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Verdone: «Il successo mi ha creato problemi, all’inizio. Ho avuto penosi attacchi di panico»

A Sette: «Dopo Bianco, rosso e Verdone non mi chiamava più nessuno. Pensavano che dopo tutti quei personaggi non potevo fare nient’altro».

Verdone: «Il successo mi ha creato problemi, all’inizio. Ho avuto penosi attacchi di panico»
Mc Roma 14/09/2022 - presentazione palinsesti Canale Tv ‘Paramount Plus’ / foto Mario Cartelli/Image nella foto: Carlo Verdone

Su Sette, settimanale del Corriere della Sera, una lunga intervista a Carlo Verdone. A settembre, su Paramount+, andrà in onda la seconda stagione del suo “Vita da Carlo“, prodotta da Luigi e Aurelio De Laurentiis. Verdone parla della sua notorietà, del profondo amore che il pubblico gli riserva.

«Ne sono riconoscente. Diventa una condanna solo quando vado in qualche bella città, programmo di visitarla ma poi mi accorgo che non è possibile: ti fermano a ogni passo. E così torno in albergo, potrei fare un libro sulle camere degli alberghi… le città che ho visitato le ho viste di notte».

Verdone racconta di quando, dopo il successo di Bianco, rosso e verdone, il suo telefono restò muto a lungo.

«Dopo Bianco, rosso e Verdone è successa una cosa strana: non mi chiamava più nessuno. Si erano messi in testa che dopo tutti quei personaggi non potevo fare nient’altro, almeno era l’idea che mi ero fatto. Ho passato due mesi sul divano, guardavo il soffitto. E pensavo: “Ma questo cinema, tutti questi premi – avevo preso un David subito, all’inizio della mia carriera (per Un sacco bello, ndr.) –…ora, improvvisamente, sono tutti spariti. Una settimana mi chiamò Mario Cecchi Gori e insieme abbiamo messo su il film che diventò Borotalco. Non più personaggi, ma un personaggio unico: vincemmo cinque David e facemmo andare le cose per il verso giusto».

Confessa che da ragazzo non pensava di avere tutto questo talento.

«L’unica che me l’ha sempre detto era mia madre, la mia più grande sostenitrice. Ma la cosa non mi quadrava tanto. Non bastasse pensavo fosse un lavoro molto complicato, precario. Quando ho iniziato a raccogliere i primi consensi mi sono meravigliato ma ho iniziato a intuire che dentro me c’era un potenziale».

L’impatto con il successo non è stato semplice.

«Per me è stato molto difficile dal punto di vista della stabilità: mi sono trovato improvvisamente proiettato in un mondo che mi stava portando ad essere riconosciuto da tutti e per questo sempre abbordabile: chiunque mi indicava, anche quando camminavo per strada. Questo mi spaventava, mi ha creato anche molti problemi all’inizio. Ho vissuto un anno molto difficile dal punto di vista dell’equilibrio nervoso. Ho cominciato ad avere delle debolezze, degli attacchi di panico abbastanza penosi. Sono durati poco, devo dire. E ce l’ho fatta da solo a uscirne, senza l’aiuto di farmaci ma con quello di un bravo psicanalista. Mi aveva detto: “Non c’è niente da analizzare, qui il mondo per te sta cambiando e tu hai paura. Ti devi mettere alla prova, soffrire qualche mese. Piano piano, troverai la strada”. È andata così, ma è stato faticoso all’inizio perché non era il mio obiettivo, non era preventivato. Mi era esplosa un bomba tra le mani. Solo poi mi sono reso conto che avevo delle qualità».

Verdone parla di “Vita da Carlo”.

«Per me questa serie aveva un significato solo se avessi raccontato realmente una parte di me. Per il 65,70 per cento racconto cose vere. Il problema era recitare il meno possibile: dovevo essere me stesso ed è un processo complesso. Ho dovuto camminare come cammino nella mia vita, in modo un po’ sgraziato, parlare come parlo…».

In questa nuova stagione, tra gli interpreti, c’è Sangiovanni.

«Me lo impone, nella serie, il mio produttore che vuole qualcuno che piaccia ai giovani. Ovviamente Sangiovanni sarebbe l’ultima persona al mondo che avrei potuto scegliere: cosa c’entra Sangiovanni da Vicenza con Carlo Verdone da Ponte Sisto. Quando lo vedo nella serie mi prende un colpo, vorrei mollare tutto… invece poi funziona, è pure bravo. Io dei dubbi li avevo davvero, non aveva mai recitato, è pure un po’ timido… e invece…».

Reciteranno anche Ibrahimovic e Maria De Filippi, tra gli altri. Verdone racconta:

«Entrano nella storia perché era giusto farli entrare. Con Maria ci conoscevamo, siamo amici. Mi ha colpito per quanto è stata collaborativa. Quando l’ho chiamata mi ha detto subito: “Non c’è problema, fatemi sapere le date”. Mi capita di chiedere a colleghi attori di fare qualcosa e mi cascano le braccia, sembra di prendere appuntamento con il presidente cinese… lei no ed è stata anche bravissima come attrice, non ha sbagliato niente, ci siamo pure sbrigati in fretta. Ma anche Ibra era molto tranquillo: è arrivato, ha detto le sue battute poi ha ripreso il suo aereo ed è ripartito».

Tra gli amori di Verdone c’è la musica. Anche su Instagram segue solo musicisti.

«Ma in realtà io non seguo nessuno, li seguiranno quelli che mi coordinano i social. Io preparo i miei post, che scrivo di solito in piedi, in tre minuti, glieli mando loro postano. Poi leggo i commenti, alcuni mi fanno ridere. In genere non ho tanti odiatori perché rispetto sempre tutti e non mi metto a pontificare o a scrivere banalità. Per questo pubblico poco, solo se ho qualcosa da dire».

Tra i miti che ha potuto conoscere chi cita? Verdone:

«I Led Zeppelin: per un po’ di tempo mi sono scritto anche con Jimmy Page. Mi ha sempre colpito la cultura di queste persone, il loro spessore. Non parliamo di Bowie che conobbi a casa di Versace: parlammo di Futurismo e conosceva anche alcuni artisti minori italiani».

 

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