di dimensioni devastanti. Che sta cambiando l’orografia del pianeta calcio. È la deriva dei continenti però non diluita lungo migliaia di anni ma avvenuta quasi dalla sera alla mattina. Terremoto che – è un passaggio importante – parte da una crisi. Una crisi di lunga durata del sistema calcio. Che è sempre più iniquo. Perché è sempre più profondo il solco tra il primo cerchio, i fuoriclasse, e il resto della truppa. E sta portando sull’orlo della bancarotta sempre più club. Perché nel calcio si registra un’anomalia assoluta: è uno dei pochissimi ambiti, se non il solo, in cui, almeno a certi livelli, la forza lavoro ha vinto sul capitale. Non a caso i primi gridi di dolore sono arrivate dal capitale. Sono stati i club a lanciare l’allarme. A capire che il sistema stava saltando. La Superlega è stata una risposta, probabilmente sbagliata certamente nei modi e nei tempi, a un problema reale, al livello dell’acqua che sta inesorabilmente salendo e che rischia di travolgere tutto e tutti. Non dimentichiamo che ormai un calciatore – Mbappé – da più di un anno porta a spasso come cagnolini club come Psg e Real Madrid, signori come Al Khelaifi e Florentino Perez. Comandano Mbappé e la mamma. Loro possono solo obbedire.

In Arabia Saudita, a cifre folli, fuori mercato e dalla prospettiva oscura, è tornato a comandare il capitale. Ma in un modo incontrollabile. L’Europa, la vecchia Europa, non ha strumenti per difendersi. Non era mai accaduto un simile esodo. E non riguarda solo gli anziani. Gabriel Veiga colpisce perché ha 21 anni ma Ruben Neves, ad esempio, ne ha 26. Lo stesso Milinkovic Savic ne ha 28. Ce ne sono anche altri. E altri ce ne saranno. E il mercato non ha ancora chiuso. È impossibile adesso capire che cosa accadrà. Potrebbe risolversi tutto in una bolla. Così come invece potrebbe essere l’alba di un nuovo mondo. Il calcio potrebbe diventare un’altra cosa. Il calcio europeo, i campionati, persino la Champions, potrebbero trasformarsi nel giro di pochi anni in quelle immagini di repertorio con i filini che fanno capolino sulle immagini. “Ti ricordi quella musichetta? Come’è che faceva?”

È questa la prospettiva che oggi ha davanti Gabriel Veiga. Molto diversa dal calcio in cui è cresciuto Toni Kroos. Nel mondo di Gabri Veiga il Bayern Monaco – pur avendo speso cento milioni per Harry Kane, acquisto più costoso della storia del club – ha ingaggiato come direttore sportivo Christoph Freund per diciassette anni anima del Red Bull Salisburgo, l’uomo che ha scoperto Sadio Mané, Szoboszlai, Upamecano e con loro ha tenuto in piedi il bilancio del club austriaco. Un segnale: basta spese folli, i talenti dobbiamo scoprirli noi. E poi rivenderli. Un cambio radicale di strategia. Per dare un tocco di Napoli a quest’articolo, il mondo del calcio europeo ha cominciato a seguire le orme di Aurelio De Laurentiis che con gli acquisti di Kvara e Kim – e gli addii dei presunti leader Koulibaly, Insigne e Mertens – ha vinto lo scudetto, ha dato spettacolo, ha favorito la crescita del brand e ha dato pure una bella risistemata al bilancio.

Dalla finestra di Gabriel Veiga non c’è la chiarezza che vedeva Kroos a 21 anni. Veiga non sa quale sarà il futuro del calcio. Oggi non lo sa nessuno. Sa solo che il Napoli, l’Europa, gli aveva offerto un contratto e che i sauditi gliene hanno offerto uno sei volte più ricco. E che lì stanno andando a giocare fior di calciatori e non tutti a fine carriera. Kroos giudica con le lenti e con la cartina geografica del suo universo. Ma la cartina reale oggi è un’altra. E Gabriel Veiga – e il suo entourage che oggi vuol dire la sua famiglia – hanno scelto quel che oggi appare più sicuro per il suo futuro. Il calcio europeo rischia di diventare in bianco e nero e i primi ad accorgersene sono stati proprio i capitalisti del calcio europeo. Altrimenti non avrebbero provato a creare la Superlega. Il resto, ci perdoni Kroos, sono uscite di comodo, di chi la sua carriera e il suo conto se l’è già costruito. In un mondo che tra qualche anno potrebbe anche non esserci più.

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