A Repubblica: «Da piccola per sentirmi una della mia età dovevo svegliarmi a notte fonda e mangiare di nascosto della cioccolata. Ma c’è di peggio nella vita, no?».
Repubblica intervista Nikka Costa, il 7 giugno esce il nuovo album Dirty disco, zeppo di sonorità anni Settanta e Ottanta: «Della mia infanzia ho solo ricordi bellissimi».
Già è molto: i bambini prodigio spesso da adulti la odiano.
«Ma io non ero una bambina prodigio: ero la figlia di un papà bravissimo come Don Costa, che sarebbe morto due anni dopo, nel 1983. Giravo il mondo con lui per fare una delle cose che ho sempre più amato, cantare, vedevo posti incredibili e saltavo pure la scuola. Certo, i ritmi erano frenetici, eravamo sempre in viaggio, ma i bambini si adattano a tutto. Ecco, magari per sentirmi una della mia età dovevo svegliarmi a notte fonda e mangiare di nascosto della cioccolata. Ma c’è di peggio nella vita, no?».
Tanti in Italia la ricordano ancora quando nel 1981, a 9 anni non ancora compiuti, salì sul palco di Sanremo per cantare “On my own”, subito prima in hit parade.Che ricordi ne ha?
«Vuole la verità?».
Sempre.
«Nessuno. I ritmi erano così frenetici che il palco di Sanremo mi è sembrato uguale a quello del giorno prima e a quello del giorno dopo».
E dell’altro suo Sanremo ricorda qualcosa? Nel 1990 venne a cantare la versione in inglese di “Vattene amore”.
«Oh certo. Bellissima canzone, in inglese si intitolava All for the love. In Italia è ancora ricordata?».
Non sa quanto.
«Sono proprio contenta, mi ero commossa a cantarla e a sentire il lavoro vocale di Mietta».
E Amedeo Minghi?
«Chi?».
Ma come! L’autore della canzone oltre che interprete con Mietta. Un biondo con la coda ricordo? Ma è sicuro?».
Glielo giuriamo sul Manuale delle Giovani Marmotte.
«Zero, Proprio zero. Mi dispiace».